di Maddalena Ferrari
L’autrice è nata a
Washington, ma dal 1984 vive in Inghilterra.
Il suo romanzo, da
cui è stato tratto il film omonimo di Peter Webber, con Colin Firth e Scarlett
Johansson,
è intriso di spirito
europeo, non solo per l’argomento e l’ambientazione, ma soprattutto per una
sorta di adesione ad una cultura, ad una tradizione, quasi che la scrittrice se ne senta figlia ed erede.
La storia è quella di
Griet, giovane figlia di un rinomato decoratore di piastrelle di Delft, la
quale, a seguito della perdita del lavoro da parte del padre, è costretta a
fare la domestica nella casa del grande pittore Jan Vermeer. Tra la ragazza e il
pittore c’è un rapporto di fascinazione, che rimane represso, per motivi
sociali, a cui si aggiungono le peculiarità caratteriali dei due personaggi.
Lei è da subito
attratta dall’uomo: parla di “lui”, narrando in prima persona; il suo racconto,
fatto in uno stile
scarno, lascia trapelare la sua intelligenza, la sensibilità, l’affettività ed
anche il gusto estetico: è una giovane donna dalla personalità più complessa di
quanto lei stessa sia consapevole e sente il peso di una condizione sociale
culturale e di genere subordinata; non senza reagire a volte con energia.
Oggetto delle attenzioni volgari di un ricco protettore dell’artista, che
vorrebbe approfittarsi di lei, riesce a salvarsi, grazie a una scelta, che la rinchiuderà in un
ruolo convenzionale.
Lui vive in una casa
borghese, circondato da donne: la moglie, con cui la protagonista ha un
rapporto conflittuale, e ciò appare abbastanza scontato, la suocera, autorevole
e autoritaria, quasi protettiva verso Griet, le figlie, le domestiche...Vuole
tenere separati il mondo dei legami familiari e quello dell’arte, dove è e
vuole essere solo e diverso, nella sua ricerca maniacale della perfezione;
Griet rientra in questo mondo di arte e rischia di sconfinare nell’altro, ma,
quando ciò sta per succedere, l’artista si ritrae.
Ad entrambi i
personaggi manca il coraggio.
Le dinamiche dei
rapporti interpersonali narrate nel romanzo sono motivate, anche se, in parte,
prevedibili . Il ritratto di Vermeer
risulta affascinante, nel suo egoismo, nella sua pavidità, nella ricerca
continua dei modi e delle tecniche per assecondare l’ispirazione. La
ricostruzione storico-ambientale è accuratissima e riesce a comunicare la
concretezza quasi tattile di luoghi ( Delft e i suoi canali, le case ) e di
oggetti. La scrittrice è capace di dare vita ad un mondo, ad una società del
passato ed anche di rendere credibile l’antefatto di un quadro, oltre che
bellissimo, misterioso: una giovane donna, vista quasi di spalle, si sta
voltando verso di noi, come ad un richiamo, e ci guarda, sorridendo appena, con
la bocca socchiusa; l’abbigliamento, anche se inconsueto, è ordinario; ma
all’orecchio sinistro splende una perla preziosa.
Tracy Chevalier. La ragazza con l’orecchino di
perla. Traduzione di Neri Pozza
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