29 agosto 2023

"Così parlò la pianta " di Monica Gagliano

 

 

di Giancarlo Beriola

  Le piante apprendono; le piante ricordano; le piante parlano.

       Ho seguito volentieri le varie puntate della trasmissione di Rai3 “Alla ricerca del ramo d’oro” e in una di queste - a trasmissione già iniziata - apparve in video il volto luminoso di una giovane donna che stava raccontando di come aveva deciso di smettere le sue ricerche sui pesci (lei, biologa marina) per non dover più uccidere esseri viventi e di spostare le sue ricerche sulla biologia delle piante: di questa nuova esperienza - più che decennale - Monica Gagliano ne accennò in trasmissione e la troviamo scritta nel suo libro “Così parlò la pianta”.

   Devo dire che quando lo acquistai pensavo di comprare un saggio sulle piante (come ormai - e fortunatamente - ve ne sono nelle librerie) mentre invece il libro “racconta i miei incontri ravvicinati con le piante - ma anche con gli sciamani delle piante, gli anziani indigeni e i mistici di tutto il mondo ... Questo libro è sulle piante e viene dalle piante. E’ una fitobiografia - una raccolta di sto-rie, ciascuna scritta insieme e per conto di una persona-pianta. Queste storie sono raccontate attraverso la voce narrante sia della persona-umana sia della persona-pianta, attraverso il linguaggio delle piante e il mio linguaggio per le piante”.

   E quindi leggo degli incontri che Gagliano ha avuto con sciamani che - con la loro conoscenza profonda della natura, attraverso diete della durata di giorni - le hanno permesso di “parlare” con le piante, così, per esempio, di “conoscere” Socoba (Himatanthus sucuuba), la pianta che in diversi sogni l’aveva chiamata a sé in Perù, dove lei - dall’Australia - si spostò, alla periferia di Pucallpa, ospite di Don M lo sciamano guida: “In mezzo alla giungla peruviana le piante amazzoniche mi avevano parlato tramite sogni e visioni arcane, conversazioni telecinetiche e canti”.

   Leggendo quanto sopra accennato, mi tornò in mente un libro di Castaneda letto anni fa; tuttavia nelle pagine successive apparve la scienziata Gagliano che descrive le sue ricerche (“suggerite” dalle piante) che la portano a nuovi risultati rivoluzionari e/o a conferme di precedenti ipotesi: sì, le piante parlano, apprendono, ricordano e ci conoscono meglio di quanto noi sappiamo di noi stessi. Vari sono gli esperimenti descritti, tra questi quello effettuato presso l’Università degli studi di Fi-renze con la Mimosa pudica che dimostra la capacità della pianta di conoscere e di ricordare. Una scoperta scientifica (chiamata poi in tutto il mondo “esperimento Mimosa”) che trovò difficoltà a essere comunicata tanto da volerci qualche anno - con commenti aspri da parte di molti colleghi - per poter essere pubblicato: “Quel giorno segnò la fine di una lunga serie di rifiuti mossi da una dozzina di riviste accademiche ... Ovviamente lo scetticismo, la resistenza e persino l’aperta ostilità che le piante potessero davvero imparare e ricordare non erano completamente inaspettati”.

   Il “rapporto personale” che Gagliano intesse con varie piante la porta ovviamente a considerazioni riguardo lo sfruttamento capitalistico del “bene” pianta nel campo industriale, farmaceutico, agroalimentare con le conseguenze ecologiche che tutti possiamo vedere e che non dobbiamo nasconderci. Le considerazioni finali dell’autrice sono una visione new age del futuro, visione ottimistica che non mi trova molto in sintonia ma che - di fronte alle esperienze da lei vissute -  non mi sento di contestare.

 Così parlò la pianta di  Monica Gagliano; pagg. 205; ed. nottetempo; euro 17,50


 
Monica Gagliano è professore di ricerca in Ecologia evolutiva alla Southern Cross University in Australia dove dirige il Biological Intelligence Lab finanziato dalla Templeton World Charity Foundation. Ha scritto numerosi articoli scientifici sulla cognizione (percezione, processi di apprendimento, memoria e coscienza) nelle piante, collaborando con scienziati come Stefano Mancuso. Thus spoke the plant è un successo internazionale già tradotto in numerose lingue.


 

  

25 agosto 2023

"I figli della mezzanotte" di Salman Rushdie

 

di Giulietta Isola

“Ma chi sono io? sono la somma di tutto ciò che è accaduto prima di me, di tutto ciò che mi si è visto fare, di tutto ciò che mi è stato fatto. Sono ogni persona e ogni cosa il cui essere al mondo è stato toccato dal mio. Sono tutto quello che accade dopo che me ne sono andato e che non sarebbe accaduto se io non fossi venuto. E ciò non mi rende particolarmente eccezionale; ogni “io”, ognuno di noi che siamo ora più di seicento milioni, contiene una simile moltitudine. Lo ripeto per l’ultima volta: se volete capirmi, dovrete inghiottire un mondo."

       Questo non è un libro comune e soprattutto non è lo stereotipo dell’India, ci sono ovviamente tanti elementi già conosciuti, ma Rushdie è uno scrittore geniale che può permettersi di abbandonare i tanti i luoghi comuni per presentare, a noi snob occidentali, un mondo tanto diverso dal nostro.

        La connivenza di tantissime divinità spesso in conflitto tra loro, la credenza superstiziosa, il convivere di antico e moderno sono presentati in chiave ironica da un uomo che conosce il proprio Paese, che ha subito il giudizio religioso di una fatwa, una condanna, proprio per i toni scanzonati con cui parla della religiosità. 

        Rushdie è un orientale che conosce i costumi occidentali e ha saputo raccontare la propria identità senza scadere nell’etnico da tre soldi. Saleem Sinai , il protagonista, è arrivato al capolinea della sua lunga e complicata vita e come spesso succede decide di raccontare per intero la sua storia personale, partendo dai suoi nonni fino ad arrivare alla storia del suo Paese, cui inevitabilmente e strettamente la sua biografia si lega senza soluzione di continuità.

        Figlio illegittimo di un ricco inglese e di un’indiana povera che muore di parto, Saleem diventa oggetto di pietà di Mary, una infermiera che lo scambia di culla col figlio di una ricca coppia di indiani salvandolo, in questo modo, da una vita di stenti e miseria. Cresciuto nell’agiatezza, sviluppa un’indole molle, un carattere passivo e remissivo, mentre l’altro, Shiva, è condannato ad una esistenza di povertà e sofferenza che gli forgia un carattere violento e rancoroso. Ben presto Saleem scopre che tutti i bambini nati allo scoccare della mezzanotte del 15 agosto 1947, il momento preciso in cui l’India proclama ufficialmente la propria indipendenza dall’Impero britannico, hanno dei poteri speciali; sono tutti bambini straordinari, che tutti chiamano “i figli della mezzanotte”. 

       Saleem ha il suo potere “speciale” nel naso enorme, adunco, sensibilissimo, che gli permette di penetrare il cuore ed i pensieri delle persone, che si trasformano in odori. 

        La peculiarità di Shiva è invece quella di possedere una forza erculea concentrata nelle ginocchia. Saleem e Shiva non sono solo “fratelli” della coincidenza, loro malgrado, ma anche figli di un Paese in trasformazione, dentro il quale vivono ed affrontano la loro vita scambiata, con tutto quello che una permuta del genere comporta. La guerra fra il neonato Stato indiano ed il confinante Pakistan , poi il conflitto interno tra Pakistan orientale ed occidentale dal quale cui nascerà il Bangladesh, Indira Gandhi che azzera quasi tutte le libertà personali , in questo contesto vive Saleem la cui storia è legata a quella del suo paese. 

       I figli della mezzanotte è una lettura senza compromessi, Rushdie ,con l’intento di narrare la vita di un uomo, ci racconta, nel suo modo bizzarro, surreale, spesso apparentemente grezzo e contorto, la storia dell’India nel momento in cui riacquista la sua indipendenza e negli anni successivi, quando il Paese è attraversato da ondate di pulsioni tremende che vengono da fuori o gli partoriscono in grembo. 7   

       La lettura non è semplice, tanti i flussi e riflussi, anticipazioni, tentennamenti, incursioni estemporanee di personaggi che con la storia principale non hanno niente a che vedere, si potrebbe pensare ad un grandissimo caos se non ci fosse la grande capacità di Rushdie di tenere magistralmente tra le dita tutti i fili della storia senza ingarbugliarli in una matassa inestricabile. 

         Il lettore diventa parte integrante di questa storia corale, un personaggio onorario tirato in mezzo dalla potenza magnetica della narrazione. Il racconto dell’India che troviamo in queste pagine è struggente e partecipato. 

        Consiglio la lettura ai lettori pazienti che avranno l’occasione per scoprire quanto ci sia ancora da conoscere nella storia di un paese così grande e lontano.

I FIGLI DELLA MEZZANOTTE di SALMAN RUSHDIE MONDADORI EDITORE