09 febbraio 2013

“Vipera” di Maurizio De Giovanni

di Mirta Vignatti

                 Da “Ciribiribin” a “Signorinella pallida”: non soltanto canzonette...

Insomma, avevo acquistato “Vipera” di De Giovanni per leggerlo durante il periodo pasquale, così come avevo fatto con “Per mano tua” in concomitanza del Natale, ma non ho resistito.

Naturalmente l'ho divorato in un battibaleno (De Giovanni ancora una volta supera se stesso) e ora mi piacerebbe condividere alcune riflessioni, legate ad elementi non propriamente letterari ma a un certo contesto “melodico” che mi viene da immaginare come possibile colonna sonora di quel “ventennio” carico di vizi e vezzi che fa da sfondo ai romanzi del nostro.

Riflessioni innescate non solo dal titolo dell'ultimo romanzo di De Giovanni (la canzone “Vipera” vi è citata 2 volte) ma da tutto un clima della Napoli dei primi anni '30 così ben descritta dall'autore, nella quale mi piace immaginare le prime radio galeniche (o quelle con l'occhio magico) che -magari dalle finestre della signora Maione o della famiglia Colombo- diffondevano tra il vicinato e i vicoli le note di “Fili d'oro”, “Maria La-O” (per la voce di Carlo Buti) o di “Parlami d'amore Mariù” (interpretata da Vittorio De Sica).

Certo, se ci pensiamo bene, De Giovanni non nasconde i propri riferimenti a culture non minori come quella della musica di intrattenimento. E ne trae motivi di ispirazione. A parte il giudizio malizioso di un lettore che ha affermato che la vera ispirazione per il romanzo non sia venuta a De Giovanni dalla canzone “Vipera” ma da “Non è un capello ma un crine di cavallo”, come non identificare la signorina Enrica Colombo con la “Signorinella pallida”, la dolce dirimpettaia osservata ritualmente dall'algido Ricciardi?

De Giovanni correttamente si avvale del contesto melodico (a volte facendovi riferimento esplicito) sincronico ai tempi descritti, che rappresenta perfettamente il modo di essere e di sentire dei suoi personaggi; di sentimentalismo, lontananza, amori non ricambiati, nostalgia, maliarde, signorinelle e belle Gigogin sono pieni i repertori musicali degli anni '30, così come di passioni sfrenate (“La spagnola”) e di cultura postribolare (“Ciribiribin” e il tango “A media luz”, quest'ultimo intonato dal dott. Modo al funerale di Vipera). E il ricorso a questi elementi, che in gran parte ritroviamo in “Vipera” e negli altri libri di De Giovanni, trovo che sia un ottimo espediente per rendere al meglio il clima storico-sociale che l'autore vuole descrivere; d'altra parte interessanti chiavi di lettura trasversali di un periodo storico (Braudel insegna) possono essere proposte anche attraverso elementi e/o culture particolari. Non era stato Ettore Scola che in “Ballando ballando”, proponendo una serie di balli senza dialoghi, riusciva a offrirci la misura e il significato di tutto un periodo storico?

 Penso che lo stesso risultato si potrebbe ottenere con una serie di canzoni degli anni '20-'30: si otterrebbe, credo, una buona approssimazione al clima sentimental-culturale di quel periodo. E di questo clima, la cultura postribolare -come “Vipera” correttamente dimostra- fa la parte del leone. Mi sembra di capire che la doppia morale del regime (quella chiesastico-familiar-ipocrita e quella machista da bordello) fosse una delle caratteristiche fondanti dell'antropologia di quel periodo. Tant'è che -curiosamente- la censura si adoperava in modo sciagurato su tutto (penso ancora a un altro bellissimo film di Ettore Scola, “Una giornata particolare”), tranne che sulle volgarità e su tutto ciò che atteneva al sesso a pagamento. Per esempio, la canzone “Ciribiribin”, che soltanto venti-trenta anni dopo sarebbe stata senz'altro censurata come accadde a “Tua” (Jula de Palma) o a “Nuda” (Domenico Modugno) per molto molto meno, non solo era ampiamente tollerata, ma con tutte le sue esplicite allusioni (soprattutto dell'ultimo verso) era uno dei motivi diffusi in sottofondo o eseguiti al piano nelle “case”, dove faceva anche da pubblicità ad una delle prestazioni del tariffario. Che poi la canzone fosse diffusa ed eseguita ovunque non disturbava nessuno: stimolava anzi gli ammiccamenti e i doppi sensi beceri e ipocriti. La moglie per i figli e per stare ai fornelli e “Vipera” e le sue compagne per provare quelle cose.

 Ma il potere -soprattutto quando affonda le radici nel terreno melmoso della sottocultura- mostra inevitabilmente la sua idiozia: “Ciribiribin” e “La spagnola” non vengono censurate, mentre le innocenti e candide “Maramao perchè sei morto?” e “Pippo non lo sa” varranno aspri rimbrotti al povero Panzeri (l'autore) per alcuni passaggi del testo ritenuti allusivi e lesivi del decoro del regime. E se pensiamo che Panzeri rischierà nuovamente la censura anche per “Papaveri e papere” e per “La casetta in Canadà” nel clima dell'Italietta degli anni '50, certo non per allusioni di sesso ma perchè i papaveri sono alti alti mentre chi governava... (e immagino in quegli anni che trattamento avrà avuto “La famiglia dei gobboni”) allora sì che ci viene da ridere.

Be', certo che il potere ha tante facce e tante manifestazioni ridicole. I governanti, alti o bassi -ma in Italia a quanto pare prevalentemente bassi- vanno avanti e a noi viene da ridere. E non soltanto per quello che fanno e dicono (in quel caso ci sarebbe da piangere) ma anche per come si chiamano (ed è questo -oltre alla nostra risata che li seppellirà- il loro karma pesante): si va da una onomastica da bestiario medioevale (Lupi, Leone, Gatti, Galli, Galletti, Pollastrini, Porcu, Merlo, Mosca, Pecorella, Formichella, Formigoni, Grilli, Piccioni, Delfino, Porcino, Pastore, Vaccaro), a non meglio qualificabili riferimenti a volte anche da fascia protetta (Bocchino, Bucchino, Passera, Fava, Cazzola, Chiappetta, Culicchia, Pelino, Tettamanzi, Boccia, Coscia, Foti, Casini, Scarpa Bonazza Buora, Meschini, Nullazzo, Trappolino, Barba, Corsaro, Lamorte, Laboccetta, Maroni, Brunetta e così via). Come prenderli sul serio?

E sempre a proposito di papaveri alti alti alti, levatemi un dubbio che non mi fa dormire la notte: ma il ministro Brunetta è parente della brunetta dei Ricchi e Poveri o no?


Titolo: Vipera. Una storia del commissario Ricciardi
Autore: Maurizio De Giovanni
Editore: Einaudi
Collana: Einaudi. Stile libero big
Data di Pubblicazione: Giugno 2012
Pagine: 360

1 commento:

vincenza ha detto...

Le atmosfere ed i profumi che si avvertono leggendo De Giovanni in Vipera si sono amplificate. La descrizione del periodo prepasquale mi ha fatto rivivere la mia infanzia a guardare la mamma a preparare pastiere e tagliatelle fatte a mano. Quanta cultura c'è dietro la tradizione culinaria napoletana ed italiana in genere.
Per me è molto indovinata anche l'accoppiata della freddezza apparente di Ricciardi ed il calore umano dei Maione. Ogni volta è sempre un piacere divorare le pagine di Maurizio De Giovanni