14 maggio 2019

"Gregorio con la sua roulotte" di Silvia Chessa



 
foto di Alessandro Lanciotti
Il soggetto, il signor Gregorio, ritratto da Alessandro Lanciotti con singolare capacità veristica ma anche poetica, si staglia con una evidenza teatrale e scultorea, balzando in primissimo piano, e rammentando qualche canuto ma invincibile eroe omerico.

La barba lunga, più bianca che grigia, la folta capigliatura, anch'essa piuttosto imbiancata, il volto scavato da profonde rughe ma molto abbronzato, benché in inverno, i lineamenti marcati, i muscoli che affiorano dalle braccia, la forza e l'energia messe anche in un gesto minimo come quello di tenere in mano una sigaretta, .. questo complesso di elementi denota essenzialmente due cose.

La prima è che siamo di fronte ad un volto parlante, segnato dalla strada, rappresentativo quindi di una moltitudine di altri volti e di una infinita stratificazione di epoche, quali solo la strada accoglie, accumula e consegna a chi la vive così da vicino, homeless, creature ai margini, poveri o non integrabili, per la banale e feroce logica della globale economia e della società moderna.

La seconda evidenza è che, da uomo di strada, la sua vera età non sarà mai chiaramente decifrabile e conoscibile da noi che lo osserviamo. Potrebbe essere molto anziano, ma anche un uomo di mezza età, poiché si appalesa quella caratteristica tipica di chi ha un passato pesante: il divario fra età dimostrata ed età anagrafica. E questo mistero rende il soggetto ancora più emblematico e sfuggente, in quanto incuriosisce, senza lasciarsi inquadrare.
 
foto di Alessandro Lanciotti
Accanto a Gregorio la sua casa: una roulotte. La roulotte, dimora già di per sè fragile e precaria, sembra, accanto a Gregorio, ancor più piccina: surreale per dimensioni, sebbene nessun ritocco ottico o filtro abbia potuto ottenere questo impressionante effetto, a parte la prospettiva acuta e sensibile da cui si è posto il fotografo. Come un giocattolo a paragone della grandezza di lui, la roulotte ci appare qual fosse un suo sogno (il sogno di Gregorio, incubo od ossessione), venendo ad acquisire la qualità della proiezione poetica, oltre a quella realistica di essere una cosa vera, ma talmente sproporzionata da sembrare qualcosa abitato dallo spirito di Gregorio e non, viceversa, abitabile da Gregorio. 
Foto di Alessandro Lanciotti
 La prospettiva del fotografo ha il dono di rafforzare questo aspetto, cosicché la valenza allegorica e morale del ritratto fotografico appare ineluttabile e viene da desumere che l'artista si sia mosso e recato di proposito verso la periferia, non solo materiale ma umana, per riportare, al centro, appunto, la centralità dell'uomo: che abbia incontrato e voglia presentarci Gregorio come un grande uomo, un personaggio mitico costretto, dal fato, in una casetta in miniatura, confinato in periferia, in una vita angusta e risicata, in una società limitata ed ingiusta, in una cornice sociale e in uno spazio abitativo, insomma, inadeguati alla sua tempra, alla sua forza ed alla sua caratura. Le luci di un tenue tramonto arrivano da dietro fino alla linea laterale del volto di Gregorio, cercando un varco fra i suoi capelli, ma vengono arrestate da una densità impenetrabile.. forse i segreti, luci ed ombre, custoditi dentro e portati con sé, resteranno insondabili per sempre, da chi non ha combattuto e non immagina, ma soprattutto si rifiuta di farlo, le tante -troppe!- battaglie dell'uomo della roulotte.

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