di Luciano Luciani
Figlio
di un partigiano, cresciuto a pane e Partito comunista, il giovane Marcello, in
rotta con l’uno e con l’altro, si immerge con naturalezza nel movimento degli
studenti della sua città, Pisa, destinata, nel breve volgere di mesi a
diventare uno dei centri più significativi di quell’insorgenza giovanile
diffusa in tutta Europa che, ancora oggi, si è soliti ricordare come il
Sessantotto, il primo degli “anni formidabili”. Occupazioni di istituti
universitari, le assemblee, gli infuocati dibattiti politici, gli scontri con
la polizia, il duro confronto con le tradizionali organizzazioni della sinistra,
partiti e sindacati, le polemiche con gli adulti e il loro mondo, diventano
così l’“eccezionale normalità” di un giovane di poco più di vent’anni, colto –
si è appena laureato – che si divide tra la ricerca di un lavoro e la
partecipazione, appassionata e disinteressata nonostante dubbi e incertezze, a
un vero e proprio terremoto politico e sociale, civile e generazionale. Un
sommovimento totale, un vero e proprio “assalto al cielo”, che non esclude il
mondo dei sentimenti: un terreno su cui il nostro protagonista, ferratissimo
nel campo delle dottrine storiche, filosofiche e politiche, rivela tutte le sue
debolezze e inettitudini, a partire da quella sessuale, deludendo e rimanendo
deluso: quasi una prefigurazione di un più largo disinganno che si consumerà
quando il movimento degli studenti passerà “dalla leggerezza e dalla felicità
iniziali a strutture più pesanti e organizzate che lasciano intuire i tragici
sviluppi successivi” (da una Nota
dell’Autore). Non a caso il romanzo di Romano Luperini, docente di letteratura
moderna e contemporanea presso l’università di Siena e, a suo tempo, militante
e dirigente politico, si chiude con il primo evento tragico di quella stagione
i fatti della Bussola: il 1 gennaio 1969, infatti, nel corso di una pacifica
manifestazione di studenti davanti al locale notturno “La Bussola” di Viareggio,
individuata come uno dei luoghi-simbolo dell’ostentazione del lusso e dello
spreco, si verificano scontri tra polizia e dimostranti che si concludono con
un ferito grave, il giovane pisano Soriano Ceccanti, destinato a rimanere su
una sedia a rotelle per tutto il resto della sua esistenza.
Insieme
al protagonista, le cui vicende sono in gran parte modellate su quelle
dell’Autore, e a personaggi di finzione, frutto di una ben riuscita creazione
narrativa, agiscono sulla scena del racconto figure storicamente determinate
come Franco Fortini. Adriano Sofri, Massimo D’Alema, Luciano Della Mea “le cui
parole e le cui azioni” scrive Luperini “possono essere spesso oggettivamente
documentate”. Romanzo storico,quindi, questo L’uso della vita, misto
di storia e d’invenzione, secondo la migliore lezione manzoniana che nel
sottotitolo porta un numero significativo e oggi scandaloso: 1968. Un anno a
cui oggi i moderati e i conservatori di tutti i tipi e colore politico sono
soliti attribuire, sbrigativamente e soprattutto per autoassolversi da ogni
responsabilità, l’origine di tutti i mali civili e culturali che ci affliggono
attualmente.
Questo libro, il Sessantotto, lo racconta dall’interno e
ricostruisce le ragioni e le passioni, le motivazioni e le rabbie di un’intera
generazione. Generosa e sconfitta, ma che, pure, ha saputo lasciare segni
profondi non solo nella coscienza del proprio tempo, ma anche in quella degli
anni successivi sino ai nostri giorni, un cinquantennio più tardi.
Un
romanzo sincero e intenso, utile per chi c’era, per chi non c’era, per chi ha
dimenticato.
Romano
Luperini, L’uso della vita. 1968, TranseuropA Edizioni, pp. 138, Euro
12,90
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