25 giugno 2013

" Libri per la nostra estate"




LA DOMANDA:
cosa suggerite di leggere (un libro almeno con una motivazione anche brevissima) per questa estate... tempi più lunghi..e forse più raccolti?


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Ilaria Sabbatini Io consiglio vivamente "Visibilmente crudeli. Malviventi, persone sospette e gente qualunque dal Medioevo all'età moderna" di Giacomo Todeschini. Servirà a capire molte cose di come si forma un pregiudizio.

Simona Cappellini 2666 di Bolano..

 Michele Constantine Marguerite .Duras, L'amante

Giovan Sergio Benedetti Per il mio bisogna aspettare ottobre, ma nel frattempo, come non credente consiglio un po’ di Bibbia, sul serio
 
Francesca Dossena "I Capricci del destino" bellissimi racconti di Karen Blixen

  Nevelya Alyveen Tempo di uccidere di Ennio Flaiano.

Irene Balducci "Geografia commossa dell'Italia interna" di Franco Arminio ed. Bruno Mondadori - 2013. Perchè Franco è un poeta, perchè ha uno sguardo lungo con cui ama le cose piccole, perchè crede che la politica abbia bisogno di poesia.

Alda Trovatelli concordo in toto con Irene Balducci. Arminio è poesia, gentilezza ed è pure bello lui

Marco Ciaurro Io sto rileggendo "I fuochi del Basento" di Raffaele Nigro ed è un gran bel libro. Di Roland Barthes "Critica e verità" è senz'altro tra io suoi quattro o cinque capolavori

Cosima Di Tommaso  ’Un amore’’, Dino Buzzati, Oscar Mondadori, 1995
Magnifico Buzzati in un romanzo erotico (apparentemente). Egli dipinge mirabilmente, le sfumature relative al sentimento d’amore e morboso, vissuto dagli occhi, dalla pelle, dal sentire di un uomo. Stupefacente non tanto o, non solo, per il fatto narrato in sé, quanto per la precisione oggettiva della lingua.
E’ un libro che ‘’prende’’ molto, avvinghia il lettore.
[...]
''Solo, e nessuno era in condizione di aiutarlo e neppure di capirlo, forse di compatirlo neanche. E il lavoro, la famiglia, gli amici, le serate in compagnia non gli dicevano più niente, intorno a lui tutto era vuoto e senza senso. Non si era liberato, ecco la questione, non si era affatto liberato.''
pag. 135

Nevelya Alyveen "Muri" di Claude Quétel

Patrizia Manganaro Nei tempi più raccolti, ad esempio prima di dormire, tempo breve e raccolto anche perché è un tempo intimo, in cui si può pensare in silenzio, un tempo indisturbato che aiuta ad immergersi, inviterei a leggere due titoli, abbastanza freschi, contemporanei, da leggere a perdifiato, appunto in una sera, al massimo in due.
 Il primo, il più veloce per coinvolgimento emotivo è '' Io e te'', di Niccolò Ammaniti, romanzo dal quale Bernardo Bertolucci ha tratto il suo ultimo omonimo e bellissimo film. Una storia vera, per chi ha visto il film, il romanzo ha un finale sorprendente che non ci si aspetta, un finale struggente, che commuove e che si vorrebbe cambiare se si potessero cambiare certe drammatiche realtà giovanili, dove l'intelligenza e la gaiezza vengono trasformate dall'inganno del vizio in percorsi obbligati e difficilmente hanno un ritorno, percorsi dolorosi e morenti...la storia di una giovane raccontata da suo fratello molti anni dopo, quando egli per forza di cose racconta di un periodo adolescenziale trascorso in circostanze avventurose con la sorella, e ne dipinge il ritratto limpido e senza sbavature, amorevole ma amaro per l'epilogo finale delle vicissitudini di lei. Suggerisco di leggerlo perché tratta temi difficili ma con l'umanità e il senso di appartenenza al prossimo che disarmano.
Sempre per un tempo breve, magari mentre la sera all'aperto si ascoltano in sottofondo le cicale. Si tratta di ''Doppio misto'', di Raffaele La Capria, più episodi autobiografici romanzati, un libro a tratti bizzarro, a tratti sensuale, e anche romantico, con lo scrittore che racconta in prima persona dei tempi giovanili di quando lavorava ai suoi studi negli Stati Uniti d'America, dei suoi amori e le passioni, delle persone conosciute e dei sogni. Molto bello il cameo prima dell'inizio del romanzo, una poesia alla libellula, una delle cose più poetiche e leggiadre che ho letto in questi ultimi tempi, di profonda sensibilità, un vero piacere.
Per i tempi più lunghi, quando c'è più spazio intorno a noi, quando il sottofondo è più fitto di suoni, quando il giorno ancora è troppo lungo da trascorrere, inviterei a leggere altri due titoli, un classico e un contemporaneo. Il primo è ''Storia di una passione'', di Anais Nin e Henry Miller, perché non mi stancherò mai di leggerlo e di rileggerlo, una storia d'amore e di simbiosi intellettuale, di avanguardia amorosa continua, venti anni di corrispondenza intensa, con frammenti di intimità in un legame stretto pieno di aspettative sessuali e travolgenti, di due individui di elevata statura culturale. Una storia affascinante e complessa. È stimolante leggere di questi due geni della letteratura.
 Il secondo, più divertente, è '' Il trono vuoto'', opera prima di Roberto Andò, il regista che ne ha poi tratto il film '' Viva la libertà'', l'affresco di una fazione politica in crisi d'identità, che ben rispecchia il mondo politico odierno e le sue contraddizioni morali, la sua etica al contrario. Un romanzo succulento, con una storia paradossale ma convincente tuttavia, perché spesso la realtà supera la fantasia, perché se sono paradossali i personaggi del libro, sono inseriti comunque in un contesto veritiero. Un segretario di partito che fugge dalle proprie responsabilità per una crisi improvvisa che lo fa allontanare da tutto e da tutti, e che viene sostituito in maniera del tutto fortuita e casuale dal fratello gemello che ne ricalca le sembianze con un successo inatteso, e che darà origine a equivoci e interrogativi. Un libro divertente ma anche molto profondo, spietato per certi versi, evidenziando il vuoto politico che tutti ci troviamo realmente ad affrontare. Questi sono alcuni dei libri che mi hanno fatto compagnia in quest'ultimo periodo, e sono fluidi, non estivi, ma scorrevoli, piacevoli. È bella questa idea, mi sono divertita, grazie.

Cristina Cri Caturegli "L'eleganza del riccio" di Muriel Barbery perchè è un bel romanzo filosofico alla scoperta di ciò che sta sotto le apparenze.

Ilaria Sabbatini Nei boschi eterni - Fred Vargas

Rita Lazzari Kate Mansfield "Tutti i racconti" delicatezza sullo scorrere della vita, ma solo apparente perché non tutto scorre come dovrebbe; e un libro diversissimo che mi ha sorpreso anche
Poi un secondo libro molto diverso,un altro mondo,ma appunto sorprendente, perché da Agassi non mi aspettavo questa introspezione, l'epica ..."Open"

Loredana Giannini Nella breve convalescenza mi son fatta fuori "La donna del tenente francese": epoca vittoriana, romanticismo ottocentesco, personaggi indagati nelle profondità psicologiche ed emozionali. Bello, ne voglio ancora… perfetto per una inguaribile romantica come me.

Patrizia Colt Cadau qualsiasi cosa di una nobel austriaca Elfriede Jelinek. Magari "Le amanti".

Donatella Adorno Andrea Camilleri - "Come la penso"
 
Camilla Palandri "Il dolore perfetto" di Ugo Riccarelli. La saga di due famiglie che si snoda in un arco temporale di circa un secolo, dalla fine dell'Ottocento alla metà circa del Novecento. Sullo sfondo tutti i cambiamenti storici avvenuti.
Un romanzo, a mio parere, bellissimo e coinvolgente da leggere tutto d'un fiato.

Patricia Howie "La bellezza femminile nel tempo" di Marianna Solari
 
Adele Ci "Il canto delle parole perdute" di Andrès Pascual, una storia molto coinvolgente che costringe a riflettere sulla questione dell'energia nucleare

Carmela Linda Longo DONNE CHE CORRONO COI LUPI di Clarissa Pinkola Estés .....bello e caro !!!
 
Eloisa Guidarelli "L'uomo che ride" V. Hugo

Caterina Donatelli una scrittrice tenace: Grazia Deledda. una terra corposa e invadente: la Sardegna. un uomo in lotta fra il desiderio del bene e l'abbandono al peccato: Elias Portolu.

Serena Isola 'La sottile linea scura' Joe R. Lansdale e 'La generazione' Simone Lenzi

Cri Salide Che tu sia per me il coltello di David Grossman

Laila Pifferi " La luna e i falò " , da leggere e rileggere, ogni volta ci trovi qualcosa che non avevi notato, che ti era sfuggito... " Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti." Ecco a me basterebbe aver scritto questo in tutta la mia vita, in Pavese io trovo ciò che sono e mi piace sapere che qualcuno l'ha scritto...
 
Ilaria Borelli "Cose che nessuno sa" di Alessandro D' Avenia

 Andrea Carraro Consiglio Le condizioni della luce (Gaffi), nuovo romanzo dello scrittore-poeta Fabio Ciriachi, per parecchi motivi.
Anzitutto perché è uno dei pochissimi romanzi italiani che racconta in modo onesto e affidabile gli anni 70/primi 80, con personaggi veri, reali, palpitanti, non proiezioni ideologiche dello scrittore o macchiette da commedia.
Poi perché offre uno splendido ritratto femminile.
Infine perché si confronta con il tema della morte, cioè con il "tragico" con leggerezza, eleganza, pietas.

Gianni Quilici Tra i libri letti quest'anno uno mi ha colpito profondamente fino a stupirmi per la sovrabbondanza di elementi, a volte perfino eccessivi, Il teatro di Sabbath di Philip Roth.
Perché c'è un personaggio Sabbath libero, quasi completamente libero da ogni super io, che dice la verità a se stesso e agli altri, la dice da grande intellettuale, funambolo della parola e della provocazione, desideroso di cogliere e di suscitare desideri erotici, ma anche reazioni cattive. Dentro questa libertà c'è anche un grande dolore di una vita che non c'è più, di persone amate che non ci sono più, di un amore sconfinato che può solo ricrearle e che ce le ricrea nella loro grandezza...Drenka, l'amante croata. con cui non conosce limiti nella sfrenatezza erotica e sessuale eccetera, eccetera

21 giugno 2013

"Profumo di città" di Odino Raffaelli



di Luciano Luciani

Apprezzato “scrittore autobiografico”, in tutti i suoi libri - tre dal 2009, il primo dei quali pubblicato alla bella età di 78 anni - Odino Raffaelli ci ha abituati a una pratica delle memoria insieme sociale e sentimentale, fitta di personaggi minori, o addirittura minimi, della prima metà del secolo scorso. Storie, le sue, intrise di vita quotidiana e perciò stesso cariche di utilissime informazioni storiche, antropologiche, di costume. Sia che racconti la dura esistenza delle genti dell’Appennino tosco-emiliano tra le due guerre (Una carezza sui ricordi), sia che riporti alla memoria, sua e dei Lettori, le dure condizioni di vita dei “lavoratori del mare”, i marinai della marina mercantile, negli anni cinquanta e sessanta (La valigia sull’acqua), Raffaelli, l’occhio costantemente attento e sollecito nei confronti dei meno fortunati, mantiene anche in questo Profumo di città una lucida e inossidabile capacità di ricordare anche i particolari che sfuggono e invece sono significativi e una scrittura garbata, cordiale, fruibile. E alla fitta rete dei suoi ricordi non sfugge una vicenda dai forti connotati umani, sociali ed economici che, negli anni dell’infanzia e gioventù, lo vide testimone tanto interessato quanto discreto. Ovvero, l’emigrazione locale temporanea di giovani e giovanissime donne della montagna emiliana che, per tutta la prima metà del secolo scorso, si recavano “per serve” nelle città della costa: un cospicuo flusso di lavoratrici domestiche che nelle famiglie urbane e benestanti, in cambio dell’ospitalità e di una modestissima retribuzione, svolgevano una pluralità di funzioni ed erano al tempo stesso cameriere e badanti, balie asciutte e governanti, cuoche e bambinaie… 

Odino Raffaelli le segue passo passo queste ragazzette di montagna, spesso illetterate quando non del tutto analfabete, e ne racconta il momento triste e doloroso della partenza dalle povere famiglie d’origine e l’impatto traumatico con l’ambiente cittadino; le rare occasioni di gioia e, soprattutto, i dolori nel rapporto con la nuova famiglia che le accoglie; i numerosissimi doveri e gli scarsi diritti, senza tacere le ingenue strategie attuate da queste donne per sopravvivere e magari ritagliarsi piccoli spazi per un’esistenza decorosa e, in casi eccezionali e fortunati, vere e proprie posizioni di potere all’interno della nuova dimensione familiare.

Emerge dalle pagine di Raffaelli la narrazione puntuale e accorata di condizioni materiali di vita disagevoli e diseguali, sempre pesantemente segnate in senso paternalistico: non collaboratrici familiari, non datori di lavoro, ma “serve” e “padroni”, anzi “Padroni”. Queste lavoratrici, numerosissime (quasi mezzo milione di donne compresa tra i nove a e gli oltre 65 anni d’età) che a ridosso della Grande Guerra costituivano circa un terzo della intera forza lavoro femminile del Paese, risultarono, poi, marginalizzate anche all’interno dello stesso movimento dei lavoratori: svolgevano, infatti, una prestazione d’opera, il lavoro domestico che, privo com’era allora di regole e prescrizioni, manteneva uno “stigma d’inferiorità” che lo faceva “disprezzare e sfuggire da tutta la gioventù lavoratrice più intelligente ed evoluta” (Rignano Sullam, 1914).

Zone d’ombra, dunque, ma anche qualche luce. Tramite non pochi esempi, sempre tratteggiati “con simpatia piena d’amore” per le ragazze di montagna, l’Autore ci evidenzia anche i modi concreti con cui queste donne, entrando in relazione con situazioni sociali e culturali più mosse, più dinamiche e moderne, seppero a poco a poco, emanciparsi dai ruoli tradizionalmente assegnati loro nelle famiglie d’origine. Così, pazientemente e intelligentemente, la subalternità iniziale delle “serve” e delle balie seppe assimilare nuovi stili di vita e trasformarsi in un potente veicolo di mutamento ideologico e comportamentale che, riportato nell’ambiente domestico e nei luoghi di provenienza, ancora attardati e arretrati, contribuì, e non poco, all’onda lunga dei diritti e delle conquiste femminili.

Un processo che si fece addirittura inarrestabile dopo il secondo conflitto mondiale e dopo aver attraversato la Ricostruzione e il “miracolo economico”, la Prima Repubblica e la Seconda, dura ancora ai nostri giorni e si rivela tuttora capace di rinnovare le istituzioni e la società.



Odino Raffaelli, Profumo di città, Daris Libri e Stampe, Lucca 20013, pp. 240, Euro 12,00

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15 giugno 2013

"I due mondi" e "Senza via d'uscita" di Elio Moriconi



di Luciano Luciani

La scrittura può essere tante cose: effusione lirica o narrazione oggettiva, creazione di mondi fantastici o documentato rendiconto memoriale.. Se per Hemingway l’impegno dello scrittore deve essere rivolto a “scrivere una cosa in modo tale da farla diventare parte dell’esperienza dei lettori, Kafka intendeva la scrittura come “una forma di preghiera”. Essere narratori significa in primo luogo saper narrare se stessi, perché “la narrazione che ognuno fa della propria storia rimanda continuamente al senso della propria identità… È rivelatrice dei significati che la persona ha attribuito alla sua storia e insieme al senso di sé che ha costruito” (Parsi). È sostanzialmente questa la strada che ha intrapreso Elio Moriconi, che, dietro il velo sottile del racconto d’invenzione, propone al Lettore contenuti marcatamente autobiografici su scenari storici del tutto verosimili perché personalmente conosciuti, vissuti e praticati dall’Autore.

Ambientate negli anni sessanta e settanta, le sue storie raccontano di uomini e donne di un’Italia ormai lontana: un Paese che, velocemente ma in maniera disordinata, si emancipava dai vincoli di un’economia arretrata e una cultura superata ed elitaria e realizzava importanti conquiste sociali. Ma, mentre i ceti storicamente subalterni trovavano la forza e per procedere a una significativa ridistribuzione dei poteri economici e politici, gli interessi minacciati procedevano a una poderosa riorganizzazione e a una controffensiva feroce che non escluse la strategia della tensione, l’utilizzo senza scrupoli e a volte criminale di settori deviati dello Stato, il terrorismo e un battente condizionamento ideologico instillato quasi molecolarmente nella pubblica opinione del tempo attraverso uno spregiudicato uso dei mass media, in primis la televisione. 

È la storia italiana di appena ieri quella che Moriconi ci racconta, in due libri Senza via d’uscita e I due mondi l’uno complementare all’altro, attraverso le vicende di due coppie che, in una società in tumultuoso cambiamento dalla tradizione alla modernità e avvelenata dal conflitto ideologico, non riescono a trovare il necessario punto di equilibrio per una sensata esistenza comune. Soffoca il promettente rapporto tra i giovani Enrico e Virginia, stretto tra le angustie della precarietà e della disoccupazione, l’orgoglioso carattere di lui e il familismo amorale della famiglia di lei. Quindici anni più tardi la bene avviata relazione tra Eugenio e Luisa, una coppia di adulti di modesta condizione sociale, ma colti e consapevoli, viene irrimediabilmente guastata dal peso opprimente dell’ambiente domestico della donna, conformista, chiuso alla tolleranza, al rispetto della libertà degli altri, ai diritti dell’amore.

L’una e l’altra storia si concludono, dunque, nel segno della sconfitta, della frustrazione delusa dello scacco che, a leggere bene tra le righe, non è solo individuale, ma generazionale, collettivo, storico. A fallire non sono solo i progetti di vita personali di un paio di giovani coppie di amanti, ma è l’intera società italiana di quegli anni che non riesce  a conseguire i fini, alti e generosi, che la sua parte più avanzata e sensibile si era prefissi. Far parte della “meglio gioventù”, sembra metterci sull’avviso l’Autore, non significa necessariamente vincere. Anzi, spesso proprio questa appartenenza è apportatrice di delusioni che lasciano segni, cicatrici profonde nell’esistenza delle persone.

Libri interessanti questi di Moriconi, Problematici, privi di qualsiasi happy end consolatorio, sollecitano a interrogarci sulla nostra storia recente e sul ruolo in essa giocato da ciascuno di noi con i suoi comportamenti e le sue scelte individuali. 

Fruibile la scrittura, talora diretta sino a diventare esplicita se non addirittura cruda, mentre un eccesso di digressioni colte rallenta il procedere dell’azione, l’evolversi dei sentimenti, il crescendo del sentimento amoroso prima, del disamore poi.



Elio Moriconi, I due mondi, (LULU, COM 2011), pp. 146, E. 13,00

Elio Moriconi, Senza via d’uscita, www.lulu.com, pp. 106, E. 11,00

I romanzi di Elio Moriconi sono reperibili presso “LuccaLibri”, corso Garibaldi, 54, Lucca, tel. 0583 469627, dove I due mondi è stato presentato nel gennaio 2013.
Chi, fuori dal capoluogo, fosse interessato alla loro lettura, può acquistarli anche tramite Internet, contattando il Centro stampa internazionale LULU.com, oppure Google, ad esso collegato, facendo presente titolo e Autore.

08 giugno 2013

"Gli oggetti... i colori" di Isabella Eugenia Monti


foto di Gianni Quilici

… credo che gli oggetti siano un prolungamento mentale e fisico di noi stessi e in qualche modo siano il nostro specchio, riflettono chi siamo e cosa amiamo e loro ci parlano solo perché noi stiamo osservando e parlando alle nostre emozioni

…eppure quante volte le stesse "cose" che amiamo e poi detestiamo, così volubile il nostro umore, ci rendono gioiosi o tristi

…in essi proiettiamo i nostri sogni e i nostri desideri le nostre paure, eppure siamo sempre noi..noi mentali..e loro lì.. oggetti inanimati e concreti, utili e belli come il nostro occhio vuole e desidera.. noi siamo e amiamo solo ciò che già ci appartiene, ma saperlo, viverlo e con consapevolezza lucida, riconoscerlo ci aiuta a mantenere vigile la nostra sensibilità, la nostra attenzione del qui ed ora.. a riconoscere una dimensione di spirituale magia, che oltrepassa la banale apparenza ci eleva alla dimensione del sogno.. ricerca l'energia profonda che anima l'inanimato e lo rende amico fidato, segreto custode

....ed io che parlo ai colori...ai verdi brillanti alle lacche solferine, violette e vermiglie ai gialli di cadmio... ai blu oltremare.. ai rossi vivaci.. meravigliosi e belli.. so che tutti i colori del mondo sono un semplice tubo di metallo e pasta... ma quante volte mi son sentita dire ... mi illumini di immenso...

07 giugno 2013

"Gli oggetti" di Gianni Quilici


LUCCA. foto di Gianni Quilici

Gli oggetti parlano solo se noi parliamo a loro.
E noi parliamo  a loro solo se li osserviamo come se fossero quasi un miracolo.
Altrimenti rimangono (a noi) muti, assenti, invisibili, anche quando non sono oggetti nati dalla creatività umana, ma natura, che nasce, cresce, muta, muore.

Ampliare il nostro sguardo significa assumerci, quindi, dentro tutto il creato non solo gli uomini, non solo, come sempre più accade, gli animali, non solo la natura e gli elementi naturali, ma anche tutto ciò (o molto di ciò) che l’uomo  ha creato e che crea sempre più vertiginosamente: la penna con cui scrivo, il computer con cui trascrivo, il pavimento di mattonelle su cui cammino, la finestra da cui mi sporgo, la macchina lungo la strada, la pavimentazione di pietra e così via.

Guardarci intorno, assorbire questo pullulare di esistenze, catalogare, cogliere le forme, andare all’anima delle cose, se e quando l’anima ce l’hanno.  

01 giugno 2013

“Ja” di Thomas Bernhard



di Gianni Quilici

La prima tentazione: lasciare perdere, inesorabilmente chiudere. Perché lo stile dell’ultimo  Bernhard fatto di periodi lunghi, dove un fatto viene lasciato e ripreso più volte, creando una circolarità ossessiva, mi aveva respinto, pur avendo letto notevoli romanzi simili, come per esempio “Perturbamento” e “Cemento”.

Ho invece continuato la lettura ed ho capito ben presto che mi sbagliavo. Bernhard è uno scrittore dialettico, un tipo di dialettica negativa e ossessiva.
Dialettico, perché questo nucleo narrativo iniziale, apparentemente statico, si articola e nello stesso tempo si approfondisce. Si articola, cioè il romanzo diventa storia anche avvincente; e si approfondisce, perché scolpisce i caratteri dei personaggi nel loro nucleo più profondo.
Questo movimento narrativo e penetrante esprime una visione dell’uomo e dell’esistenza spietata, di un nichilismo che nessuno salva, neppure l’io narrante.

L’io narrante è uno studioso di scienze naturali, che vive in una casa orribile, in un luogo orribile dell’Austria, è malato, misantropo,  apatico, fallito come studioso e senza uno scopo, ha pensato per tutta la vita al suicidio, senza però avere il coraggio di eseguirlo. E in uno stato spaventoso si reca dal suo unico amico Moritz, agente immobiliare, per rovesciare su di lui tutto d’un colpo e nel modo più brutale la sua vera situazione psicologica, finora a lui nascosta… quando appare una coppia matura, lui, uno svizzero ingegnere famoso che costruisce centrali nucleari, lei persiana. Fin dal primo momento lo studioso è affascinato dalla donna….

Progressivamente, attraverso questa prosa circolare che accumula musicalmente e ossessivamente fatti su fatti, Thomas Bernhard ci fa capire e sentire i protagonisti: l’abilità nel suo lavoro e la forza di carattere di Moritz, la crudeltà implicitamente disumana dello svizzero, la meschinità e la malvagità della padrona dell’hotel e di tutto l’ambiente circostante, il masochismo autodistruttivo della persiana. L’io narrante sembra salvarsi dalla sua “infermità psicoaffettiva”, grazie al rapporto benefico con la donna persiana . Nel suo raccontare, però, il protagonista non dice tutta la verità, non è spietato con se stesso come lo è stato inizialmente. Vittima di un ambiente carnefice, anche lui diventa un carnefice. Il romanzo finisce con un sì, (lo Ja tedesco, titolo del romanzo) pronunciato dalla donna ed è un sì, che diventa l’ultima estrema lapidaria affermazione di negazione della vita.

Un romanzo di grande spessore analitico e anche visuale. Perché questa prosa è’ talmente maniacale, che non solo i personaggi, ma l’ambiente e i vari habitat( il  campo tristissimo, su cui dovrà essere costruita la casa della coppia, l’hotel, le voci della gente) rimangono e ben si incidono nell’immaginazione.

Quale potrebbe essere il limite di “Ja”? Ho pensato per un attimo alla donna persiana, un personaggio più letterariamente simbolico che reale, per molti versi, speculare all’io narrante. Però è l’io narrante che la vive e che ce la racconta secondo la sua percezione e i suoi sentimenti, non è lo scrittore. Perché, ci si può chiedere, un rapporto tra i due, che inizialmente è intenso, diventa poi insopportabile? Lo scienziato narrante non lo analizza, ce lo dice come fatto, che sembra non avere cause. Perché il suo interesse per la donna è svanito. Quindi questa figura rimane indefinita, diventa comunque la visione del mondo di Thomas Bernhard, orribile, nichilista.

Thomas Bernhard. Ja. Traduzione di Claudo Groff. Ugo Guanda editore. Pg. 103. Euro 12,00.