08 dicembre 2010

" I miti del Mediterraneo" di Joan Mirò

di Angelica D'Agliano

i quadri di mirò hanno la natura del sentiero, e per me il profumo e il succo delle erbe se si fermano grate se spigano in fili intorno alle pozze degli occhi. gli occhi umidi laccati di mirò. gli occhi delle donne e degli uccelli, ma potrebbero essere anche di pesce, o fettine d'uovo sodo. o altre cose che mi sento nel grembo.

e io capisco, capisco come gli fosse impossibile essere meno che la carne di un'allucinazione, fecondare l'immagine e non stupirsi se i quadri suoi li abbia ammirati anche gente come me, se un uomo d'affari abbia o meno trovato la soluzione al problema che si era cercato davanti al trittico dei blu, alla volta che ha calpestato la tela ingrata che poi è finita a montecatini, la tela che dipinse grandissima con un conato solo di nero drammatico e virginale, alle pennellate gioiose senza speranza a quel piccolo vibrare di tocchi che dovevano dare per forza ogni volta la misura di una disperazione d'artista.

alla fine di ogni costellazione, sfinito probabilmente e senza un soldo, lasciava le proporzioni gigantesche del grasso dell'indice che appannava il vetro, o la finestra capitata come per incidente fra il vuoto della stanza e il troppo freddo, il filo blu sottile che sentì divergergli in due la lingua la volta che lo volle strappare coi denti, il terrore di una lingua d'aspide e un filo come un rostro, gli uccelli-medusa lenti sulla linea ultima dell'ovest, nel momento che il mare tramontava e in cielo cominciava a premere sempre più minacciosa sempre più folle la mole erettile della via lattea.
per un momento si può dimenticare anche questo: così, immagino, aspergeva la carta del vomito dei pennelli e andava a prendersi un caffè con la brioche.


Joan Mirò. I miti del Mediterraneo. Palazzo Azzurro. Pisa.