30 settembre 2008

Classica, dal jingle all'ascolto

di Nicola Amalfitano

..Molti insegnanti si augurano vivamente che un giorno la notazione musicale possa venire insegnata nelle scuole elementari insieme con l'alfabeto...
(Douglas Moore prefazione a Come imparare a leggere la musica, Howard Shanet - B.U.R. agosto 1957)
L'augurio sottolinea quanto sia importante il valore di una formazione di base!
In ogni espressione dell'operato umano, sia tecnica che artistica, la valutazione, l'apprezzamento scaturiscono dalla competenza; questa si acquisisce e si affina applicandosi con serietà e passione.
Oggigiorno rumori e suoni giungono alle nostre orecchie in modo caotico, confuso; a volte alcuni frastuoni vengono spacciati per musica.
La musica consta di suoni organizzati, la musica è arte non rumore!
In quanto espressione artistica, la musica deve essere un momento di appagamento per lo spirito; melodie, ritmi devono colpire i nostri sensi, la musica ci può cullare e scuotere, dobbiamo recepire il suo linguaggio, assimilarlo per poter gustare appieno ogni sfumatura sonora che giunge al nostro intelletto.
Un approccio banale alla musica classica spesso lo subiamo inconsapevolmente: pubblicità, programmi radiotelevisivi, colonne sonore attingono a piene mani al repertorio di autori noti e poco noti; molti, poi, si stupiscono quando scoprono che il motivetto che ritornava in mente altro non era se non il tal brano del tal autore...
La musica classica richiede attenzione consapevole per essere apprezzata; un ascolto attento ci riserva molte soprese nel percepire sensazioni, nello scoprire le linee melodiche di un brano, nell'avvertire una certa tensione. Affinando le conoscenze riusciamo a sentire la musica come parte importante della nostra stessa giornata, ecco allora la scelta di un'epoca, di un brano, di un autore.
Documentarsi per avere così una panoramica sugli autori più importanti: linea del tempo per segnare le tappe più importanti della musica; brevi biografie e guide all'aascolto e poi ascoltare ascoltare e ascoltare, con attenzione per cogliere sfumature, cambiamenti di ritmo, le sequenze di scale, i vari giochi del contrappunto, dialoghi fra orchestra strumenti e voci; quanto c'è da scoprire!
Ma non facciamo una "abbuffata" di una miriade di brani! Teniamo la mente e il cuore disponibili all'ascolto, con calma ci concentriamo ed ascoltiamo cercando di seguire il discorso musicale; riascoltiamo qualche passaggio per fissarlo meglio, qui la musica riprodotta è di grande aiuto. Lasciamo che un brano si "depositi" nel nostro animo e dopo qualche giorno lo riascoltiamo; ritorniamoci sopra più volte e sarà sempre una nuova emozione scoprire nuovi particolari; lo stesso faremo per un brano che al primo ascolto ci sembra ostico, difficile.
E ancora, per quanto ci è possibile, cerchiamo di ascoltare musica dal vivo. Nelle sale da concerto, nei teatri, nelle chiese possiamo apprezzare le voci, gli strumenti con la loro timbrica, con le sonorità arricchite o disturbate dalle armoniche, ma sempre un suono vivo palpitante, non freddo e direi "sterilizzato" come quello delle sale di registrazione. E poi la musica si gusta anche con gli occhi; quale emozione seguire il solista, gli orchestrali, il direttore ed alla fine del concerto ringraziarli con un caloroso applauso!

Per approfondimenti http://www.diesisebemolle.netsons.org

26 settembre 2008

"PALOMAR" di ITALO CALVINO

 di Gianni Quilici

Inizio a leggere. Non mi piace ed in più, tra parentesi, mi fa dormire.
Riconosco subito che è scritto benissimo.Anzi che è scritto troppo bene.
Come se Calvino per scriverlo avesse di proposito dovuto osservare, studiare, accumulando un sapere per poi dispensarcelo, ma un po' da studioso, un po' dall'esterno. Ogni capitolo, infatti, è una dispensa di sapere specifico: i formaggi, gli alberi, le onde e così via. Questi capitoli non si saldano, rimangono uniti sopratutto dalla figura di Palomar.

In più mi infastidisce questo signor Palomar (e la signora Palomar) sia come personaggio che nel rapporto che lo scrittore stabilisce con lui. Perché lo sento falso. Un rapporto paternalistico. Come se lo scrittore dicesse a Palomar e Palomar a se stesso:"Poverino!" C'è nel profondo una filosofia. E' una filosofia della vita come contemplazione del microcosmo, ma a differenza di un Peter Handke, stando fermi. Insomma più letteratura che vita.

Italo Calvino. Palomar. Einaudi.

21 settembre 2008

"GLI AUTORI INVISIBILI" di ILIDE CARMIGNANI

Recensione e foto di Gianni Quilici


E' uscito “Gli autori invisibili- Incontri sulla traduzione letteraria” di Ilide Carmignani, in cui l'autrice intervista alcuni tra i migliori traduttori italiani, e anche scrittori e editori, come Claudio Magris, Cesare Cases, Pino Cacucci, Renata Colorni, Serena Vitale, Paolo Nori, Susanna Basso, Delfina Vezzoli eccetera, eccetera.

Due parole su Ilide Carmignani. Nata a Lucca e ivi residente nel paesino di Torre, traduce da molti anni letteratura spagnola e ispanoamericana scrittori come Jorge Luis Borges, Luis Sepúlveda, Luis Cernuda, Carlos Fuentes, Almudena Grandes, Gabriel García Márquez, Mayra Montero, Pablo Neruda, Octavio Paz, Roberto Bolaño.

Perché si consiglia questo libro a tutti coloro che amano la letteratura non semplicemente come desiderio di evasione?

Primo, ti fa comprendere la complessità della traduzione, in modo fluido e immediato, e gli infiniti problemi che essa comporta: conoscenza della lingua di partenza e di arrivo, immedesimazione e capacità di ascolto, mediazione estetica e interpretazione.

Illuminante a questo proposito la risposta di Renata Colorni: “ Se fra le abilità precipue e indispensabili del traduttore c'è il talento letterario, il talento dello scrittore, e in particolare dello scrittore erratico, rapsodico, libertino, perché il traduttore è uno scrittore che oggi fa questo e domani quello, ebbene, questo talento non si insegna, così come non si insegna a diventare scrittori o poeti. Quello che si può insegnare è il serio e maniacale artigianato, la accanita consultazione dei dizionari, l'importanza della lettura di autori italiani coevi all'autore che si deve tradurre (...)”.

Secondo, ti fa capire chi è il traduttore: da una parte uno “strumento” decisivo per trasmettere “culture altre”; dall'altro -almeno in Italia- una figura professionale largamente sottovalutata e pochissimo pagata.

Terzo, delinea i numerosissimi problemi teorici, che ruotano intorno alla traduzione, in
modo aperto, discorsivo, problematico, lasciando eventualmente spazio al lettore di collegare, di sistemare.

Infine, diventa anche racconto: schegge di vita di traduttori e scrittori, di studiosi e editori; difficoltà e incontri, libri e innamoramenti, che lasciano tentazioni e risonanze.

Ilide Carmignani. “Gli autori invisibili”- incontri sulla traduzione letteraria- Prefazione di Ernesto Ferrero (Besa editrice, pag. 179, euro 14,00).

19 settembre 2008

"ESPLOSIONE COSMICA" di EDNA MAZ YA

recensione di Loredana Giannini

Ilan, maturo docente di astrofisica in terra di Israele, mi conquista fin dalle prime righe trascinandomi in un attimo nel suo complesso mondo interiore.

Un mondo pulsante di vita, di pensieri ma soprattutto di intense emozioni.
Un mondo parallelo alla sua vita reale, un mondo capace di raggiungere le più cristalline altezze dell’animo umano assieme alle più cupe bassezze che contempleranno anche un omicidio.
Un mondo che, naturalmente e senza alcuna forzatura, potrebbe anche essere il mio o di chissà chi altro.

Amore, tenerezza, senso di responsabilità, unite a paura, rabbia, violenza, attraversando tutte le sfumature possibili di questo molteplice sentire.

Un libro che mi ha tenuto “ostaggio” fino all’ultima riga, sballottata nel contrasto forte dei sentimenti che è proprio del protagonista e che, ovunque e comunque, mi prende con la potenza delle intensità emozionali sempre all’apice.

E come mio consueto, solo al termine della lettura, scorro le note sull’autore, anzi sull’autrice e confermano la mia sensazione:
… una donna, era ovvio, solo una donna infatti può scrivere così, riuscendo facilmente a viaggiare nelle intricata giungla interiore,
solo una donna riesce a farlo consapevole di riuscirci,
perché da secoli abituata ad esplorare il suo animo con la spada della determinazione e la forza del suo coraggio.

"Esplosione cosmica" di Edna Mazya. Edizioni E/O. Pag. 215. € 13.43.

18 settembre 2008

"Le dolci sorelle" di Pino Bertelli

di Gianni Quilici

Diciamo subito della bellezza della copertina, dove l’immagine libera e seducente di Marylin Monroe si armonizza graficamente con una scrittura mobile tra orizzontale e verticale, sullo sfondo d’un rosso sangue su cui spicca il bianco dei titoli. Magnifici i fotogrammi di attrici nell’inserto finale “Cinegrafie al femminile”, a cura di Luigia Scerra.

Ed il libro nel suo contenuto?
Confessiamolo: l’abbiamo letto qua e là, sorvolando spesso i film non visti. Il proposito: cogliere la visuale complessiva del ragionamento in cui si sviluppa il libro, leggere solo di quei film con cui sia possibile confrontare i propri ricordi e cerchiare i titoli di quei film, che, a prima vista, ci sono sembrati significativi. Un libro, insomma utilizzabile come strumento da leggere e, a volte, da sfogliare, ma soprattutto da riprendere via via che si visionano i film stessi. L’ho letto, tuttavia, sufficientemente, per esporre alcune impressioni.

Pino Bertelli è un critico, oltre che fotografo e filmaker, che, se necessario, usa la spada senza riguardi e misure. Però in questo libro c’è un amore dichiarato verso il soggetto del discorso, la donna, una sorellanza con l’altra da sé, considerata nella sua dolcezza, ma anche nella sua rabbia. Per questo Bertelli non si scaglia (quasi) mai contro le donne registe, anche quando forse potrebbe farlo. Preferisce approfondire i film, per lui, più centrali, e citarne molti altri.

Il primo merito di B. è di avere tracciato una storia del cinema fatto dalle donne, individuandolo cronologicamente e storicamente e sottolineando, in questo quadro, i film e le registe più interessanti. Alcune famose: Leni Riefensthal, Marguerite Duras, Agnès Varda, Margherethe Von Trotta, Marta Meszaros, Jane Campion; altre misconosciute o che lo sono diventate, come Maya Deren, Germaine Dulac, Esfir Ilinicna Sub, Shirley Clarke…

Il secondo merito è il linguaggio. Per un verso Bertelli utilizza una prosa poetica attraverso associazioni e metafore, che rinviano alla stagione simbolista e situazionista. Per un altro verso, in apparente contrasto, affronta il film oggetto di studio scrupolosamente con analisi anche dettagliate del testo, informazioni e eventuali confronti con l’apparato critico preesistente.

C’è infine un’ultima ragione che, insieme alle altre, determina il valore e l’originalità del testo: le scelte di Bertelli, che sono sue, non il prodotto in serie di altri libri. Un esempio: due, più o meno grandi, film (quasi) dimenticati: Sotto il selciato c’è la spiaggia e Germania, pallido amore di una regista (quasi) dimenticata: Helma Sanders Brahms, su cui Bertelli si diffonde a lungo.

Pino Bertelli. “Dolci sorelle di rabbia” -Cento anni di cinemadonna. Prefaz. Di Mirella Bandini. Belforte Cultura. (€ 24)

16 settembre 2008

"LE GRAND VOYAGE" di ISMAËL FERROUCKI

di Ilaria Sabbatini

(adattamento dell’articolo Hajj, il grande viaggio: da Marsiglia alla Mecca nel cuore dell’Islam, in «La porta d’oriente », anno 1, numero 3, pp. 139-145)

Primo lungometraggio del regista marocchino Ismaël Ferroukhi Le grand voyage è un percorso filmico per panorami in movimento, un diario visivo che racconta il pellegrinaggio islamico del hajj ponendosi a fianco dei protagonisti. Film pluripremiato, nonostante i riconoscimenti rimane un lavoro poco noto che varrebbe la pena sdoganare dall’etichetta di intellettualismo perché racconta l’antinomia dell’immigrazione tra recupero d’identità e necessità d’integrazione ma alla fine restituisce la questione della differenza culturale ad una dimensione universale e condivisa.
Il taglio inequivocabilmente documentaristico, rappresenta il primo tentativo di riprendere dal vero il grande pellegrinaggio alla Mecca. Perché di questo si tratta: del quinto pilastro dell’Islam che spicca tra i grandi riti islamici per i valori culturali e sociali di cui è portatore.
Viaggio alla Mecca è la stiracchiata traduzione italiana di Le grand voyage, titolo originale che non solo rende giustizia all’ampio respiro del film ma sopratutto rispetta la precisione del riferimento cultuale. Ferroukhi usa l’evento come una sorta di aleph borghesiano per osservare e raccontare il mondo religioso islamico. Non si tratta, infatti, di un pellegrinaggio tout court come si tende a semplificare parificandolo ai riti del mondo occidentale cristianizzato, ma del hajj, il grande pellegrinaggio che si compie solo nel mese di Dhū ’l-hijja in contrapposizione alla ‘umra, la visita, il piccolo pellegrinaggio.
La storia non è solo quella di un road movie di gusto mediorientale, come molte recensioni anche autorevoli hanno semplificato. Tutto è, questo film, tranne che un road movie perchè ogni evento si può leggere nella prospettiva della trascendenza: c’è una differenza sostanziale tra viaggio e pellegrinaggio, che dipende non solo dal fine ma anche dalla semantica stessa dell’andare.

14 settembre 2008

"CORTESIE PER GLI OSPITI " di IAN MCEWAN

Recensione di Gianni Quilici

Per buona parte del tempo ho provato fastidio e ammirazione.
Ammirazione per la precisione dei dettagli, in cui si colgono aspetti molto contemporanei di un rapporto di coppia: lontananza e affetto, indifferenza e sessualità.
Fastidio, perché (questi dettagli) producevano almeno nel sottoscritto
un'atmosfera quasi astratta, evanescente: una fatica a "vedere", a "sentire".

C'è, invece, il finale terribile e a sorpresa: un cambiamento di ritmo e di atmosfera.
Inquietante!

Ian McEwan. Cortesie per gli ospiti (The Comfort of Strangers). Traduzione di Stefania Bertola. Einaudi.
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"DUE PUNTI" di WISLAWA SZYMBORSKA

recensione di Gianni Quilici

Nella biblioteca minima dell'Adelphi sono apparse 17 poesie dal titolo prosaico “Due punti” di Wislawa Szymborska, poetessa polacca nata nel 1923 e divenuta famosa in tutto il mondo letterario per essere stata insignita del Premio Nobel nel 1996.

Wislawa Szymborska ha due peculiarità, che la distinguono dalla stragrande maggioranza dei poeti ufficiali: l'ironia tagliente sul quotidiano attraverso gli strumenti lessicali del più banale dei quotidiani e sopratutto un punto di vista originale nel rapportarsi alle cose che fa sorridere ed anche sorprende.

Ne consegue che i temi di cui tratta, l'unicità dell'essere, ma anche la casualità dell'esistere, l'amore e su tutto la morte sono alleggeriti, distanziati, relativizzati e forse per questo, in alcune poesie, resi più drammatici, più veri.

Si prenda l'inizio di questa poesia: “Disattenzione”.
Ieri mi sono comportata male nel cosmo./ Ho passato tutto il giorno senza fare domande,/ senza stupirmi di niente./ (...) Il mondo avrebbe dovuto essere preso per un mondo folle/ e io l'ho preso soltanto per uso ordinario/ Ero come un chiodo piantato troppo in superficie nel muro/ (e qui un paragone che mi è mancato).
Ecco in questi versi si danno la mano l'essere e il dover essere, l'ordinario quotidiano che individualmente si vive con lo straordinario del cosmo, il linguaggio dimesso dei versi con l'ispirazione trascendentale, sia pure contraddittoria, che essi contengono.

Detto questo, non sempre la poesia della Szymborska riesce a far balenare la Grandezza dalla Piccolezza; a volte i suoi versi rischiano di risultare un po' di maniera come se si facesse il “verso senza riuscire a volare”. Ma è soltanto l'eccezione checonferma la regola.

Wislawa Szymborska. Due punti. Biblioteca minima Adelphi. € 5.50.
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"Dalmatica" di Enzo Guidi

di Gianni Quilici

Colpisce subito, vedendo il libro, l'immagine di copertina disegnata da Antonio Possenti: un grande occhio, come una sorta di coscienza sul mondo, e il giovane romanticamente in viaggio tra l'azzurro del mare e la luce del sole. Così si presenta il primo romanzo di Enzo Guidi, lucchese, maestro elementare "sui generis" ed autore nel 2002 di un libro di successo, a metà tra racconto e saggio: "Breve storia di Lucca beat".

In "Dalmatica" protagonista è il viaggio nello spazio e nel tempo : quello intrapreso dal protagonista, in un ipotetico 2205, tra paesaggi innevati e placente di ghiaccio, alla ricerca del professor Dobro, una figura paterna e diabolica, custode della macchina del tempo, che gli permetterà di entrare in un altro viaggio: quello che un suo giovanissimo antenato provò a fare nel 1968 verso Istanbul. Viaggio che diventerà anche psicologico e mentale, che gli aprirà gli occhi verso altri "mondi possibili".

Un romanzo ambizioso, che non ha assolutamente niente di provinciale e che si misura, con la vivezza di una scatenata immaginazione, con uno dei problemi più radicali del nostro tempo: il controllo sociale, sempre più totalizzante, esercitato dalle società tecnologizzate, capaci di penetrare (e di controllare) l'individuo fin dentro le viscere dei sogni; e che fa scattare, come contrasto, l'irriducibile desiderio di libertà e di unicità, che il protagonista del romanzo incarna.

Enzo Guidi riesce a creare, quasi danzando, uno spaventoso mondo del futuro, gelido e morbidamente totalitario, lo rende credibile con un linguaggio ricco e circostanziato, capace di infondere musicalità e visionarietà alla storia.

Ma forse l'elemento più profondo e affascinante di "Dalmatica" è la fusione tra la struttura ideologico-letteraria complessa e la tensione poetica che trasmette, soprattutto nella seconda parte: il viaggio del giovane verso Istanbul. C'è qui nel protagonista, avvolto nella luce e nel paesaggio mediterraneo più orientale, la grazia adolescenziale quasi indifesa, di chi è adulto, ma ancora non conosce bene la vita, e questo candore è però consapevole, valuta, ha stile e distacco, ma insieme è anche tenero, sognante, desiderante. Il finale è geniale per la sua asciutezza: il romanzo finisce laddove era iniziato, circolare, ma aperto, come testimonianza dell'io narrante, che diventa anche rivolta all'ordine costituito.


Enzo Guidi. Dalmatica. Ediz. ETS, pag. 137, € 10,00. prefazione di Daniele Luti.
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03 settembre 2008

QUATTRO ORE A CHATILA CON JEAN GENET

di Gianni Quilici

Primo: un euro soltanto per questo intervento dal vivo di Jean Genet in versione originale, tradotto a fianco da Marco Dotti.

Secondo: la registrazione pietosa e impietosa, cioè vera, del massacro a Chatila il 16 e 17 settembre 1982. Genet riesce ad entrare nel campo dei cadaveri due giorni dopo: il 19 settembre.
Scrive:
"Ma quante mosche! Se sollevavo il fazzoletto le disturbavo. Inferocite dal mio gesto, arrivavano a sciami sul dorso della mia mano, cercando nutrimento. Il primo cadavere che ho visto è stato quello d'un uomo di cinquanta, sessant'anni. Avrebbe avuto una corona di capelli bianchi se uno squarcio (un colpo d'ascia, mi è parso) non gli avesse aperto il cranio. Una parte nerastra del cervello era a terra, accanto alla testa... Il corpo era accasciato in un mare di sangue, nero e coagulato"

Terzo: l'amore verso i fedayn, uomini e donne, che gli sembrano bellissimi, perchè stanno
attraversando un processo liberatorio.
Scrive: "Una rivoluzione non è tale quando non ha fatto cadere dai volti e dai corpi la pelle morta che li avviliva. Non sto parlando di una bellezza accademica, ma dell'impalpabile -innominabile- gioia dei volti e dei corpi, delle grida, delle parole che là finiscono di essere morte ...".

Infine: Genet introduce nella sua scrittura continui punti di rottura cronologi e stilistici come se la vita fosse più irruenta della scrittura stessa.

Quattro ore a Chatila (Quatre heures à Chatila) di Jean Genet. Stampa alternativa. Pag. 63. € 1.

SARDEGNA 1932, UN VIAGGIO DI ELIO VITTORINI

di Gianni Quilici

Libro di viaggio. Si percepisce una letterarietà, che non rimane però maniera, bella pagina che si esibisce, perché è tutta protesa dentro la vita, ciò che vede e che sente.
Un viaggio di 30 giorni, anno 1932 lungo una Sardegna arcaica da sembrare mitica, un presente che Vittorini coglie con gli occhi precisi, di chi conosce i dettagli di oggetti, paesaggi, e che li rappresenta a livelli stratificati: come descrizione oggettiva, come associazione, infine come trasfigurazione.

E' soprattutto un viaggio dentro il piacere di vivere, il piacere del corpo, il piacere dello sguardo. Piacere quasi adolescenziale, la Sardegna come un'infanzia. La Sardegna e Vittorini stesso. Da leggere prima, per progettare e durante, per meglio intendere, un viaggio in Sardegna.

Elio Vittorini. Sardegna come infanzia. Oscar Mondadori