24 settembre 2020

“Evelina ed il suo segreto” di Silvia Chessa

 


        Ho visto tanti video della famosa danzatrice di origine lettone Evelina Godunova, e mai, in nessun istante, neppure nel momento di maggiore tensione e sforzo massimo, neppure durante gli allenamenti, le sue mani perdono l'eleganza e la grazia .. le mani, così come le braccia, sono importanti, perché possono tradire una inadeguatezza, una rigidità, e sbilanciare il tutto.

       Ma lei ha quel complesso armonico perfettamente in equilibrio, una naturale soavità e leggiadria, anche nel viso, un portamento unico..che deve esserci un segreto in quel risultato così atipico ed incantevole. Le sue braccia e mani hanno gesti inusuali rispetto a quelli contemplati in tutte le altre danzatrici classiche: le braccia si ripiegano su se stesse in modo flessuoso e poetico, le mani sfiorano, cercano, incorniciano il viso, quasi a creare un'ulteriore danza nella danza. Braccia e mani eseguono, in parallelo, uno spartito che solo Evelina sembra conoscere, per averlo, mentalmente, sovrascritto sulla musica sulla quale si esibisce, e così la parte superiore del suo corpo vola e va comunicando altro ancora da ciò che le gambe e il busto vanno interpretando e dicendo, con tecnica forza ed elasticità.

       Un volto, una figura, quella di Evelina danzante, che non può essere confinata in un secolo o in un ruolo: vestale, poetessa, attrice del passato...indossa ogni epoca ed ogni linguaggio del corpo, passando dal mistico al sensuale. E accompagnando, i passi, alle sue espressioni facciali, distese come se invece di danzare stesse componendo versi seduta ad uno scrittoio ottocentesco, rapita ed ispirata dall'alto o da un remoto altrove.

        È tutto, ma rimane sempre se stessa. Per me, una delle più inarrivabili, che credo incarni, più di ogni altra, il modello di danzatrice (danzatrice ed attrice) pensato da Pina Bausch, ma conferendo ad esso un ulteriore carattere poetico, di mitezza e di incanto, innato in lei e perfettamente compiuto nel suo spartito musicale per mani e braccia danzanti.

22 settembre 2020

“Natalia” di Olivo Ghilarducci

 


di Marisa Cecchetti

                 E un romanzo d’amore e di dolore, Natalia, di Olivo Ghilarducci, sullo sfondo di una società che cambia sia dal punto di vista economico che sociale, ma carica ancora di squilibri nel rapporto tra classi.

               Lucca ne è coprotagonista e si apprezza la ricostruzione di scorci, il recupero di tradizioni e di una cultura cresciuta su rigide convenzioni, quando economia e cattolicesimo erano strettamente legate fino ad essere complici.

             Personalmente sento questa storia come una seconda puntata- quasi fossimo dentro una fiction- del primo romanzo di Olivo Ghilarducci, Le braccia la collo.  Si coglie lo sviluppo della contrastata storia d’amore di quei due giovani, Franco e Giuliana, protagonisti del romanzo precedente. Compare infatti ancora una volta la differenza di classe sociale  -siamo negli anni ’70 in una città estremamente conservatrice-  che fa da impedimento alla realizzazione di un amore.

            C'è ancora una famiglia della buona borghesia -quella che ha la solidità economica basata sui commerci e sull’artigianato che, in modo più o meno scoperto, ma sempre garbato, col ben noto garbo lucchese, dà un indirizzo ed una svolta alle decisioni ed alle scelte affettive della figlia.

              Lei, Natalia,  è ancora una volta una figlia debole, che non osa andare controcorrente, abituata ad una vita  di agi e senza rinunce, che alla fine sceglie la comodità che il buon livello sociale le può continuare ad offrire, rinunciando ad un amore  più profondo e vero verso un giovane di umile famiglia e di modeste prospettive di vita.

                     Ma è destinata a pentirsene. Questa donna  che appare vittima delle raffinata politica materna, è la ragione stessa del proprio male.

                 Si percepisce quasi una volontà punitrice dell’autore nel costruire il percorso della giovane, come a dire, ecco come va a finire la vita di una donna che ha rinunciato al suo grande amore, ecco le conseguenze della scelta di Giuliana allora, ed ora di Natalia.

             Amavi me ma non hai lottato per me, guarda quali possono essere le conseguenze. Ed ora il meschino abbandonato si chiama Renzo.

                   L’autore  tuttavia alla fine raccoglie e salva  Natalia dandole umanamente una possibilità di riscatto, quando da adulta scopre l’amore per il marito Dario, colui che ha sposato tra pianti di dolore.

                   Dario è la sua vittima, non è un traditore, anche se ha cercato una relazione consolatoria come conseguenza della freddezza della moglie nei suoi confronti.

                   Il romanzo, di agevole lettura,  ha voluto sintetizzare un periodo lungo, dalla nascita di Natalia alla sua età avanzata, e ciò ha costretto ad affrettare tanti passaggi ed a riassumere rapidamente la vita dei personaggi che le ruotano intorno.

                  Se il primo romanzo si connotava, accanto alla storia di un amore infelice, per il suo aspetto di ricostruzione storica del ’68, Natalia rimane  un romanzo d’amore.

 Olivo Ghilarducci Natalia, Tralerighe libri 2020, pag. 184, € 16,00

 

 

 

 

 

 

"Un ponte di libri" di Jella Lepman

 


L’autobiografia di Jella Lepman, instancabile organizzatrice di cultura

 

Libri e bambini per cambiare il mondo

 di Luciano Luciani

                    Tedesca di Stoccarda, dove nasce nel 1891, giornalista, scrittrice, Jella Lepman nel 1936, con i due figli, lascia la Germania dove, come ebrea le è impedito di lavorare. Dopo una breve sosta in un’Italia sempre più vicina a Hitler e al nazismo, Jella si stabilisce in Inghilterra. Con lo scoppio della guerra collabora con la BBC e l’American Broadcasting Station in Europe (ABSIE). Nel 1945 accetta di ritornare nella Germania devastata dal conflitto. C’è da ricostruire il suo Paese e le rovine non sono solo materiali, ma morali, culturali, psicologiche… In qualità di consulente pedagogico-culturale dell’esercito USA, Jella inizia ad occuparsi delle disastrose condizioni dell’infanzia tedesca. Sua intenzione è quella di creare per i bambini tedeschi un clima culturale agli antipodi di quello nazionalsocialista e, invece, ricco di valori quali l’accoglienza e la solidarietà, l’amicizia e la pace: questa la strada giusta per contrastare i danni provocati dal nazismo nella mentalità e nelle coscienze dei giovani e giovanissimi tedeschi. ”Poco a poco facciamo in modo di mettere questo mondo sottosopra nuovamente nel verso giusto, cominciando dai bambini. Mostreranno agli adulti la via da percorrere”: perché, sono parole sue, “tutti i bambini sono ugualmente innocenti” e “tutti i bambini hanno pari diritti”.

Per questa infaticabile organizzatrice di cultura “la letteratura può salvare vite”: da una tale idea forte nascerà nel 1946 la prima Mostra Internazionale di Letteratura per bambini. Un fatto ancor più straordinario se si considera che si trattava del primo evento culturale a carattere internazionale dell’immediato dopoguerra, mentre ancora agivano in Europa i veleni del nazifascismo, di un conflitto atroce appena terminato e la scia pestifera e contagiosa delle rappresaglie e delle vendette.
L'iniziativa, portata avanti con continuità, dà vita, a partire dal 1949 e con un fondo iniziale di oltre 8000 volumi, alla Internationalen Jugendbibliothek di Monaco, a tutt’oggi un punto di riferimento fondamentale per chiunque si occupi di editoria e letteratura per l’infanzia. Jella la dirigerà fino al 1957.

Al suo impegno indefesso in favore dell’infanzia si deve nel 1952 la Conferenza internazionale per promuovere la pace nel mondo attraverso un ponte di libri per l'infanzia: nasceva Ibby (International Board on Books for Young People) che oggi comprende più di settanta Paesi e ha lo scopo di promuovere la conoscenza del libro di qualità per i più giovani. Anche l’Italia ha la sua sede IBBY, a Bologna.

Nel 1956 la Lepman è tra i cofondatori del Premio Hans Cristian Andersen, una sorta di Nobel della letteratura per ragazzi.

Jella muore a Zurigo nel maggio 1970

 In occasione del cinquantesimo anniversario della sua scomparsa la benemerita casa editrice Sinnos, per la traduzione e la cura di Anna Patrucco Becchi, (Jella Lepman, Un ponte di libri, Sinnos Editore, 2018, pp. 208, euro 15,00) ha voluto riproporre al pubblico dei lettori italiani l’autobiografia di questa donna straordinaria convinta che in tempi difficili i bambini e i libri possano davvero cambiare il mondo. Dal profondo.