08 marzo 2013

"Non luogo" mostra fotografica di Luca Tesconi



di Mira Giromini
 
Nella redazione di YoungRadio (www.yradio.it ) i ragazzi del Servizio Civile Regionale presso il Museo dei Bozzetti di Pietrasanta, hanno intervistato il fotografo e sportivo Luca Tesconi in occasione della sua prima mostra dal titolo “NON LUOGO”. L’evento si svolgerà a Palazzo Panichi, sede che si affaccia sul bel duomo di Pietrasanta, dal 9 al 31 marzo 2013.

Luca Tesconi è conosciuto per la medaglia d’argento nel tiro a segno ai mondiali di Londra 2012 ma la sua altra passione è la fotografia che impugna con forza e coraggio attraversando quelli che chiama i “non-luoghi”. Il suo percorso fotografico tratta dei manicomi, “ospedali dei matti” che dal 1978 la legge Basaglia chiuse e che dall’ora sono spesso luoghi abbandonati in cui si percepiscono tracce di disperazione, solitudine e dolore enfatizzate dall’atmosfera decadente avvolta da scritte, disegni e persino graffi e sangue sui muri delle strutture.

Luca, quando è nata la tua passione per la fotografia?
La passione della fotografia è nata ancora prima della passione per lo sport, mentre ancora seguivo l’Istituto d’Arte di Pietrasanta e studiavo nei laboratori scolastici; mio padre mi regalò la mia prima macchina fotografica, una Minolta analogica con qualche obbiettivo. Da lì mi sono appassionato ho cominciato a fotografare molto, a seguire laboratori e corsi e poi corsi di Photoshop.
Ora ovviamente uso una macchina fotografica digitale.

Molti di noi ti conoscono per la medaglia d’argento al tiro a segno ma tu coltivi anche la passione della fotografia; come coniughi due discipline così distanti tra loro?
In realtà non sono neanche così distanti, mentre fotografi sei da solo e quando sei in pedana a gareggiare sei da solo; in fotografia scatti un soggetto, nel tiro a segno punti un bersagli dunque due discipline che non sono poi così tanto distanti; sei sempre da solo. La cosa bella della fotografia è che riesco bene a coniugarla con lo sport; la fotografia mi permette di non pensare alle gare, all’agonismo e agli impegni nazionali, quindi è un momento di relax dove quando torno a casa posso prendere la mia macchina fotografica e posso “staccare la spina” e pensare solo alla fotografia, riesco a staccare da tutto e ricaricarmi. Per ora è stato utile e spero sia così anche in futuro.

Quali sono i tuoi soggetti principali?
Inizialmente fotografavo tutto per imparare la tecnica e variare i soggetti tra paesaggi, panorami, ritratti e primi piani, sia in bianco e nero che a colori. Tengo a dire però che sento mia la ricerca di reportage reali; mi piacerebbe nel tempo fare anche dei reportage di guerra. Non mi vedo come fotografo da cavalletto a fotografare i panorami.

Hai avuto dei modelli; dei fotografi che ti hanno ispirato oppure hai scelto dei soggetti da trattare?
In linea di massima devono essere i soggetti che mi colpiscono di più, devono darmi qualcosa, un’emozione, sia bella che brutta. Come fotografo mi è sempre piaciuto il grande Adams, anche se poi lui coglieva soprattutto paesaggi in bianco e nero. Comunque non mi ispiro a un particolare fotografo, sono i soggetti che mi ispirano.

Nella scelta della mostra cosa ti ha ispirato?
Mio padre era un rappresentante farmaceutico, portava i medicinali a Lucca, a Maggiano. Da bambino mi raccontava di questi ambienti dei matti che c’erano dentro e credo che nel mio subconscio sia rimasto questo ricordo. Nel tempo ho scoperto i libri di Tobino, direttore del reparto femminile di Maggiano e da lì mi sono appassionato ed è nata la curiosità di proseguire.

A proposito della mostra, questa è la tua prima mostra, hai delle emozioni da esprimere?
Sinceramente è un altro piccolo sogno che si realizza, essendo appassionato di fotografia ho sempre desiderato un giorno di fare una mostra, ho fatto delle collettive alla fine dei corsi di fotografia ma questa è la mia prima mostra personale dedicata ad un tema scelto da me, ne sono fiero ed emozionato.

Quando scegli un soggetto o un tema da trattare hai bene in mente cosa fare o ti lasci trasportare dal momento?
Inizialmente parto sempre con un idea ben precisa, ho già in mente che cosa farò, se uscirà in bianco e nero o a colori, poi effettivamente sul capo mi lascio trascinare dall’emozione. Quindi parto con un idea ben precisa poi mi lascio trascinare dall’istinto. In realtà è come se il soggetto mi dicesse come farsi fotografare, mi lascio andare.

Hai trattato la figura umana nella tua fotografia?
In questa mostra gli ambienti abbandonati non avevano senso con le persone. A parte i ritratti non ho mai trattato la figura umana, mi piacciono gli ambienti.

Cosa pensi della chiusura dei manicomi?
Non ho un’idea ben precisa. Quando entri dentro a queste strutture ti rendi conto che erano dei lager non solo fisici ma anche mentali. E’ successo che entravano tante persone non malate e uscivano se uscivano malate e poi c’è da dire anche che dopo la chiusura dei manicomi alcune persone sono diventate dei reietti della società e tanti si sono suicidati. E’ un pensiero contrastante. Non ho un idea ben precisa certo è da dire che ormai non ci sono più.

A proposito delle fotografie si può sapere dove sono state realizzate?
Sono stati due anni di ricerca e di lavoro. I posti preferisco tenerli segreti e mi piace non rivelarli; comunque in Italia, soprattutto in Toscana ma anche Lombardia e Lazio, la cosa che comunque che mi sono reso conto è che dovunque mi trovavo mi sentivo sempre nello stesso posto perché veramente queste strutture erano tutte uguali. Entrando in un ex-ospedale sapevi che a destra si trovavano le celle per i matti più pericolosi e a sinistra le camere per i dottori. Ma dovunque eri, era lo stesso.

Ti è mai venuto in mente di documentare insieme alle fotografie anche quello che rimane oggi di quelle persone?
Si, avrei voluto e comunque potrebbe essere un’idea per un prossimo lavoro, documentare le persone che erano state dentro ai manicomi magari fotografarle. Potrebbe essere un’idea anche se ancora non ho ben definito bene la cosa. Me lo tengo per il futuro.

Come nasce la mostra e come si è arrivato alla realizzazione?
Come tante cose è nata per caso; mi trovavo nella giuria per Miss Carnevale insieme ad Annalisa Bugliatti e gli ho parlato della mia passione per la fotografia; lei mi ha fatto conoscer Claudio Francesconi di GestalGallery di Pietrasanta (www.gestalgallery.it ) e mi ha dato soddisfazione sentire che il gallerista era stato convinto a fare la mostra guardando le mie sole fotografie senza conoscermi.
Poi il sindaco Lombardi, in quanto medico è stato sensibile all’argomento e ci ha messo a disposizione Palazzo Panichi, sede per le mostre dell’arte contemporanea.
Il titolo della mostra “NON LUOGO” sembra quasi scontato ma l’idea nasce proprio dal fatto che se mi trovavo a Roma piuttosto che Torino o Milano mi trovavo comunque nello stesso luogo.
La mostra è poi divisa in sezioni, per esempio il tema delle scritte, i soggetti delle attese per un totale di più di trenta foto in diversi formati e colori. Per il resto poi è il caso di venire a vederla.


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