di Mira Giromini
Nella redazione di YoungRadio (www.yradio.it
) i ragazzi del Servizio Civile Regionale presso il Museo dei Bozzetti di
Pietrasanta, hanno intervistato il fotografo e sportivo Luca Tesconi in occasione
della sua prima mostra dal titolo “NON LUOGO”. L’evento si svolgerà a Palazzo
Panichi, sede che si affaccia sul bel duomo di Pietrasanta, dal 9 al 31 marzo
2013.
Luca Tesconi è conosciuto per la medaglia d’argento nel tiro a segno
ai mondiali di Londra 2012 ma la sua altra passione è la fotografia che impugna
con forza e coraggio attraversando quelli che chiama i “non-luoghi”. Il suo
percorso fotografico tratta dei manicomi, “ospedali dei matti” che dal 1978 la
legge Basaglia chiuse e che dall’ora sono spesso luoghi abbandonati in cui si
percepiscono tracce di disperazione, solitudine e dolore enfatizzate
dall’atmosfera decadente avvolta da scritte, disegni e persino graffi e sangue
sui muri delle strutture.
Luca, quando è nata la tua
passione per la fotografia?
La passione della fotografia è nata ancora prima della passione per lo
sport, mentre ancora seguivo l’Istituto d’Arte di Pietrasanta e studiavo nei
laboratori scolastici; mio padre mi regalò la mia prima macchina fotografica,
una Minolta analogica con qualche obbiettivo. Da lì mi sono appassionato ho
cominciato a fotografare molto, a seguire laboratori e corsi e poi corsi di
Photoshop.
Ora ovviamente uso una macchina fotografica digitale.
Molti di noi ti conoscono per
la medaglia d’argento al tiro a segno ma tu coltivi anche la passione della
fotografia; come coniughi due discipline così distanti tra loro?
In realtà non sono neanche così distanti, mentre fotografi sei da solo
e quando sei in pedana a gareggiare sei da solo; in fotografia scatti un
soggetto, nel tiro a segno punti un bersagli dunque due discipline che non sono
poi così tanto distanti; sei sempre da solo. La cosa bella della fotografia è che
riesco bene a coniugarla con lo sport; la fotografia mi permette di non pensare
alle gare, all’agonismo e agli impegni nazionali, quindi è un momento di relax
dove quando torno a casa posso prendere la mia macchina fotografica e posso “staccare
la spina” e pensare solo alla fotografia, riesco a staccare da tutto e
ricaricarmi. Per ora è stato utile e spero sia così anche in futuro.
Quali sono i tuoi soggetti
principali?
Inizialmente fotografavo tutto per imparare la tecnica e variare i
soggetti tra paesaggi, panorami, ritratti e primi piani, sia in bianco e nero
che a colori. Tengo a dire però che sento mia la ricerca di reportage reali; mi
piacerebbe nel tempo fare anche dei reportage di guerra. Non mi vedo come fotografo
da cavalletto a fotografare i panorami.
Hai avuto dei modelli; dei
fotografi che ti hanno ispirato oppure hai scelto dei soggetti da trattare?
In linea di massima devono essere i soggetti che mi colpiscono di più,
devono darmi qualcosa, un’emozione, sia bella che brutta. Come fotografo mi è
sempre piaciuto il grande Adams, anche se poi lui coglieva soprattutto paesaggi
in bianco e nero. Comunque non mi ispiro a un particolare fotografo, sono i
soggetti che mi ispirano.
Nella scelta della mostra cosa
ti ha ispirato?
Mio padre era un rappresentante farmaceutico, portava i medicinali a
Lucca, a Maggiano. Da bambino mi raccontava di questi ambienti dei matti che
c’erano dentro e credo che nel mio subconscio sia rimasto questo ricordo. Nel
tempo ho scoperto i libri di Tobino, direttore del reparto femminile di
Maggiano e da lì mi sono appassionato ed è nata la curiosità di proseguire.
A proposito della mostra,
questa è la tua prima mostra, hai delle emozioni da esprimere?
Sinceramente è un altro piccolo sogno che si realizza, essendo
appassionato di fotografia ho sempre desiderato un giorno di fare una mostra,
ho fatto delle collettive alla fine dei corsi di fotografia ma questa è la mia
prima mostra personale dedicata ad un tema scelto da me, ne sono fiero ed
emozionato.
Quando scegli un soggetto o un
tema da trattare hai bene in mente cosa fare o ti lasci trasportare dal
momento?
Inizialmente parto sempre con un idea ben precisa, ho già in mente che
cosa farò, se uscirà in bianco e nero o a colori, poi effettivamente sul capo
mi lascio trascinare dall’emozione. Quindi parto con un idea ben precisa poi mi
lascio trascinare dall’istinto. In realtà è come se il soggetto mi dicesse come
farsi fotografare, mi lascio andare.
Hai trattato la figura umana
nella tua fotografia?
In questa mostra gli ambienti abbandonati non avevano senso con le
persone. A parte i ritratti non ho mai trattato la figura umana, mi piacciono
gli ambienti.
Cosa pensi della chiusura dei
manicomi?
Non ho un’idea ben precisa. Quando entri dentro a queste strutture ti
rendi conto che erano dei lager non solo fisici ma anche mentali. E’ successo
che entravano tante persone non malate e uscivano se uscivano malate e poi c’è da
dire anche che dopo la chiusura dei manicomi alcune persone sono diventate dei reietti
della società e tanti si sono suicidati. E’ un pensiero contrastante. Non ho un
idea ben precisa certo è da dire che ormai non ci sono più.
A proposito delle fotografie si
può sapere dove sono state realizzate?
Sono stati due anni di ricerca e di lavoro. I posti preferisco tenerli
segreti e mi piace non rivelarli; comunque in Italia, soprattutto in Toscana ma
anche Lombardia e Lazio, la cosa che comunque che mi sono reso conto è che
dovunque mi trovavo mi sentivo sempre nello stesso posto perché veramente
queste strutture erano tutte uguali. Entrando in un ex-ospedale sapevi che a
destra si trovavano le celle per i matti più pericolosi e a sinistra le camere
per i dottori. Ma dovunque eri, era lo stesso.
Ti è mai venuto in mente di
documentare insieme alle fotografie anche quello che rimane oggi di quelle
persone?
Si, avrei voluto e comunque potrebbe essere un’idea per un prossimo
lavoro, documentare le persone che erano state dentro ai manicomi magari
fotografarle. Potrebbe essere un’idea anche se ancora non ho ben definito bene
la cosa. Me lo tengo per il futuro.
Come nasce la mostra e come si
è arrivato alla realizzazione?
Come tante cose è nata per caso; mi trovavo nella giuria per Miss
Carnevale insieme ad Annalisa Bugliatti e gli ho parlato della mia passione per
la fotografia; lei mi ha fatto conoscer Claudio Francesconi di GestalGallery di
Pietrasanta (www.gestalgallery.it ) e
mi ha dato soddisfazione sentire che il gallerista era stato convinto a fare la
mostra guardando le mie sole fotografie senza conoscermi.
Poi il sindaco Lombardi, in quanto medico è stato sensibile all’argomento
e ci ha messo a disposizione Palazzo Panichi, sede per le mostre dell’arte
contemporanea.
Il titolo della mostra “NON LUOGO” sembra quasi scontato ma l’idea
nasce proprio dal fatto che se mi trovavo a Roma piuttosto che Torino o Milano
mi trovavo comunque nello stesso luogo.
La mostra è poi divisa in sezioni, per esempio il tema delle scritte,
i soggetti delle attese per un totale di più di trenta foto in diversi formati
e colori. Per il resto poi è il caso di venire a vederla.
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