di Gianni Quilici
Katzelmacher è un nomignolo
dispregiativo usato in Germania per indicare uno straniero immigrato ed è anche
un testo teatrale di Fassbinder rappresentato nell’aprile del 1968 e diventato
film un anno dopo.
La storia è questa: un gruppo di
amici, si fa per dire, chiusi in un guscio di invidie, di paure e di odi, trova
la sua apparente saldatura su un capro espiatorio, lo straniero venuto in
Baviera per lavoro, su cui riversare risentimenti inconsapevoli e profonde frustrazioni.
Lo straniero viene dalla Grecia, ma per loro all’inizio non può essere che
italiano. Su di lui si scarica una violenza, che si alimenta non dai fatti, ma
semplicemente dai loro discorsi.
C’è qui un elemento sociologico che Fassbinder rappresenta acutamente: il
bisogno che il gruppo ha di caricarsi, attraverso accuse campate in aria per
motivare l’aggressione fisica, il pestaggio. Non a caso i loro rapporti nascondono latenti insoddisfazioni e malumori, asti e gelosie. Soltanto una ragazza,
Marie, che con il lavoratore greco ha dei rapporti erotici-sentimentali, si
sottrae, senza però avere una visione ideologica altra.
Il testo cresce attraverso scene
brevissime, in cui si accumula una progressiva tensione nevrotica,
sceneggiatura ideale per una trasposizione cinematografica, come poi avverrà. Un
mondo chiuso, senza speranze. Nessuno dei personaggi lascia trapelare orizzonti
diversi, fossero pure essi impotenti o nichilisti. Un testo che rappresenta
bene ciò che vuole rappresentare. Forse il limite è nel non allargare il
tessuto concettuale con personaggi
problematici.
Katzelmacher da “Teatro 1”. Rainer Werner Fassbinder.
Testi teatrali. La casa USHER.
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