Una volta, non
ricordo dove, Giovanni Testori ha scritto che Roberto Longhi era un
"maestro" perché, guardando le opere di Piero della Francesca e di
Caravaggio, era divenuto per sempre e fatalmente impossibile non sentire la
pellicola delle sue parole depositata sopra quelle tele, come una velatura.
Lo stesso principio
di magica imprescindibilità vale per chi, come me, è stato allievo di Francesco
Orlando: dopo averlo ascoltato, nel corso della sue lezioni ed
"esercitazioni", e dopo averlo letto, nessuna pagina di letteratura
può più prescindere dal suo sguardo di lettore e dalla sua scrittura
saggistica.
E' come una striatura
perlacea, una bava di lumaca, un ectoplasma senza possibilità di esorcismo: la
parola del "maestro" è un atroce e bellissimo segno d'amore che si
materializza tra te e il testo letterario.
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