11 agosto 2022
"Le terre dello sciacallo" di Amos Oz
08 agosto 2022
"Caldo" di Victor Jestin
di Marigabri
“Mi accingevo a vivere l’ultimo giorno di vacanze, quello più caldo, forse addirittura il più caldo degli ultimi diciassette anni.”
La prima plateale analogia è quella con Lo straniero di Camus. Come Meursault anche Leonard, adolescente confinato controvoglia in un campeggio estivo, è estraneo a se stesso e al mondo.
Alieno al divertimento obbligatorio, alle performance sessuali tipicamente estive, oppresso dal caldo e dalla solitudine, rimane avvolto in un bozzolo incomprensibile perfino a lui (ha solo diciassette anni, che ne può sapere?) che lo separa dalla realtà esterna, ma soprattutto dal contatto con le proprie emozioni.
Barcollando nella vita così lontano dal proprio sé, si aggira nottetempo lungo la spiaggia ed è allora che assiste, apparentemente indifferente, alla morte di un coetaneo.
Così si apre il suo racconto, infatti: “Oscar è morto perché l’ho guardato morire senza muovere un dito.” Agghiacciante.
Il secondo richiamo è quello che avvicina questa opera prima di Victor Jestin a tutti i romanzi (francesi) dedicati all’adolescenza tormentata, da Sagan a Radiguet. Una sorta di sturm und drang declinato secondo la lezione dell’esistenzialismo (celeberrima la conclusione Sartre a L’essere e il nulla: “L’uomo è una passione inutile”), ma inserito nella condizione giovanile contemporanea, dove lo sfasamento tra percezione della realtà e capacità di tradurla in parole sembra caratterizzare la generazione dei millennial asservita ai social.
Ma su Leonard sembra incombere qualcosa di più ampio, di più spaventoso e opprimente come il caldo di quello scorcio di estate. Un caldo persecutorio che può raggiungere un parossismo senza fine.
Un breve romanzo cupo e perturbante, da leggere velocemente, col respiro teso e il fiato trattenuto.
Victor Jestin, Caldo, Traduzione: Alberto Bracci Testasecca. edizioni e/o maggio 2021, pp. 128
07 agosto 2022
"Viaggi a fior di pelle" di Giovanna Baldini,
La dimora e il viaggio
di Luciano Luciani
I TEMPI: dagli anni “poveri ma belli” all’esaurirsi del secolo scorso. I LUOGHI: quel lembo della Toscana interna compresa tra le province di Pisa e Firenze. Territori di antica civiltà e forti tradizioni comunitarie e socialiste, oggi conosciuti dai più sotto la dizione di “Distretto” o anche “Comprensorio del cuoio”.
I PROTAGONISTI: una generazione di giovani uomini con ancora addosso, nel corpo e nell’anima, le ferite dolorose di una guerra terribile appena terminata. Poco più che ragazzi, ventenni o giù di lì, affamati e intelligenti, tenaci e intraprendenti, seppero trasformare le abilità e le competenze di un artigianato locale, che aveva già un secolo e mezzo di storia, in un’offerta qualificata di beni capace di aprirsi ai mercati nazionali e internazionali. Versatili ed esperti anche nella difficile arte di amministrare la cosa pubblica furono poi anche all’altezza di governare i tumultuosi processi economici, sociali e culturali che ne derivarono.
IL NARRATORE, o meglio LA NARRATRICE: Giovanna Baldini, della quale, un paio di anni fa, abbiamo letto le limpide pagine di Una volta qui era tutta campagna, piccolo gioiello di scrittura autobiografica ma capace di allargare lo sguardo da sé e dalla propria famiglia a un’intera comunità: quella di Ponte a Egola, frazione di San Miniato, “capitale” del Distretto conciario o Comprensorio del Cuoio. Un’area toscana dalla intensa vita industriale, commerciale, civile e dall’ elevato tenore di vita, fondato sulla lavorazione delle pelli e la commercializzazione dei prodotti finiti.
Ma non è stato sempre così e l’Autrice ne ricostruisce le fasi aurorali da un originale punto di vista: quello della figlia che segue con occhi pieni di stupore le attività del padre che, da amministratore locale - è stato sindaco di San Miniato dal 1958 al 1960 - si trasforma in un operoso mediatore commerciale e imprenditore capace di pensare le tradizionali attività locali in una dimensione più ampia, addirittura internazionale. È la sua una narrazione sentimentale costruita sulle memorie personali dei racconti paterni di quelle vere e proprie spedizioni ai quattro angoli del mondo, sempre faticose e stranianti, talora anche pericolose, e sui pochi documenti rimasti di quelle imprese: vecchi passaporti, ricevute di alberghi, biglietti aerei, piccoli regali esotici per la moglie e le figlie… Non trascura, l’Autrice, la descrizione umana e caratteriale dei collaboratori e soci in affari del padre, ognuno destinato in un breve volgere di tempo a trasformarsi in un amico a tutto tondo, la cui eco di umanità perdura ancora adesso, e aneddoti buffi circa lo spaesamento di quegli apprendisti uomini d’affari all’estero, che più estero non si può: i cibi immangiabili, gli abiti inadatti ai climi diversi, le lingue sconosciute…
Al tema della dimora, i cari luoghi natii della fanciullezza e dell’adolescenza, propri di una Toscana pre-boom economico e ancora per tanti versi rurale, l’Autrice sostituisce, a poco a poco, quello del viaggio: uno, il primo, compiuto personalmente, a Lourdes, il luogo per eccellenza del pellegrinaggio cattolico, riguardato con uno sguardo incuriosito e già laico; gli altri, ai quattro angoli del mondo, Africa, Asia, Australia, America Latina, seguendo il filo delle narrazioni di Bènito, il padre, novello Marco Polo. Viaggiatore non più ormai sulla via della seta, ma alla ricerca delle pelli di migliore qualità e resa da acquistare a condizioni economiche più vantaggiose per alimentare un’industria locale sempre più proiettata in una dimensione internazionale.
E non manca, l’Autrice di recuperare alla memoria anche un agosto senza padre: quello di oltre sessant’anni or sono quando il capofamiglia è chiamato a far parte della delegazione italiana al Festival della Gioventù di Mosca, capitale del comunismo mondiale: alla ricerca di un mondo diverso, di una società migliore e organizzata in maniera più giusta, di una più fraterna e solidale umanità… Le cose, com’è noto si sono poi sviluppate in tutt’altra direzione, ma Bènito, l’eroe di queste pagine, ha continuato a crederci, magari ridimensionando un po’ gli orizzonti del possibile e le aspirazioni forse troppo segnate dall’ideologia: per esempio, mantenendo nella testa e nel cuore un’idea di benessere familiare e la possibilità di offrire occasioni di lavoro e crescita sociale ed economica per la propria gente e il proprio territorio. Senza perdere mai di vista gli interessi dei popoli lontani che, da queste nuove relazioni industriali e commerciali, hanno potuto ricavare e ricevere non poche opportunità di conoscenza e di sviluppo.
Racconta bene, Giovanna Baldini e, in maniera come suo solito cordiale e fruibile, ci partecipa questa piccola epopea della storia recente, meritevole di essere riproposta alla memoria dei più giovani, ripensata e riguardata con l’ammirazione dovuta a chi “fece l’impresa” e il rispetto, grato e imprescindibile, per i “padri fondatori”.
Giovanna Baldini, Viaggi a fior di pelle. Memorie familiari del Comprensorio del cuoio che si apre al mondo, ETS, Pisa 2022, pp. 86, Euro 11,00
02 agosto 2022
"Quest'estate torrida e ventosa" di Andrea Appetito
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foto di HENRI CARTIER-BRESSON |
di Andrea Appetito
Quanto pesa il vuoto? Quanto è presente l’assenza?
Quest’estate torrida e ventosa è preludio a un futuro di fuochi ed è già colma di cenere.
Sul dorso degli oggetti familiari, tra le pieghe azzurre del mattino si aggirano gli echi degli alberi e le complicità evaporate.
Un giovane corvo scruta il vallone ai piedi dell’abbazia poi lo sguardo corre dalla merlatura della fortezza fino al mare e si dilegua nell’acqua del mattino.
I Monti Tiburtini sono un olimpo di luce e Roma è un miraggio metallico percorso da avvisaglie di nuovi roghi. Il fuoco ha riarso la steppa, scrive Po Chü-i, ma non l’ha estirpata. Dovremmo fidarci di più delle radici sotterranee, ma capisco il timore diffuso.
Anche io ho paura del buio e delle larve. Il canto mattutino dei monaci riuniti nel coro dell’abbazia ripete solennemente Kyrie eleison, mentre le assenze costeggiano il presente e tendono le palme bianche delle mani al volo degli uccelli.
Anche noi siamo assenti per loro, ci lega un amore asintotico al quale è giusto non essere fedeli almeno fino alle stelle della sera.
25 luglio 2022
L’ultima intervista" di Eskhol Nevo
di Giulietta Isola