11 dicembre 2013

“Documenti e studi” num. 35





 
Lucca 1987. Festa dell'Unità. Da "Lucca che vive" di Gianni Quilici.
di Luciano Luciani


A quasi un quarto di secolo dalle tormentate vicende che hanno accompagnato la parabola e il tramonto del Partito comunista italiano, è giunto il momento, almeno a giudizio della redazione di “Documenti e studi”, di cominciare a ripensare storicamente quella esperienza politica: un percorso che iniziamo in collaborazione con la Fondazione “Sinistra. Storia e valori”, ai cui Associati porgiamo le nostre più sentite condoglianze per la recente, repentina scomparsa del loro presidente, Aurelio Russo.

Cosa è stato veramente il Pci? Davvero, come vogliono i suoi detrattori si è trattato solo, come scrive Emanuele Macaluso, di “un corpo estraneo  alla nostra società, di una agenzia sovietica al soldo del Kgb, nel migliore dei casi di una Chiesa con i suoi sacerdoti e i suoi riti da studiare come fa un archeologo dopo uno scavo”? Oppure i suoi settant’anni di storia, percorsa da lotte, difficoltà, successi e insuccessi, hanno inciso, e profondamente, nella vicenda italiana del secolo scorso e hanno fatto di questo partito, soprattutto dopo il secondo conflitto mondiale, uno dei principali protagonisti sia del risanamento e del rinnovamento del Paese, sia di nuovi rapporti internazionali? Quale, dunque, il suo ruolo nella storia del secondo Novecento, ancora poco indagato dalla storiografia al contrario degli anni dell’opposizione al fascismo e della Resistenza? Come è stato possibile per il Pci degli anni della Ricostruzione, del boom economico, degli anni settanta che lo videro proporsi come forza di governo, far convivere al proprio interno, e spesso nella coscienza stessa dei suoi militanti, un’adesione sincera e convinta alla democrazia e il legame simbolico ed emotivo, ma non per questo meno stringente, con tutti gli altri comunismi del mondo che quella stessa democrazia rifiutavano e combattevano? Come è riuscito questo partito da posizioni minoritarie a costruire una vasta organizzazione capillarmente diffusa sull’intero territorio nazionale, ricca di relazioni con la società civile e capace di orientare tra un quarto e un terzo dell’elettorato? E quale giudizio dare del progetto politico del Pci che per quasi mezzo secolo riuscì a portare a sintesi politica bisogni operai e aspirazioni di consistenti segmenti di borghesia, storie di popolo lavoratore e grandi tradizioni intellettuali?

Per trovare riposte adeguate a questi interrogativi, centrali per comprendere la recente storia politica e civile del nostro Paese, forse, più delle grandi sintesi, possono rivelarsi preziose le ricerche e le indagini articolate a livello locale, attente alle fonti archivistiche e a materiali giornalistici, alle testimonianze dirette e alle memorie personali. È con tali intenzioni, e all’interno di un più ampio progetto di ricerca sull’Italia repubblicana, che proponiamo ai Soci dell’Istituto e ai Lettori di “Documenti e studi” n. 35 una corposa sezione intitolata, con le parole del celebre monologo poetico – politico di Giorgio Gaber, Qualcuno era comunista.

Il saggio di Lorenzo Orsi, Comunisti e rispettabilità. Identità sessuali e moralità dei comunisti italiani 1946 -1956 prende in esame la costruzione, come e perché, dell’identità e della rappresentazione dell’uomo e della donna comunisti, nei primi dieci anni di storia repubblicana del nostro Paese, dai sicuri approdi del mito ideologico all’improvvisa caduta delle certezze nell’ ”indimenticabile 1956”.

Con Sandrino Petri: un sindaco comunista nella provincia bianca, Stefano Bucciarelli offre ai Lettori un dettagliato e argomentato lavoro sulla personalità di Alessandro Petri (1893 . 1983), viareggino, socialista antimilitarista nella Grande guerra, antifascista negli anni del regime, prima sindaco “provvisorio” della sua città e poi eletto negli anni dell’immediato dopoguerra. Amministratore comunista stimato e amato dai suoi concittadini svolse con imperterrito impegno e abnegazione l’arduo compito di dare risposte concrete alle assillanti e innumerevole urgenze della sua gente nel difficile periodo postbellico. Una figura esemplare per la sua coerente attenzione al bene pubblico, rispettata dagli stessi fascisti e dagli avversari politici.

Nel contributo di Emmanule Pesi, La nascita e i limiti organizzativi del partito nuovo in Lucchesia 1943-1948, è presa in esame, calandola nella realtà locale, la tematica della elaborazione della prospettiva politica della “democrazia progressiva”, già elaborata dal Partito comunista nel corso della lotta di liberazione, e della costruzione del necessario strumento per realizzarla: non più un partito di quadri, ma un “partito nuovo”, nazionale e di massa.

In La questione di Trieste a Lucca (e una conferenza di Vittorio Vidali a Lucca, 1 ottobre 1953), Armando Sestani espone la tormentata vicenda del confine orientale italiano negli anni del dopoguerra e come questa, divenuta uno dei simboli della guerra fredda, sia stata rielaborata dalle forze politiche lucchesi. Particolarmente delicata la posizione del Partito comunista stretto tra la fedeltà all’Urss e la condanna del leader jugoslavo Tito come populista antisovietico, le memorie della vittoriosa guerra antinazista e gli interessi nazionali. Nel primo autunno del 1953, a chiarire la linea del partito, viene inviato a Lucca Vittorio Vidali, triestino, commissario politico in Spagna del celebre V Reggimento col soprannome di Carlos, dirigente del Partito comunista del Territorio Libero di Trieste, consigliere comunale della città e deputato…

Francesca Gori nel suo Il fondo della federazione provinciale di Lucca del Partito comunista italiano 1969 – 1989 dà conto del lavoro di analisi, inventariazione e riordino del materiale custodito presso l’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea in Provincia di Lucca, contestualizzandolo e indicando i criteri adoperati per la sua sistemazione.

Questa sezione della rivista è poi arricchita dal ricordo, insieme meditato e intriso d’affetto, di due figure di militanti, Fernando Cecchi, detto “il Bebi”(Lucia Del Chiaro – Rosano Paoli, Lo chiamavano tutti “il Bebi”) e Milziade Caprili (Stefano Bucciarelli, Ricordo di Milziade Caprili), scomparsi ma rimasti nella memoria di molti, comunisti e non. Storie diverse, le loro, differenti i loro ruoli e le responsabilità nell’organizzazione politica comunista: li univa il fatto che vissero con pienezza l’idea di un agire comune, l’aspirazione alla trasformazione della società, l’urgenza della giustizia sociale. Due esponenti, ognuno a suo modo importante di come si è configurato il vasto popolo della sinistra in quest’area della Toscana, nella seconda metà del secolo scorso.

Come già avvenuto, sia pure in maniera discontinua e non sistematica per il passato, a partire da questo numero “Documenti e studi” aprirà la sezione Risorgimenti e ospiterà con regolarità lavori, contributi e saggi riguardanti vicende, personaggi e tematiche risorgimentali. Non si tratta di un ampliamento arbitrario degli interessi dell’Istituto e della sua rivista, quanto piuttosto del recupero di una serie di questioni civili, politiche, culturali presenti alla coscienza di una larga area di opinione pubblica e di studiosi come hanno dimostrato l’inaspettato successo delle recenti celebrazioni per il 150esimo anniversario dell’unità d’Italia e, con un particolare riferimento a Lucca, la riapertura del Museo del Risorgimento rinnovato nei criteri espositivi e nella fruibilità. Risultati confortanti, ben accetti e utili perché non sono pochi, a tutt’oggi, i nodi storiografici che attendono di essere ripensati in maniera convincente ed esaustiva: pensiamo alla riflessione sul rapporto dominatori e dominati nel processo di formazione dello Stato unitario; al dibattito, ancora aperto, sul giudizio da dare intorno all’Italia postunitaria, la destra storica e la sinistra parlamentare, l’Italia liberale e giolittiana; il ruolo da attribuire ai “vinti”, siano essi i legittimisti filoborbonici o i repubblicani e i protosocialisti; le polemiche, innescate da alcune fortunate pubblicazioni edite nell’anno anniversario, circa il trattamento riservato al nostro Mezzogiorno dalle classi dominanti del paese, la discussione su come e perché il civile Risorgimento sia potuto degenerare nella barbarie del fascismo. Un complesso di problemi sui quali la storia contemporanea e i suoi operatori sono chiamati a fornire risposte nuove, non banali, argomentate e documentate, ampliando i territori d’indagine, facendo riferimento a sempre più vaste e organizzate risorse archivistiche, praticando più sofisticati metodi d’indagine.

È sulla base di tale esigenza che i Lettori trovano in questo fascicolo della Rivista due impegnati contributi: Roberto Pizzi con Collodi, personaggio del Risorgimento mette a fuoco Carlo Collodi come figura notevole del nostro riscatto nazionale, evidenziando il rapporto tra l’autore della Storia di un burattino e la Lucchesia, gli elementi che collegano lo scrittore a Lucca e l’attenzione riservata alla sua opera da importanti intellettuali lucchesi, mentre Le memorie epigrafiche e monumentali di Tito Strocchi in provincia di Lucca di Elena Profeti ci dimostrano come l’epopea garibaldina, incarnata a Lucca da Tito Strocchi, si sia mantenuta nella coscienza dell’opinione pubblica locale attraverso l’opera di artisti noti e meno noti che ne materializzarono il ricordo nella pietra.

Di Silvia Q. Angelini, Laura Di Simo, e Gianluca Fulvetti le pagine dedicate alle recensione librarie.


Numero 35 di “Documenti e studi”, semestrale dell’Istituto storico della Resistenza e dell’Età contemporanea in Provincia di Lucca






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