10 febbraio 2013

"L’uomo che piantava gli alberi" di Jean Giono, Tullio Pericoli





di Gianni Quilici

“L’uomo che pianta gli alberi”, che riesce a trasformare una zona arida e desolata,  “un’antica regione delle Alpi che penetra in Provenza”,  in un territorio ricco di vegetazione e di acqua, che si rianima anche di vita, contiene un messaggio pedagogico molto evidente: quello che ha fatto questo pastore lo può fare, in una certa misura, chiunque.

Ma questo messaggio funziona, perché riesce a mantenere, per buona parte del racconto, una sua poetica attualità.
Primo: trasmette una nostalgia per ciò che era e non c’è (quasi) più: cioè luoghi nell’Occidente completamente disabitati, dove ci si può perdere, con il rischio di morire di sete, come poteva succedere allo scrittore stesso, Jean Giono.

Secondo: rappresenta un pastore che, per alcuni versi, potrebbe condensare un modello di “uomo nuovo”, in una società altamente tecnologizzata come la nostra. E cioè: un’estrema concentrazione verso uno scopo non individualistico, ma sociale; un rapporto direttamente fisico con la natura, la cura dell’ambiente e il suo sviluppo armonico; la precisione e la meticolosità nell’operare.

La parte finale del racconto è più debole, anche se fosse realistica, perché troppo ottimisticamente lineare, da sembrare un po’ favolistica, rispetto a ciò che è successo e sta succedendo nell’occidente europeo.    

I disegni del grande ritrattista Tullio Pericoli sono avvolgenti e grandiosi, ma, in questo caso, non vanno molto al di là dell’illustrazione del racconto.

Jean Giono, Tullio Pericoli. L’uomo che piantava gli alberi. L'Homme qui plantait des arbres. Traduzione di Luigi Spagnol. Salani Editore. Pp. Euro 16,80.

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