nota di Gianni
Quilici
Una foto, questa di
Elliott Erwitt, famosissima. Uno dei baci più visti e rappresentati, insieme a
quello di Robert Doisneau.
Per una ragione
immediata. La felicità di lei, che esprime con la bellezza del sorriso, il candore dei denti, con gli occhi chiusi come se sognasse un
sogno inebriante. E si potrebbe continuare.
Ci sono tuttavia
altre ragioni meno immediate da sottolineare.
Primo: l’essere
incorniciati, lui e lei, in uno specchietto retrovisore rotondo, che li
sottolinea, evidenziandoli nel dettaglio.
Secondo: lo sfondo romantico, che accompagna
l’incontro delle bocche con il tramonto sull’oceano increspato tra luce e
ombre.
Terzo: il bacio sospeso sul panorama oceanico, come
se vi fosse proiettato e vi si depositasse, dando un senso anche surreale
all’immagine.
Quarto: uno scatto vero (ciò che accade davvero), e
nello stesso tempo falso, l’immagine è virtuale,
un puro riflesso.
Quinto: Elliott
Erwitt si pone (oggettivamente) a distanza dai soggetti. Inquadra, infatti, una
situazione, da una parte, molto intima; fotografandone, dall’altra, solo il
rispecchiamento. Una sorta di foto non
su una realtà, ma su una riproduzione della stessa. Risultato: realizzare un’immagine
ancora più complessa, più ricca, cioè di
contrasti. Sintetizzando: reale/virtuale, romantica/realistica,
intima/distante.
Santa Monica,
California. Elliott Erwitt. 1955