30 maggio 2017

“La ragazzina con il pallone” di Letizia Battaglia




di Gianni Quilici

        Ci sono delle foto che chissà come mai, mi chiedo ora,  si scolpiscono indelebili, memorizzandosi senza alcuno sforzo concentrativo.

       Una è questa di Letizia Battaglia, vista molti anni fa, forse sul quotidiano Lotta continua, poi ritrovata più tardi su riviste o libri. Sicuramente la ragione è oggettiva (nella foto in sé), forse anche soggettiva (nella storia del mio sguardo).

      Tralasciando tuttavia ragioni interne e personali, ci sono (penso) in questa immagine tre elementi evidenti, in cui il contrasto dà forza e armonia  allo scatto.

       Innanzitutto ad un immediato sguardo risalta la contrapposizione cromatica tra il nero dello sfondo della porta di legno ( si potrebbero notare ad essere pignoli quelle scalfitture e linee che fanno pensare a pennellate vagamente avanguardistiche) e il bianco del vestito e della pelle dell’adolescente.

     Poi la bellezza del pallone, grande e ben disegnato con esagoni bianchi e neri, tenuto su una mano a lato dalla ragazzina come possibile contingente segno di identità (“amo il calcio”).

    Infine e soprattutto la bambina-adolescente. Racconta, infatti, Letizia Battaglia a proposito di questa foto: ”Passeggiavo per una strada della mia città  quando ho visto questa ragazzina che giocava con il pallone. L’ho spinta contro questa porta di legno e fotografata così: pallone in una mano e le mille lire nell’altra. Sguardo grave, profondo, quello dei sogni delle bambine. L’ho cercata per anni per sapere quale è stata la sua vita, ma non l’ho più trovata”.
E’ vero, è uno sguardo profondo, intenso, come rileva la Battaglia, ma anche diffidente, quasi non volesse essere catturato dall’obiettivo, in un volto spiccatamente mediterraneo con sopracciglia e capelli nerissimi che le ricadono sulla fronte. Ma l’elemento più interessante risiede forse in quel braccio, esile e nudo, alzato sopra il capo, che sembra un gesto mutuato da spettacoli televisivi o da foto di modelle e attricette.   

      Da qui un possibile azzardo sociologico: per un verso si può credibilmente immaginare un’infanzia di bambina vissuta prevalentemente sulla strada; per un altro verso si può credibilmente ipotizzare la presenza sottilmente condizionante di una televisione, che, da qualche anno, si era incuneata nell’immaginario adolescenziale e non solo. Da qui: la tenerezza.    


Letizia Battaglia. Palermo, quartiere La Cala. 1980.

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