06 giugno 2014

"The Wake” di Eugene Smith




di Gianni Quilici

Vedendo questa foto di Eugene Smith mi sono chiesto:
“Perché è una grande foto, una di quelle foto che potrebbero rientrare in una galleria antologica sulle più grandi foto del ‘900?”

Immediatamente ho pensato per la qualità espressiva del dolore umano con cui esso viene rappresentato. Dico qualità più ancora che profondità, perché colpisce la dignità, la semplicità che nasce dal rapporto fra l’uomo morto e le donne che gli fanno corona. Ed è un dolore che vive nei volti delle donne raccolte in una veglia funebre  verso l’uomo disteso, il volto statuario che conserva tuttavia un’espressione in bilico tra l’esserci-non esserci, come se forse dormisse, gli occhi chiusi, la bocca stretta, le lunghe mani incrociate.

Ed è un dolore –quello delle donne- oltre che dignitoso, differenziato. Un dolore chiuso e concentrato dentro di sé, dove spiccano tre volti: la donna con la testa poggiata sul braccio che questo dolore sembra drammaticamente guardarlo, la donna in alto fuori-dentro da questa sorta di cerchio raccolto, con lo sguardo che corre dritto sul volto dell’uomo; e infine, al centro e centrale, il biancore grazioso e  indefinibile, come se ad altro pensasse, del volto della donna più giovane.

Ma c’è, evidente, un altro elemento, che da formale diventa fortemente espressivo: il rapporto cromatico tra bianco e nero. L’atmosfera buia della stanza, i vestiti e il velo con il copricapo neri mettono in evidenza, scolpiscono i volti e, in certi casi, le mani delle donne e dell’uomo morto, tanto da risultare ad uno sguardo insistito quasi astratti.

E’ una fotografia comunque realistica, dove la realtà si sposa, in qualche misura, con la grande pittura. Ogni elemento sembra al suo posto, perfetto, come se fosse pensato, immaginato e “lavorato” e non colto in un attimo, in uno scatto.

Eugene Smith. The Wake, da Spanish Village. 1951.
    

   

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