04 giugno 2012

ITIS Galileo L’importanza della carta stagnola di Marco Paolini






di Maddalena Ferrari


Una lunga camminata attraverso un corridoio e poi l’attore (Marco Paolini) ed un gruppo di ricercatori, rigorosamente muniti di casco, arrivano nella Sala B, uno dei laboratori sotterranei dell’Istituto di Fisica Nucleare del Gran Sasso, dotati di macchinari complessi, finalizzati a progetti di studio. La Sala B è videocollegata con la Sala Fermi del medesimo Istituto, più grande, dove sono presenti altri ricercatori, più numerosi ( i laboratori sotterranei hanno precisi limiti di capienza ), con cui alla fine dello spettacolo avverrà uno scambio di informazioni\commenti, sotto la guida di Natasha Lusenti .
La scena: una sfera, una mina vagante, che pende minacciosa dal soffitto, legata ad una catena, azionata dall’attore mediante un argano: egli la fa salire, scendere, oscillare; una campana, appesa anch’essa al soffitto, il cui suono secco e inquietante irromperà qualche rara volta nella narrazione. Estrema sobrietà anche per l’abbigliamento dell’attore, che, nel corso della performance, si doterà di accessori quantitativamente irrilevanti, anche se metaforicamente significativi.

Marco Paolini inizia a scambiare qualche parola con il suo pubblico ristretto; poi chiama in successione due ricercatori e fa leggere all’uno un “bignami” di Platone e all’altro un “bignami” di Tolomeo. Così, tra Storia, Scienza, citazioni e battute, è introdotto il tema: quale visione dell’universo e su quali basi?

Ma Paolini a raccontare “la prende un po’ bassa” e l’ITIS, proprio nel senso di Istituto Tecnico Industriale, è il segno del “meccanico” Galileo Galilei: uno che cercava non il perché, ma il come...non per niente una vasta sezione dello spettacolo è dedicata all’invenzione ed all’uso del cannocchiale.
Su questa base si articola il conflitto fra pensiero dinamico, che parte dall’esperienza e pratica l’esercizio del dubbio, e la visione dominante del potere, con le sue certezze dogmatiche.
  
 Il racconto procede avvincente, divertente e denso di dati informativi.
Facciamo la conoscenza di Galileo scienziato, delle sue scoperte e invenzioni, ma soprattutto del suo metodo; ed anche di Galileo divulgatore dei propri studi : l’attore ci parla della chiarezza e della bellezza dei suoi testi, dal “Sidereus Nuncius” alle lettere, dal “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano” agli appunti, per arrivare all’ultimo “Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze”, apparso a Londra nel 1638, dopo la condanna e l’abiura.

Siamo messi di fronte alla grandezza di Galileo, che ci appare però nella sua complessità di uomo, con contraddizioni e debolezze: le ambizioni, l’autoconsapevolezza, le meschinità ( il rapporto con il potere, quello con la donna che gli dette tre figli ), perfino le “cantonate” ( la teoria delle maree dovute al movimento della terra ).

Ma nella pièce non c’è solo Galileo: oltre a Copernico, Keplero, Bruno, che gli fanno buona compagnia, c’è la storia del Teatro, ci sono Shakespeare e “Amleto”, di cui ascoltiamo un piccolissimo estratto in “lingua madre” ( di Paolini, cioè il veneto ); ci sono la riforma del calendario, il viaggio di Colombo, la medicina e le lezioni di anatomia...

Lo spettacolo ( autori lo stesso Paolini e Francesco Piccolini ) si sdipana intensissimo, senza dare tregua; ha momenti di pregnanza poetica: si apre la sfera ed all’interno l’astrolabio viene fatto ruotare armonico dalla mano di Paolini, che con l’altra mano tocca la catena come le corde di un violoncello, di cui sentiamo la voce nel preludio della prima suite di Bach; l’attore si copre il volto con una maschera e recita, in dialetto veneto, con qualche spruzzatina di inglese, la dimostrazione che nel “Dialogo sopra i due massimi sistemi” Salviati fa dell’erroneità delle convinzioni di Simplicius a proposito della condizione e del movimento di corpi, animati e non, sopra un altro corpo, anch’esso in movimento; e spunti di schietta comicità: l’esponente tedesco del Sant’Uffizio, che proclama l’ereticità del testo di Copernico; Copernico,che, dopo aver aspettato, come dice lui, tre volte nove anni, arrivato alla fine della sua vita, pubblica il libro, tanto ormai...;Galileo che gigioneggia ( come anche l’attore che lo interpreta, dice Paolini ), quando i Medici lo richiamano da Padova in Toscana; il corporativismo dei professori dell’università di Pisa, che si vedono passare avanti il nuovo venuto e poi devono anche cambiare il programma di astronomia...   

Marco Paolini.  Itis Galileo. L'importanza della carta stagnola. La 7.

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