06 settembre 2023

"Volevo essere Madame Bovary" di Anilda Ibrahimi

 

La pace impossibile di chi se ne va

 di Giovanna Baldini

      L’ultimo romanzo di Anilda Ibrahimi, Volevo essere Madame Bovary, affronta ancora una volta il tema dello sradicamento: dalla propria terra, dalla propria lingua, dalla patria.

      Nata a Valona nel 1972, dopo la laurea, conseguita a Tirana, si trasferisce in Svizzera e poi a Roma dove decide di stabilirsi, lavorare e formare una famiglia. Scrive e parla italiano.

      Il libro racconta la storia di Hera, giovane donna albanese che, lasciata la sua terra, trova in Italia fama e successo realizzandosi come scrittrice. È diventata bella, elegante, affascinante come per riscattarsi da un mondo d’origine che aveva reso la madre insignificante, opaca e vecchia anzitempo.

      Vive a Roma un matrimonio con un marito noioso, mentre i due figli sono sempre in cima ai suoi pensieri.

      È difficile, durante la lettura, non notare nella protagonista del romanzo, Hera, alcune affinità con l’Autrice. E questa, secondo me, è la cifra della scrittura della Ibrahimi, che, attraverso i suoi libri, descrive sempre se stessa, la famiglia, la terra.

     Hera che fuggì dall’Albania per trovare la libertà dal partito unico e da una politica repressiva e autoritaria e per dimenticare le regole severe di una tradizione maschilista, Hera è un’irrequieta Emma Bovary del XXI secolo che anche in Italia si sente stretta nelle pastoie sociali e familiari

      Voleva essere Madame Bovary a Tirana, libera di uscire la sera con i tacchi alti senza essere rimproverata dalla madre e vuole uscire dalla sua casa a Roma e di nuovo vivere libera un’esperienza d’amore.

       Vuole regalarsi un amante albanese e con lui tornare a casa, nella terra natale, dopo tanti anni.

     Ma, come nel grande romanzo francese, la scontentezza, il disagio e il senso di non appartenenza  non abbandonano mai la giovane donna: la realtà è prosaica, il sogno non si realizza. L’amante è sposato con una moglie bruttina, che per questo gli dà la sicurezza di non essere tradito. Lei lo serve fedelmente, come fanno le donne albanesi. Hera, invece, si sente delusa anche da se stessa. Lo lascia e torna a casa, a Roma. Forse anche il sogno di ritrovare il suo Paese è impossibile?

     La condizione di espatriata è ancora dolorosa per l’Autrice.  Nonostante abbia raccontato molte volte attraverso saghe familiari il cambiamento della società albanese fino alla caduta del regime di Henver Hoxa, nota di essere ancora attratta da quella realtà. Perché Hera ricorda continuamente i profumi dei cibi, i paesaggi, i discorsi di suo padre che le aveva insegnato la libertà di pensiero.

      In Italia la protagonista del romanzo si è costruita una vita di successo, si è emancipata, non è costretta a fare la pasta filo come voleva sua madre, ma la nostalgia, sentimento che consuma, non l’abbandona.

Fuggire non si può e rimanere nemmeno.

    Sarà diverso per Hera?

Anilda Ibrahimi, Volevo essere Madame Bovary, ed. Einaudi, 2022, p. 224, euro 17,00  

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