26 gennaio 2010

"Due secoli di palloni gonfiati" di Luciano Luciani




Lumi e palloni
“ O della Senna ascoltami / novello Tifi invitto: / vinse i potenti argolici / l’aereo tuo tragitto. / Tentar del mare i vortici / forse è sì gran pensiero, / come occupar de’ fulmini /l’inviolato impero? / Deh! Perché al nostro secolo / non diè propizio il fato / d’un altro Orfeo la cetera, / se Montgolfier n’ha dato?”: brutti versi, trasudanti oratoria, ma anche una sincera ammirazione per l’intelligenza e il coraggio umani. Ne è autore Vincenzo Monti, che, allora giovane poeta emergente nella chiusa atmosfera della Roma papale di fine Settecento, cantava, con qualche blando anticonformismo, “il più leggero dell’aria”. Ovvero le ascensioni ideate da due geniali fratelli transalpini, Giuseppe e Stefano Montgolfier che, utilizzando un pallone gonfiato di aria calda, a partire dal 1783 per la prima volta nella storia dell’uomo, vincevano la maledizione della legge di gravità e iniziavano timidamente a percorrere le vie del cielo.

Se i poeti furono i primi a rendersi conto dell’inedita novità rappresentata dal “calcar le nuvole”, tanto per continuare ad usare l’entusiasta musa del Monti, i militari furono buoni secondi cogliendo quasi subito tutte le potenzialità belliche della nuova invenzione, gli aerostati.

E già nel 1794 la Francia rivoluzionaria impiegava con esiti piuttosto positivi mongolfiere da osservazione in occasione della battaglia di Fleurus (24 giugno 1794), con cui il tricolore francese tornava a sventolare sui Paesi Bassi.
Ai giovani ufficiali imbevuti di cultura illuministica della nuova Francia, i palloni aerostatici piacquero tanto che Napoleone decise di portarli in Egitto (1798 – 1799) insieme a 33 navi da guerra, 232 da trasporto, 2000 cannoni, 32300 soldati e 175 tra ingegneri e scienziati. Ma questa larga fiducia nelle scienze e nella tecnologia non portò bene al grande Còrso che vide i suoi aerostati subito individuati dagli inglesi, bersagliati e facilmente abbattuti.

Per quasi un secolo le sabbie egiziane avrebbero ricoperto l’affidabilità militare dei palloni più leggeri dell’aria…Un lungo intervallo scandito, però, da studi, ricerche, esperienze che muovevano ormai nel senso dell’aeromobile a sostentazione statica e in più dotato di propulsione: in una sola parola il dirigibile.
Si va da tentativi ingenui come quelli del lucchese Vincenzo Lunardi che nel 1784 in Inghilterra aveva provato a governare un pallone mobile servendosi di …remi, a quelli in anticipo sul suo tempo di Giovan Battista Meunier (1756 – 1793), che già nel 1786 aveva sperimentato un vero e proprio dirigibile in grado di orientarsi nell’aria grazie ad un’elica. Nel 1852 Henry Giffard, pilotando un aerostato spinto da un motore a vapore, volò per 28 chilometri alla velocità di 7 Km orari, impresa reiterata da Enrico Guglielmini… ma bisogna arrivare al 1884 per incontrare nei sobborghi di Parigi il primo dirigibile capace di partire da un punto determinato e farvi regolarmente ritorno.

Insomma, il “più leggero dell’aria” tornava al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica nel clima del nascente positivismo fervido di aspettative, di speranze, ma denso anche di veleni bellicisti e di umori imperialisti.

Palloni in uniforme
Sempre nel 1884 esordiva nel nostro Paese l’aeronautica militare: a Roma, presso un reggimento del Genio, si costituiva un “Servizio aeronautico” con un parco di due palloni, guidato dal cap. Pecori Giraldi. Nel breve volgere di pochi anni, questa nuova unità sperimentale affrontava il suo battesimo operativo partecipando nel 1887-1888 alla spedizione in Eritrea sotto il comando del gen. di San Marzano. Intanto la ricerca e la tecnologia legate al nuovo mezzo avevano conosciuto una forte accelerazione. Nel 1878 C. E. Ritchel aveva volato con un aerostato spinto da un’elica; nel 1884 Kreb e Renard avevano applicato al pallone un motore elettrico, ma il vero e proprio salto di qualità nella realizzazione del dirigibile si ebbe con gli studi e le esperienze del conte Ferdinando Zeppelin, che ideò e costruì un tipo di dirigibile a struttura rigida destinato ad affermarsi con una serie di modelli fino alla fine degli anni ’30 del nuovo secolo.

Lo Zeppelin compì il suo primo volo nel 1900 azionato da due motori a scoppio Daimler e sostenuto dai generosi finanziamenti del governo tedesco che aveva colto le grandi possibilità belliche del veicolo volante. Intanto in Italia il “Servizio aeronautico” nei 1894 si ampliava nella “Brigata specialisti” con annessi laboratori, officine e l’occhio attento ai progressi che in materia si andavano realizzando negli altri Paesi europei. I primi dirigibili ricolori furono l’”Italia” (1905) di Almerigo da Schio, il “Leonardo da Vinci” (1909), il “Città di Milano” di Forlanini, l’”Ausonia” di Piccoli… Esattamente un secolo fa, nel 1908, un dirigibile militare sperimentato e realizzato nei laboratori e nelle officine della Caserma Cavour volava da Bracciano a Napoli e vi faceva ritorno.

Nel 1911 le grandi manovre tenutesi nel Monferrato videro per la prima volta la partecipazione dei mezzi aerei: 2 dirigibili e una flottiglia di 5 aeroplani offrirono una prova sufficiente delle proprie possibilità belliche e furono prontamente impiegati nella campagna di Libia iniziata nello stesso anno. Il monopolio del cielo nordafricano solletica le diffuse ambizioni nazionalistiche: il “più leggero” e il “più pesante” dell’aria impiegati in operazioni di osservazione, avvistamento, ricognizione, assistenza alle fanterie, propaganda e qualche modestissimo bombardamento conquistano intanto le copertine colorate della “Domenica del Corriere”.

Ma la letteratura è più avanti
Anche la letteratura, che aveva così entusiasticamente celebrato le prime ascensioni in pallone, non poteva rimanere insensibile al fascino, alle possibilità e alle conquiste delle nuove macchine volanti.
Se Jules Verne nei suoi romanzi Cinque settimane in pallone (1863), Il giro del mondo in ottanta giorni (1873) e L’isola misteriosa (1874) aveva riservato all’aerostato interventi provvidenziali e quasi salvifici, testimonianza degli ingenui ardori positivisti del grande romanziere francese, in H. G. Wells il dirigibile diviene strumento non di liberazione, ma di distruzione e di morte. Si legga il suo La guerra nell’aria (1908): per l’autore d’oltremanica le sorti dei conflitti a venire si decideranno esclusivamente con il dominio dell’aria e vincerà quel Paese che sarà in grado di allestire una flotta aerea poderosa, efficiente e ben armata. E Wells, da buon inglese preoccupato per l’imperialismo germanico di quegli anni, prevede e paventa che toccherà proprio ai dirigibili tedeschi scatenare una guerra incontrollabile che incendierà tutto il pianeta. Ma dopo l’invasione degli Stati Uniti ed un disastroso e spietato bombardamento di New York, saranno le potenze asiatiche ad uscirne vincitrici, forti di migliaia e migliaia di aerostati, supportati da velocissimi e micidiali aerei monoposto. Però la guerra nell’aria si concluderà, in fondo, senza vinti né vincitori: la società umana infatti regredirà a livelli medievali e la conquista del cielo, male amministrata da una umanità inetta alla pace, si risolverà in un tragico e forse irreversibile arretramento civile e morale dell’intera umanità.
Nel primo conflitto mondiale che scoppierà di lì a pochi anni, lucidamente previsto ed anticipato dal romanziere inglese, non toccherà ancora alle macchine capaci di volare il compito di seminare terrore e morte. Gli orrori di questa guerra verranno piuttosto dall’utilizzo della mitragliatrice, del filo spinato, dei gas e dalla cecità degli alti comandi. Per vedere realizzati gli incubi wellsiani basterà attendere poco più di 20 anni…

Finisce l’età del dirigibile
Ma a quel momento il dirigibile, il “più leggero dell’aria” avrà fatto il suo tempo, sostituito dagli apparecchi più pesanti dell’aria, più governabili, più veloci, più efficienti, più sicuri.
Nonostante i servizi resi – fra il 1910 e il 1914 furono 35.000 i passeggeri delle linee aeree dei dirigibili Zeppelin e decine di migliaia, per milioni di chilometri, quelli trasportati lungo le rotte transatlantiche dal 1928 al 1936 – per questi giganti “più leggeri dell’aria” si preparava un malinconico tramonto. Sancito nel 1937 dal disastro a Lukehurst nel New Jersey quando uno Zeppelin tedesco, l’”Hindenburg” prende fuoco e precipita in pezzi causando la morte di 35 persone. Attraverso una drammatica radiocronaca, tutto il mondo segue in diretta e si commuove per la tragedia di questo dirigibile la cui fine coincide con l’esaurimento di una fase importante nella storia dell’aviazione.