foto di Gianni Quilici
Quando la macchina è partita per l’ultima volta verso Livorno, dove il suo corpo sarebbe stato incenerito per essere custodito, poi, nel suo giardino di Montecarlo, ho pensato che Sergio Tori se ne andava per sempre, che se ne andava 50enne, ancora giovanissimo, perché le sue idee erano state fino all’ultimo in ebollizione...
Ho scritto all’istante:
“La bara di Sergio sulle spalle. Sergio che brucia, che non ci sarà più, solo cenere, le sue ceneri, che non si riconvertiranno in vita, nell’infinito tempo, nello spaventoso nulla…”
E poi nel silenzio di una soffitta:
“Marzo sarà senza Sergio. Senza la sua battuta fulminante. Senza la sua ironia tagliente. Senza la sua ambizione di inoltrarsi lungo sentieri ...”
Ma chi era Sergio Tori?
Non lo so, naturalmente. Posso solo dire appena come l’ho intravisto. Un “essere” inquieto. Giovanissimo aveva iniziato a viaggiare. Non da turista, ma da ragazzo, tra uomini e donne, nel Maghreb, in America Latina e in lungo e largo nell’Asia, fino ad un Afghanistan, guerriero ed arcaico, vivendo anche negli ambienti più poveri e marginali, trovandosi, a volte, in situazioni incredibili, ai miei occhi, quasi da fantascienza.
Ma insieme aveva attraversato “furiosamente” anche la storia dei nostri anni: dal ’68 agli anni di piombo, dalla crisi dei movimenti degli anni ’80 fino alle grandi manifestazioni per la pace degli anni 2000. Aveva partecipato, scrivendo e fotografando, prima all’esperienza di “Luna Nuova” e, da ultimo, al Circolo fotografico Photolife”. Alcune sue foto erano apparse su “Arcipelago” e in diverse mostre, l’ultima delle quali sul Vietman a Milano, con grande successo.
Aveva un occhio duttile, molto recettivo, che si trasformava per suggestioni, per sperimentazioni. Si definiva foto-poeta.
Del poeta aveva il sentimento bruciante delle “cose”, la trasfigurazione metaforica, la forza ritmico-musicale.
Tra alcune e-mail straordinarie che mi ha inviato, una brevissima, per dare appena il senso di chi era Sergio Tori:
“A volte le giornate scorrono via come l’acqua sui vetri quando piove forte, ti passano attraverso le mani bucate da quello che avresti voluto fare e invece né detto, né fatto; è presto sera e quasi ti lasci andare all’euforia del tempo sprecato; è quasi notte e solo i sogni potranno placare insani desideri”.
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