Perché quei cimiteri a Terezin?
La
cittadina di Terezin (in tedesco Theresienstadt, città di Teresa), piccolo
centro della Boemia settentrionale a un’ora di viaggio da Praga, ricopre quasi
per intero l’area di una fortezza edificata alla fine del XVIII secolo per
proteggere Praga da eventuali incursioni prussiane. Trasformata un secolo più
tardi in un carcere di massima sicurezza per detenuti particolarmente
pericolosi, la fortezza ha lasciato non pochi resti, tuttora visibili alla
periferia dell’abitato. Ma insieme a quei ruderi di un tempo, quello
dell’impero d’Austria definitivamente passato, colpisce la presenza, questa assai
meno remota, di estesi cimiteri ove sono allineate in ben ordinate sequenze
migliaia e migliaia di candide pietre tombali.
Terezin
conta solo poco più di tremila residenti impegnati nei vari settori economici
(manifatturiero; agricoltura, turismo) secondo ritmi esistenziali normali e
sereni: perché mai, allora, un così grande numero di tombe? Per un borgo così modesto
non dovrebbe essere sufficiente un cimitero di non eccessive dimensioni per
accogliere i propri morti? Perché sui marmi dei tumuli, troviamo incisi nomi
slovacchi, cechi, russi, polacchi, serbi, tedeschi, ungheresi, austriaci,
italiani, francesi, olandesi, nonché taluni anche, chiaramente, di origine
extraeuropea?
Per
rispondere a questo interrogativo occorre procedere a ritroso nel tempo sino al
1940, quando le forze d’occupazione del Terzo Reich stabilirono proprio a
Terezin un importante centro di smistamento di internati politici ed ebrei.
Dalla cittadina boema i prigionieri erano poi avviati ai campi di lavoro o a
quelli di sterminio. Si trattava di persone tutte fortemente usurate dalle tragiche
condizioni della guerra, in larga misura donne, vecchi e bambini, e le malattie
e la fame mietevano una larga messe di vittime.
Circa 200.000 internati
passarono per i campi di concentramento della Gestapo a Terezin; 88.000 furono
deportati verso il solo campo di Auschwitz, oltre 40.000 morirono di stenti
sino a che i pochi sopravvissuti, appena 17.000, il 9 maggio 1945, vennero
liberati dalle truppe sovietiche che fecero il loro ingresso in città.
Passata
la bufera delle sciagurate vicende belliche, prima le autorità cecoslovacche,
oggi la Repubblica Ceca curano con particolare attenzione il museo di Terezin dove
sono esposti i tristi materiali appartenenti a quel tormentato periodo.
Intanto, nel corso degli anni si è provveduto al laborioso riconoscimento delle
salme (solo alcune sono rimaste ignote)e al riordino dei cimiteri che ospitano
le povere vittime.
Ogni
anno la cittadina boema conosce un massiccio arrivo di visitatori e quasi
sempre il numero delle presenze supera le 200.000 unità. Vengono da ogni parte
d’Europa, accomunati da un particolarissimo flusso turistico: un pietoso
pellegrinaggio carico di emozione sui luoghi che videro le angustie dei loro
cari congiunti. Molti hanno una tomba su cui depositare un fiore. Altri, che
mai ufficialmente conobbero la fine dei loro parenti, possono solo raccogliersi
in una silenziosa meditazione dinanzi alle tombe di martiri ignoti.
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