Leggete poi Pasolini, in cui “Maurice” viene ripercorso con l'acume e la felicità critica, di chi lo ha compreso nelle sue pieghe più nascoste e ce ne rivela la forza e la grazia.
Ciò che colpisce sono una serie di elementi tra loro connessi, rappresentatitivi e poetici, stilistici e ideologici, che colgono la società inglese del primo novecento, con le differenze nette nelle classi, la morale violentemente repressiva e l'omosessualità come colpa punita con il carcere e un terribile senso di colpa.
E. M. Forster ci fa vivere, attraverso Maurice, il protagonista, l'adesione dapprima ai valori borghesi del tempo, i desideri omosessuali rimossi, la vergogna dei desideri; poi un mutamento netto di comportamenti (decisivo il personaggio originale del nonno), un cambiamento di prospettiva, una rivolta lenta che, acquistando via via consapevolezza, diventa netta e coraggiosissima, che lo pone contro la sua classe sociale, di cui “vede” tutte le meschinità, e contro la morale ottusa e crudele del tempo.
La chiave profonda: l'amore-desiderio verso un giovane del popolo, da cui tra incertezze, contrasti, ambiguità viene ricambiato.
Elemento notevole del romanzo: la sofferenza che Maurice deve attraversare per l'ignoranza, la solitudine, la spietatezza sociale in cui un giovane omosessuale si veniva a trovare nell'Inghilterra vittoriana.
Questo mutamento di sguardo e di prospettive di Maurice è anche mutamento stilistico, riguarda lo stesso Forster, che assume diversi punti di vista, rimanendo orchestratore, al di sopra dei personaggi, fuori dalle temperie che gli stessi vivono.
Forster lo scrisse nel 1913, ma dette scrupolose disposizioni per la sua pubblicazione postuma (sarà il 1971) e il suo commento definitivo fu questo:
“Pubblicabile..., però, ne vale la pena?”
E. M. Forster. Maurice. Traduzione dall'inglese di Marcella Bonsanti. Garzanti.
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