22 dicembre 2013

"Se perdo te… quando il lavoro manca"




di Luciano Luciani

 L’attività, l’impiego, il mestiere, l’occupazione, la professione… in una parola il lavoro: un dato strategico nell’esistenza di milioni di uomini e donne perché per loro rappresenta l’unico strumento per entrare in relazione con una fonte di reddito e, quindi, ne determina sia il livello di vita, sia il progetto e l’organizzazione del futuro.

I modi concreti in cui si esercita il lavoro condizionano gran parte dell’idea che ogni individuo finisce per avere di se stesso. Joseph Conrad, uno scrittore apparentemente lontano da queste problematiche, acuto indagatore, però, dell’agitarsi dei problemi esistenziali sullo sfondo della crisi della società ottocentesca alle soglie della modernità, in un suo romanzo, Cuore di tenebra, trovò lo scatto di originalità, per consegnarci, ancora oggi attuale, un’intuizione importante: “Il lavoro non mi piace – non piace a nessuno – ma mi piace quello che c’è nel lavoro: la possibilità di trovare se stessi. La propria realtà per se stessi, non per gli altri – ciò che nessun altro potrà mai conoscere”.

E cosa succede nella testa e nel cuore delle persone quando questo diritto/dovere si fa sempre più fragile, precario, volatile? E quando, come purtroppo sta accadendo con sempre maggiore frequenza in questi nostri ultimi difficili anni, il lavoro viene a mancare del tutto, cosa avviene? L’esperienza e le cronache dicono che il lavoro umiliato, offeso e negato determina solitudine e perdita di identità, senso di inadeguatezza e caduta verticale di autostima. Produce 1,5 milioni di persone scoraggiate che neppure si attivano nella ricerca di un altro impiego. Genera rabbia e disperazione che possono arrivare anche alla tragica risposta individuale del suicidio. 

Ne derivano crisi e depressione, termini che, non a caso, economia e psicologia condividono: una crisi sociale che si sta infiltrando negli aspetti più personali e profondi delle nostre vite, una depressione che non può non richiamare quanti si occupano professionalmente degli “altri” a una nuova vocazione civile.

Per discuterne assieme, psicologi e sindacalisti, psicoterapeuti e amministratori si sono ritrovati a marzo del 2013 presso la Cittadella di Assisi per parlare di lavoro, ponendo al centro di questa riflessione collettiva le parole di una famosa canzone di Patty Pravo anni ’60 per trattare, mezzo secolo più tardi, non di amori perduti, ma di lavori persi: quello che gli adolescenti non riescono più a sognare; quello chimerico inseguito dai giovani adulti; quello da cui si rischia di essere estromessi in età adulta, all’improvviso; quello che, in altri casi, non si potrà lasciare sino a tarda età; quello, ancora, che, con preoccupazione, i genitori immaginano per i figli e le figlie.

Un libro, Se perdo te… quando il lavoro manca, Crisi e arti terapie, Pliniana 2013, raccoglie i contributi emersi in occasione di questo interessantissimo e utile  convegno: ma non è un libro triste, non è intriso di malinconie sociali. Se le sue pagine parlano – e non poteva essere diversamente - dell’immaginario del precariato, raccontano anche di belle esperienze di auto mutuo aiuto come quella attivata presso la Camera del Lavoro di Milano, di invenzioni sociali, di nuove e più piene relazioni con gli altri, di attimi felici …

Se perdo te… quando il lavoro manca, Crisi e arti terapie, Pliniana 2013

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