17 giugno 2012

“Juliette Gréco” foto di Robert Doisneau




di Gianni Quilici

La poeticità della foto, di uno dei più grandi fotografi del 900, Robert Doisneau, il più grande forse nel rappresentare Parigi, è nella sottile bellezza di Juliette Gréco.

Questa bellezza risalta nell’insieme e nei dettagli ed è fin troppo banale sottolinearlo: nei capelli lunghi e lisci che le incorniciano il volto e le ricoprono la fronte, nella bocca carnosa e ben disegnata, nel naso piccolo e proporzionato, paradossalmente negli occhi (soc)chiusi, che (forse) guardano il cane, accovacciato sulle zampe, bocca aperta e occhi chiusi, come se stesse sbadigliando.

La poeticità della foto non è, tuttavia, tanto nella bellezza armonica di Juliette Gréco, ma in ciò che questa emana: delicatezza, finezza, purezza; in contrasto con l’immagine del cane quotidiana, naturalistica. Per riprendere il famoso “punctum” di Roland Barthes, mentre il cane è niente altro in ciò che si vede, la zona psichica di Juliette Gréco più intima è trattenuta, ci arriva come emanazione, non esibita, lieve, invisibile appunto.   

A completare: sullo sfondo evanescente nel biancore quasi onirico svetta il campanile di Saint-Germain-des Prés a segnalare il luogo, il contesto.

Juliette Gréco
«Mi chiamo Juliette Gréco, e non ho mai avuto uno pseudonimo. Sono nata il 7 febbraio 1927. Mia madre mi ha detto che quel giorno pioveva, e la pioggia favorisce la crescita di tutte le piante, anche quelle più velenose». Juliette Gréco, attrice e cantante francese, nasce a Montpellier, si veste sempre (e da sempre) di nero («perché è l’unico colore che mi difende e protegge, con un altro qualcuno potrebbe vedermi»), la sua pelle è ancora chiarissima (Pablo Picasso diceva di lei che «si abbronzava alla luna»), ed è stata amica e ispiratrice di Jacques Prévert, Jean-Paul Sartre, Raymond Queneau, François Mauriac, Boris Vian, Charles Aznavour.

Il padre di Juliette Gréco era corso e la madre, bordolese, fu un membro attivo della Resistenza in Francia. Venne arrestata nel 1943 e con la primogenita Charlotte venne deportata in un campo di prigionia. Juliette, che aveva solo 16 anni, fu invece liberata e venne accolta dalla sua insegnante di francese a Parigi, Hélène Duc, che la incoraggiò a partecipare al concorso della scuola d’arte drammatica francese più importante del tempo: il Conservatorio. Gréco non venne ammessa, ma Madame Dussane, nei suoi commenti, annotò «Da sorvegliare per l’avvenire».
Juliette Gréco iniziò a frequentare i caffè della Rive Gauche, ad esplorare la vita intellettuale del Quartiere Latino e di Saint Germain des Prés. Nel 1947, in Rue Dauphine, aprì il “Tabou”, poi leggendario luogo di incontro degli Esistenzialisti. Juliette ricorda:
«Si scendeva una scaletta di pietra, bisognava fare attenzione a non urtare la testa e si arrivava in un luogo rettangolare che sembrava ideale per far risplendere lo spirito della libertà riconquistata dopo i funesti anni nazisti dell’occupazione. L’oscurità del Tabou era squarciata dai lampi del nostro entusiasmo e i Maestri offrivano il sapere senza costringerci all’inchino».  
Nel locale si ritrovavano anche i più grandi artisti e musicisti del tempo, come Jean Cocteau e Miles Davis con il quale Juliette ebbe una storia d’amore (si è sposata tre volte: con gli attori Philippe Lemaire e Michel Piccoli e con il pianista Gérard Jouannest che, ancora oggi, la accompagna sul palcoscenico). Il successo arrivò nel 1949, quando Prévert, Queneau e Aznavour scrissero delle canzoni per lei e Jean-Paul Sartre le donò, invece, il testo “La Rue des Blancs-Manteaux”. [da “Il Post”]

  •  Alcune  impressioni prese da Face Book



  • Lidia Campagnano la forza del biancoenero, o la sua poesia...



  • Carmela Linda Longo Vedo..... poetico e delicato riserbo, i suoi occhi chinati esprimono forza di parole non dette...tutto intorno sembra annebbiarsi sotto la luce di un giorno uguale agli altri.....lei, che vestita di nero vorrebbe essere un puntino nero in una linea senza fine, è il fulcro dell'insieme.....ed è radiosa!


  • forse il bello è l'indecifrabile
  • Lisa Manescalchi nitidi affetti in una offuscata realtà...
    .

  • Isabella Eugenia Monti ‎...quando lo sguardo si abbassa non possiamo che notare un elemento di perso ricordo..di malinconica e pudica preghiera che la avvicina alla vita e all'amore nel gesto di delicato contatto con il suo piccolo animale..tutto il contorno del corpo e del suo cappotto mantengono lo stesso profilo della cattedrale alle sue spalle che ne sembra delineare la forma quasi fosse la sua ombra perfetta in una delicata e persa nebbiosa nostalgia...è lei la cattedrale stessa di luce potente e dolorosa, pura e complessa come una costruzione gotica, misteriosa come i segreti che la custodisce...perfetta nella sua bellezza di inavvicinabile compostezza...e noi non possiamo che ammirare l'intero paesaggio e sognare di esserci...


  • Irene Balducci mi appare un sistema di dominazioni: il campanile su di lei, lei sul cane. Tenui, impercettibili, sfumate. L'uscita sembra un urlo o forse è uno sbadiglio...sarà per questo che sento tutto così dolce, tenero, impalpabile...


  • Grazia D'Isanto Un intero universo.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sono stata a un suo concerto nel 2006, forte come una tigre, fragile come una vecchia di carta velina, la sua voce scorreva lungo la schiena e mi rendeva felice e triste insieme.