22 febbraio 2013

"La classe" di François Bégaudeau



di Gianni Quilici

“La classe”  è un romanzo di François Bégaudeau, da cui è stato realizzato, successivamente, il film omonimo di Laurent Cantet, vincitore a Cannes della Palma d’Oro nel 2008.

L’ho letto lasciando che mi scorresse veloce negli occhi e mai mi sono fermato a pensare, sottolineare, indugiare, memorizzare i personaggi. 

Sono troppi i nomi di studenti e insegnanti che si incontrano nel romanzo e sembra quasi, nella loro fugacità, che non siano importanti in quanto personaggi, ma per delineare una situazione, in cui i dialoghi sono preponderanti e fulminanti e spesso non si capisce chi sia a parlare.

Il romanzo, infatti, è costruito per brevi episodi, che hanno come luogo la scuola: la classe soprattutto, la sala insegnanti, la presidenza, i corridoi. Ciò che rimane è la situazione, che diventa accumulo di situazioni, che diventano quella particolare scuola. Una scuola che vive come crocevia di razze, di nazionalità, di culture: francesi, arabi, africani, asiatici, che vivono condizioni familiari difficili o una conoscenza linguistica del francese precaria.
Una scuola, quindi, dove gli insegnanti sono continuamente chiamati a dover far fronte a problemi disciplinari, o di scarso interesse; dove insegnare è ansia, fatica, frustrazione, prostrazione.
L’originalità del romanzo e il suo valore documentale e letterario si trovano soprattutto nel protagonista: un io narrante, che accetta la sfida  e assume atteggiamenti variegati nei confronti degli alunni: provocatorio quasi sempre, a volte con ironia, sarcasmo e perfino violenza verbale; molto mobile didatticamente, attento alla lingua nei suoi aspetti grammaticali, lessicali, concettuali e anche filosofici. Con un metodo aperto: più che dare risposte pone domande, con gli occhi  del romanziere attento ai dettagli, a ciò che indica una tipologia, una moda, un modo di essere.
Linguaggio veloce, vivo, a volte surreale, implicito, fitto di dialoghi di botta e risposta, secco, molto giocato sul visibile, su ciò che si vede o si intravede, divertente. Due esempi esemplari:

«Come si chiama quando si dice il contrario di quello che si pensa facendo capire che si pensa il contrario di quello che si dice?»
«Prof la sua domanda mi fa venire il mal di testa».
«Qual è la domanda, prof?»
«Forse ironia?»
«Be', sí, è esattamente questo. Provate a fare una frase ironica».
«Lei è bello».
«Grazie, ma la frase ironica?»
«Lei è bello».
«Ok, perfetto, grazie tante».

«Prof fa troppo caldo, facciamo lezione fuori».
«Certo, vuoi anche una coca?»
«Lei esagera, prof».

Insomma una fotografia ironica e impietosa, che non scava a fondo per scelta, sulla difficoltà di essere insegnanti oggi, ma anche adolescenti, in un mondo che vive una transizione a cui non siamo preparati.
  
François Bégaudeau – La classe. Entre le murs. Traduzione di Tiziana Lo Porto, Lorenza Pieri. 223 pag., Edizioni Einaudi.


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