26 novembre 2008

IL BALLO di Irène Némirovsky

di Gianni Quilici

Scopro soltanto ora Irène Némirovsky (nata a Kiev nel 1903 e morta a Auschwitz nel 1942) e il suo straordinario romanzo (breve) “Il ballo”, pubblicato a soli 25 anni .

La storia non va raccontata. Solo l'inizio. Protagoniste Antoinette, una ragazzina 14enne e la mamma, madame Kampf, moglie di un ebreo arricchito, che, smaniosa di affermazione sociale, decide di organizzare un grande ballo per consacrare il suo nuovo status, da cui viene, però, categoricamente esclusa Antoinette...

E' un piccolo gioiello, che le adolescenti per prime dovrebbero leggere, perchè crea piacere per il pathos della storia e un processo di partecipazione e/o identificazione (alta), che aiuta a capire e a capirsi.

C'è, infatti, l'adolescenza, quella vera: acuta e spietata nel cogliere la pochezza e le ipocrisie degli adulti; e però desiderosa di vivere un “altrove”, che ancora non si conosce, che soltanto si immagina, ma che si vuole provare immediatamente.

C'è una società ormai decrepita al tramonto -quella aristocratica più che borghese – ma la cui scala di valori è sempre presente almeno nei sogni della piccola borghesia diventata ricca.

C'è una scrittura non da educande, come sostiene Alberto Bevilacqua, ma diretta, fluida, essenziale, che diventa, per i contenuti, affilata e atroce.
Il ballo acquista una risonanza metaforica ed insieme dialettica: per un verso solitudine e vuoto, dolore e catastrofe di un mondo alla fine; per un altro, e come contrappunto, desiderio di un futuro che non si intravade di un'adolescente però viva e vitale, che questo futura ardentemente desidera.

Irène Némirovsky. Il ballo (Le bal). Traduzione di Margherita Belardetti. Piccola Biblieteca 527. Adelphi. Pag. 83. € 7.

24 novembre 2008

Aspetti della musica nel periodo Barocco.

di Nicola Amalfitano

Tra il XVII e il XVIII secolo, pur con sfumature e intensità diverse, in Europa si diffonde il fenomeno stilistico definito Barocco.
Caratteristica di questo nuovo movimento artistico, dalle forme esuberanti ed esasperate, è la ricerca dello stupore, della meraviglia. Gli artisti attingono anche a temi mitologici e della natura, si esprimono in modo ampolloso, magniloquente e spesso il loro stile esagerato risulta stravagante, bizzarro e grottesco.
Il Barocco, in ambito musicale, si colloca tra il 1600 e il 1750. Dalla fine del 1500, con la codifica definitiva delle regole dell'armonia ad opera dello Zarlino, si affermano i due modi principali della musica moderna: la tonalità maggiore e la tonalità minore; il sistema modale, non più in grado di assolvere alle esigenze di un completo cromatismo, viene man mano sostituito dal sistema tonale.
In Europa si assiste ad uno scambio intenso d’influssi stilistici, mentre si affermano nuove forme espressive: la monodia accompagnata dal basso continuo, la sonata a tre da chiesa e da camera, l'oratorio, il concerto, l'opera, le musiche per strumenti a tastiera.
Se i musicisti del Rinascimento privilegiano sonorità nitide, ben definite, allo scopo di tenere distinte le linee della polifonia, i compositori del Barocco adottano timbriche più morbide, idonee a creare impasti sonori sempre più complessi e arzigogolati.
Il contrappunto e la fuga, i cambi repentini di tempo, i virtuosismi strumentali e vocali, l'improvvisazione come prassi esecutiva, caratterizzano la produzione musicale; lo scopo essenziale è quello di stupire e divertire l'ascoltatore.
Si sperimentano nuove tematiche e nuove forme espressive, molti compositori trovano ispirazione nella mitologia e negli elementi della natura; l'ultimo periodo del Barocco è caratterizzato dalla ricerca di equilibri matematici, di simmetrie tendenti a determinare una suddivisione logica dei ruoli solistici e di gruppo.
Anche gli strumenti musicali si adeguano alla nuova realtà e si modificano per meglio interpretare partiture dense di sfumature e di contrasti.
Il modo ampolloso di fare musica, la ricerca della spettacolarità ad ogni costo, determinano l'immediato aumento degli strumentisti annessi alle cappelle; assume grande importanza la figura del virtuoso solista, vocale e strumentale. Adesso, molto più che in passato, si scrivono brani per un preciso strumento e se ne mettono in risalto la resa cantabile e gli aspetti virtuosistici; nel canto, l'improvvisazione ornamentale è lasciata alla discrezione dei cantanti e questo, a volte, dà luogo a virtuosismi fine a se stessi.
Per grandi linee, possiamo definire tre tipologie di indirizzo: lo stile concertante italiano, lo stile contrappuntistico tedesco e lo stile strumentale francese; in questa tripartizione distinguiamo, poi, la produzione strumentale da quella vocale.
Lo stile italiano presto si afferma in tutta Europa: il concerto grosso, il concerto solistico, la cantata sacra, l'oratorio, l'opera, sono modelli e fonte di ispirazione per molti autori. Nei paesi dell'area tedesca sorgono importanti scuole dove il contrappunto raggiunge altissimi livelli. La Francia vede l'affermarsi di nuove forme autonome; in campo strumentale la suite di danze sostituisce il concerto grosso, in campo teatrale si sviluppa la "tragédie-lyrique", che obbedisce a regole metriche più rigide rispetto al recitativo italiano.
Tra i musicisti più rilevanti di questo secolo e mezzo di storia, ricordiamo capiscuola quali: Carissimi, Corelli, Vivaldi, Monteverdi in Italia, Rameau e Couperin in Francia, Buxtehude e Telemann in Germania, Purcell in Inghilterra.
Fra tutti giganteggiano Bach e Haendel.

15 novembre 2008

POTERE E SALVEZZA di Jan Assman

recensione di Emilio Michelotti

L’analisi del rapporto fra politica e redenzione nelle società antiche dà modo a Jan Assmann (Potere e salvezza – Einaudi, 2002) di delineare un percorso che, per cenni e suggestioni, giunge, attraverso il cristianesimo, l’assolutismo e gli universali della modernità, fino a noi.

Poststrutturalismo e poststoricismo, estenuati dall’abbraccio del XXI secolo, generano, attorno all’idea di una contemporaneità culturale fra epoche anche lontanissime, figure emblematiche di studiosi, come Assmann in Germania e Carlo Ginzburg in Italia.

Le due tesi di fondo, innovative e sorprendenti, del volume, hanno implicazione neoaristotelica l’una – sarebbe la politica a fondare il bisogno di soprannaturale, “inventando” la religione, e non semplicemente usandola, come nella tradizione marxista - , antiplatonica e antikantiana l’altra – ogni sistema cultuale possiederebbe un segreto nucleo ateistico, ossia non troverebbe riscontro in verità esterne a noi (e neppure inscritte dentro di noi) ma in contingenze storiche impostesi come necessità.

Negli antichi culti indagati – egizio, mosaico, delfico-eleusino, ecc. – la duplex religio emerge infatti non come una costante universale ma come la costante ossimorica di una politica volta all’ ‘identico rinnovamento’, che si fa forte dell’ ‘accomodatio dei’ perché una religione di per sé sconvolgente e pericolosa (“immotivabile”, secondo Maimonide) possa divenire socialmente utile e produrre solidarietà, introducendo ricompense e punizioni.

Come i testi di Freud sull’età del bronzo, da Assmann ampiamente citati, come il suo recupero del mito arcaico, anche questo, che va inteso come una narrazione storico-letteraria, tende più a decodificare il nostro tempo che quello antico, introducendo forti elementi psicoanalitici nell’indagine storica.

Jan Assman. Potere e salvezza. Einaudi 2002

14 novembre 2008

La musica rinascimentale.

di Nicola Amalfitano

Il termine "musica rinascimentale" definisce la musica colta, composta in Europa tra il XV e XVI secolo. Nel Rinascimento, mentre giunge a maturità la polifonia vocale, si intensificano i processi che porteranno alla definitiva affermazione della musica strumentale come espressione artistica autonoma. Lo sviluppo della polifonia determina il nascere di nuovi strumenti in grado di accordarsi ai vari, definiti, registri vocali. Il liuto, con le varianti arciliuto, tiorba, chitarrone, domina incontrastato nelle corti; nuovi strumenti vengono costruiti applicando una tastiera al salterio: il cembalo, il virginale, il clavicordo.

In questo periodo si affermano la Frottola, il Madrigale, il Mottetto e la Messa. La Frottola è una composizione di genere popolaresco, di solito a quattro voci; nata in piazza e fiorita nelle corti italiane, si evolve nel Madrigale polifonico, una forma più artistica, basata su testi di autorevoli poeti e rispettosa della metrica. Tra i più grandi madrigalisti italiani dobbiamo, assolutamente, ricordare Gesualdo da Venosa e Claudio Monteverdi. Il Mottetto, in origine di carattere profano, diventa di genere religioso quando i polifonisti attingono a testi biblici o evangelici. La Messa polifonica è una forma musicale di ampio respiro; comprende tutte le parti della liturgia in lingua latina, l'esecuzione è vocale ed è denominata "a cappella" in riferimento al luogo dove si disponevano i cantori. Le musiche sono generalmente composte per quattro voci, soprano, alto, tenore, basso e sono eseguite da complessi vocali con o senza accompagnamento; iniziano a formarsi anche complessi solo strumentali organizzati per "famiglia" (fiati, archi). La nascente musica strumentale, che dalla polifonia vocale assimila la struttura, acquisisce dai movimenti della danza i contenuti ritmici e dinamici che le consentono di potersi proporre e affermare come espressione artistica a sé stante. I vari ritmi lenti e veloci che si alternano nelle composizioni musicali danno poi il nome ai movimenti che noi conosciamo come Suite, Partita e Sonata.

L'avvento della stampa rappresenta un formidabile propellente per la divulgazione e la conoscenza della musica; nascono trattati musicali, raccolte monografiche e antologiche,metodi didattici. Nel 1511, a Basilea, si pubblica l'opera del monaco Sebastian Virdung "Musica getusch und angezogen", che descrive gli strumenti dell'epoca e li classifica in base al modo di riprodurre i suoni. Un altro importante trattato è "Musica instrumentalis deudsch" di Martin Agricola, pubblicato nel 1529. Ricordiamo ancora il "Fronimo" di Vincenzo Galilei, pubblicato nel 1568 per lo studio del liuto. Notevole è l'opera di Michael Praetorius "Sintagma Musicum", un trattato in tre volumi destinato soprattutto ai musicisti ed ai costruttori di strumenti musicali; caratteristica unica di quest'opera è il supplemento "Theatrum instrumentorum seu Sciagraphia", dedicato alla raffigurazione degli strumenti musicali attraverso una serie di accuratissime xilografie.

Nel Rinascimento, la musica profana è soprattutto musica di corte. Spicca in questo
periodo la figura del mecenate. Il "signore" ospita e mantiene alla sua corte letterati,musicisti, pittori per tenere alto il prestigio della casata. Le corti dei Medici, dei Visconti, degli Estensi, dei Gonzaga e dei Montefeltro sono centri di esecuzione musicale e diventano punto di riferimento per tutti i musicisti d'Europa. È il periodo delle "Accademie" che, sotto nomi diversi, riuniscono scienziati e artisti. Giova mettere in evidenza la "Camerata de' Bardi" o "Camerata Fiorentina": da essa trae origine una nuova forma di rappresentazione teatrale, il "recitar cantando". I versi del poeta Ottavio Rinuccini sono messi in musica da Jacopo Peri e Giulio Caccini: è questo il primo germe del teatro musicale moderno.

La musica sacra trova i massimi riferimenti nelle sedi di Roma e Venezia. Alla Scuola Romana sono legati musicisti della Santa Sede e della Cappella musicale pontificia; lo stile riflette ancora la tradizione gregoriana e vede in Giovanni Pierluigi da Palestrina il suo più grande e significativo rappresentante. La Scuola Veneziana, sorta presso la Basilica di San Marco, instaura uno stile innovativo con l'apporto di musicisti fiamminghi e veneziani. Adriano Willaert, ma soprattutto Andrea e Giovanni Gabrieli, zio e nipote, adottano la tecnica dei "cori battenti" (disposizione contrapposta e sovrapposta di voci) per creare effetti sonori di grande solennità.
Alla fine del 1500, mentre stiamo per entrare nel periodo barocco, il trattato "De Institutioni Harmonicae" del veneziano Gioseffo Zarlino, codifica in maniera definitiva le regole dell'armonia con la suddivisione dell'ottava in intervalli di dodici toni; un sistema basato su scale di maggiore e minore che è alla base del moderno sistema musicale.

12 novembre 2008

"LA VITA FA RIMA CON LA MORTE" di Amos Oz

recensione di Gianni Quilici

L'inizio del romanzo è questo:
“Tali sono le questioni fondamentali: perché scrivi. Perché nella fattispecie scrivi proprio in quel modo. Ti interessa influenzare i tuoi lettori e in caso affermativo – in quale direzione cerchi di influenzarlo. Qual è il compito delle tue storie. Cancelli e correggi continuamente o scrivi direttamente per ispirazione. Com’è essere uno scrittore famoso, che effetto fa alla tua famiglia. Perché descrivi quasi esclusivamente gli aspetti negativi. Che ne pensi di altri scrittori, chi ti ha influenzato e chi non sopporti. Fra parentesi, come definisci te stesso?”

E' il romanzo del rapporto dello scrittore con se stesso, con la propria immaginazione. E' lo scrittore che vivendo non si dimentica che scrive. E' lo scrittore che vive come se stesse scrivendo, mescolando lo sguardo, le impressioni con una storia, con più storie che si intersecano, che si fermano, che mutano.

Siamo a Tel Aviv: è estate. E' una sera calda e umida.
Alla vecchia Casa della Cultura sta per iniziare la presentazione del libro dello Scrittore.
Lo scrittore si trova, lì vicino, in un piccolo caffè. Qui osserva: una cameriera con la minigonna e il seno alto, un paio di belle gambe piene, viso carino, luminoso con le sopracciglia che si toccano e sotto la gonna il contorno delle mutande. .. Mentre aspetta l'omelette lo scrittore prova a tratteggiare il primo amore di questa cameriera....osserva due tipi loschi... una vecchia signora con le gambe gonfie...
Lo Scrittore compare in sala con ritardo. Seduto appare distaccato, con un camiciotto leggero,dei pantaloni kaki e un paio di sandali. Assorto osserva il suo pubblico, attento, sudato, quasi volesse borseggiarlo. E tra il pubblico la ragazza esile, intimidita, bella ma non attraente, il giovane poeta depresso, il responsabile della Casa della Cultura, l’esperto di letteratura, l’appassionata di letteratura, l’anziano insegnante, la donna curiosa e non colta, l’impiegatuccio occhialuto e spigoloso e sua madre, l’accordatore di pianoforti.

Su questi personaggi imbastirà una storia passeggiando fino a notte fonda per le vie.
Funziona?
No, non funziona. C'è dentro troppo tavolino, troppa presenza dello scrittore che elabora, inventa. Per funzionare forse avrebbe dovuto perdersi e perdere (di più) la storia, divenire flusso più incontrollato tra presente-immaginazione-ricordo. C'è invece troppo ordine, troppa cronologia, troppo controllo.

Amos Oz. La vita fa rima con la morte. Trad. Elena Loewenthal. Pag. 106. Feltrinelli, 2008. € 10.

11 novembre 2008

EVARISTO BASCHENIS. Un pittore per la musica.

di Nicola Amalfitano

Il pittore bergamasco Evaristo Baschenis (7 dicembre 1617 – 16 marzo 1677)riveste un ruolo molto importante nel panorama musicale del XVII° secolo. Non si hanno notizie certe riguardo ai suoi maestri ed alla sua formazione artistica; di certo sappiamo che dal 1643 è noto come "Prevarisco" per il suo stato sacerdotale.
Il nuovo genere di natura morta a soggetto musicale, da lui ideato e codificato, costituisce, di fatto, una fonte sicura e autorevole per lo studio e la ricerca in ambito musicologico, in quanto nei suoi dipinti troviamo raffigurati gli strumenti normalmente in uso nell'Italia del nord, nel corso del 1600.
Di grande abilità pittorica, cura con attenzione anche i più piccoli particolari,tanto che i suoi lavori sono straordinariamente realistici: un'atmosfera misteriosa circonda gli oggetti, gli strumenti musicali sono definiti in ogni minimo dettaglio ed è anche possibile leggere le note sugli spartiti.
Dai dipinti, quindi, non solo possiamo trarre moltissime informazioni circa gli strumenti usati, ma possiamo anche stabilire con certezza che la "sonata con basso continuo" era il genere musicale più in voga in quel tempo.
Nelle opere di Baschenis, la figura umana è quasi sempre assente. Il Trittico Agliardi, considerato il suo capolavoro, comprende, invece, due doppi ritratti di suonatori; nella pala centrale del trittico sono raffigurati strumenti musicali, nelle due laterali è rappresentata l'Accademia musicale formata dai tre fratelli Agliardi e dallo stesso Baschenis alla spinetta. Alcune sue opere sono esposte a Bergamo, Milano, Bruxelles.

Musei on-line

Metropolitan Museum of Art, New York City
Museum of Fine Arts, Boston
Galleria sul WEB

09 novembre 2008

LINEA NOTTE - Tg 3 -

di Gianni Quilici

“Linea notte” è l'approfondimento del TG3, che sostituisce "Primo Piano".
Pensavo che fosse un modo per eliminare uno spazio politico “vivace”, presente poco dopo le 23, per sostituirlo con un altro “soporifero”, in onda poco dopo le 24.
Non è così.

Quali sono, allora, gli aspetti decisamente positivi di “Linea notte” in una congiuntura politico-culturale, in cui la necessità dell'opposizione si fa sempre più stringente?
1) L'approfondimento delle notizie;
2) uno sguardo che va oltre l'Italia;
3) un collegamento continuo con le notizie fresche, che arrivano dall'ANSA;
4) la presenza in studio di personaggi (da giornalisti a intellettuali, da artisti a uomini e donne di spettacolo), che non sono i soliti politici-giornalisti, che saltano da uno studio all'altro, onnipresenti.

Provate, infatti, ad andare su "Porta a porta", che è più o meno in contemporanea.
Un odore di muffa: il salotto dove si chiacchiera con i soliti personaggi, i soliti vetusti riti con un conduttore la cui ipocrisia è pari solo alla sua acidità.

08 novembre 2008

L'ABICI' DELLA GUERRA di Bertolt Brecht

di Gianni Quilici

69 poesie di Brecht, che poetizzano a latere altrettante fotografie.
Poesie e immagini che diventano racconto. L'orrore della guerra e del nazismo secondo Brecht.

Come nasce?
"L'Abicí della guerra" nasce come convergenza di due interessi di Bertolt Brecht: le immagini e la poesia epigrammatica. Da qui nacque un genere letterario inedito, l' “epigramma fotografico”, al quale il poeta si dedicò in particolare negli anni dell'esilio. Nel dopoguerra, Brecht diede poi una precisa struttura al materiale, e lo articolò cronologicamente e tematicamente dal riarmo della Germania fino alla sconfitta del nazismo. Superate le resistenze della Rdt, la raccolta venne pubblicata a Berlino est nel 1955.

Sono poesie intense che si intersecano magnificamente con l'immagine. Brecht sa cogliere quello che Roland Barthes in “La camera chiara” definisce il “punctum”, ciò che punge. Inoltre spesso si fa personaggio della foto e l'uso di un lessico semplice e della rima baciata o alternata, per la loro immediatezza, attraverso la bella traduzione di Roberto Fertonani, diventano quindi “esemplari”.

“L'abicì della guerra” fornisce molti spunti sulla 2a gerra mondiale: cause, conseguenze, fatti, ideologie ed in più consta di un'appendice con una nota per ogni foto-poesia.

Un libro utilissimo anche didatticamente. L'epigramma fotografico consente, infatti, di avvicinarsi forse più da vicino di un libro di testo all'interno di questa epoca, sia per le immagini, che hanno una loro forza, che per le poesie, che colpiscono nelle profondità.

Bertolt Brecht. L'abicì della guerra (“Kriegsfibel”), a cura di Renato Solmi e del CCM di Torino. Pag. 162. Einaudi.