28 novembre 2014

" Intervista a Teresa Cinque" di Mira Giromini



L’arte che fa bene

Ho incontrato l’artista Teresa Cinque, donna originale e sensibile, le ho fatto alcune domande sul suo lavoro.

Entro subito nel cuore della tua forma artistica, le stoffe, da dove nasce l’idea di utilizzare diversi tessuti ritagliati e poi farne delle installazione?
Il mio lavoro con i tessuti nasce da un’idea pura.
Qualche giorno fa in radio ho sentito la citazione di un poeta che diceva “ il primo verso te lo da Dio poi tutto il resto è lavoro”. In effetti mi è accaduto così: l’idea originaria è arrivata da sola poi l’ho sviluppata e quello è stato il mio lavoro d’artista. Il nucleo base dell’idea non è tanto qualcosa che fabbrichi ma qualcosa che ricevi, percepisci o avverti. Dunque l’idea arriva quando meno te lo aspetti, non la puoi controllare, poi sta a te portarla avanti. Tutto quello che uno può fare è cercare di creare le condizioni di vita ed esistenza dove ci sia sufficiente apertura verso le cose, la natura, l’aria.
Dunque una sera stavo pensando a degli oggetti d’arredo (abajur, mobiletti) e li ho visualizzati come siluette di stoffa. I primi tentativi li ho fatti con il feltro, che però non era stabile una volta tagliato, quindi soddisfaceva la sensazione tattile che cercavo ma non funzionava. Ne è scaturito un processo di ricerca e messa a punto tecnica che si è sviluppato negli anni.
Tengo a precisare che non è il mio unico canale espressivo ma sicuramente quello più importante. Più lo sviluppo e più ne vedo il potenziale. Credo che sia qualcosa a metà tra il linguaggio e la tecnica. E’ una modalità espressiva che non avevo trovato prima: non è pittura, non è disegno, non è scultura. Anche se tecnicamente è scultura, per quanto sottile. Così per pacificarsi con la terminologia, si parla di installazioni, parola molto utile e pertinente nell’ambito dell’arte contemporanea.

I tuoi temi sono il quotidiano che ti circonda: il tuo guardaroba, gli oggetti d’arredo ma soprattutto la natura (alberi e foglie), non posso chiederti cosa preferisci tra questi ma ti chiedo a quale tra i progetti che hai realizzato fin ora sei più affezionata e perché.
Si è vero l’ispirazione mi viene da cose che trovo vicino a me. Mi piace scoprire la bellezza in quello che ho intorno, vederla rivelarsi e cercare di trasmetterla.
E’ difficile dire a quale progetto sono più affezionata perché il sapore che trovo in ciascun lavoro è diverso e simile a un tempo.
Il chandelier #1 in gobelin è un’opera che amo particolarmente. Essa accoglie in sé qualcosa della ramificazione dell’albero, le forme sinuose e sensuali dei bracci del candeliere è come se fossero piene di vita così come i rami di un albero e insieme c’è la rievocazione di uno sfarzo pomposo, monumentale, inevitabilmente decadente.
Il soggetto con cui lavoro di più ultimamente è quello degli alberi. La natura è una fonte inesauribile, gli alberi e i boschi forniscono infinite possibilità di sperimentare e giocare con le loro siluette e le loro combinazioni.
Attualmente poi sto sviluppando un progetto con le Rovine che sono per me un tema molto attuale legato alla bellezza ed alla fragilità. La rovina non la intendo tanto come memoria del passato, ma per quello che è adesso, nella contemporaneità, scultura, architettura viva. Mi interessa la rovina per ciò che comunica: il senso del cambiamento, il segmento temporale di un mutamento costante, insieme alla delicata bellezza. Per questo tipo di lavoro scelgo tessuti fioriti e sete a volte sottili, raffinate, consunte.

Nel tuo particolare lavoro artistico ci sono tante figure professionali come l’arredatore e la sarta che entrambe hanno in comune il disegno, quanto è importante per te il disegno nei lavori che fai?
Il disegno è per me la cosa più importante, è la base di tutto. Non sono un’arredatrice, non sono una sarta, vengo da una formazione del tutto diversa: ho fatto il liceo artistico e poi ho studiato Storia dell’Arte all’Università di Pisa. La mia formazione sul piano tecnico è ecclettica anche se amo più di tutti il disegno.
Quando ho cominciato a mostrare i primi di questi di lavori qualcuno ha detto, se si trattava della riproduzione di oggetti di design: “sei una designer”. Voglio chiarire che è come se a un fotografo che mostra lo scatto di un frutteto dicessero: “sei un botanico” o a un pittore che riproduce un nudo dicessero: “sei un medico”.
Io parto da una posizione di libertà di espressione e poi qualcuno ne può vedere oggetti d’arredo o anche decorazione. Non importa. Io mi sento libera artisticamente di fare ogni pezzo come deve essere fatto e sviluppare questo tipo di linguaggio-tecnica senza preoccuparmi dei giudizi e delle funzioni che può avere. Anche un quadro nasce per essere quadro poi può anche abbellire e decorare una sala ma è una funzione secondaria e non necessaria all’opera d’arte in sé.

Le tue installazioni sono site-specific?
Si spesso mi capita, anzi le richieste sono spesso legate ad uno spazio e quindi lavoro su quello.  Avere un ambiente su cui lavorare è un limite che si rivela stimolante e può portare anche dove non si andrebbe senza quel tipo di condizione.

Certi tuoi lavori hanno un che di terapeutico, come per esempio il Kit dell’autunno, è vero?
Quel progetto nasce in un momento di grazia. Anche in questo caso l’idea è arrivata e basta. Camminavo da sola in una bella giornata d’autunno tra le foglie. Il lavoro è nato come risposta alla generosità della natura, le foglie in autunno sono così abbondanti, colorate, coprono le strade, i viali, i boschi. Ho voluto provare a contribuire anch’io a questa generosità giocando sul fatto che normalmente le foglie vengono eliminate e spazzate via dalla casa, dal giardino, dal terrazzo, invece, fatte di carta velina, le ho riportate in casa.
Normalmente regalo il Kit che, per me, è nato come un dono.
A proposito del concetto di terapeutico, guardando i miei lavori mi è stato detto, più di una volta: “le tue opere mi fanno star bene”. Inizialmente questo tipo di affermazione mi turbava, condizionata da fatto che nell’arte contemporanea c’è la tendenza ad esaltare molto la problematizzazione, la provocazione, sembra che l’opera debba porre dei problemi, dei dubbi, e lavorare su un piano cerebrale. Mi sono chiesta: una cosa che ti fa star bene è forse naife ed ingenua? Forse lo è, forse no. Con il tempo ho capito però che era un ottimo risultato ed un complimento. Un po’ come nella letteratura in cui si sente una tensione verso il bene e il bello ed anche una armonizzazione delle due cose che tendono a coincidere. Per me è naturale lavorare intorno alla bellezza che, ovviamente, non è una categoria solo estetica.

Quali sono i tuoi Maestri d’arte a cui guardi mentre lavori?
Sinceramente non ci ho mai pensato, ti ringrazio della domanda.
La prima che mi viene in mente è una scrittrice. Cristina Campo, scrittrice italiana del ‘900, forse una delle più importanti. Lavora molto sul tema della bellezza in senso anche mistico e riesce con un linguaggio incredibilmente raffinato ed attento a ritagliare immagini addentrandosi in un territorio non facile e poco propenso a definizioni finali tenendo in uno squisito equilibrio il dire e il non dire, il suggerire e l’indicare.
Poi mi piace Miranda July, artista contemporanea americana, cantante, performer, si è espressa prevalentemente con il cinema come attrice e regista. Le sue sono opere godibili e deliziose, ricche di ironia e poesia. Essa ha nutrito il mio percorso e il mio lavoro.
Ancora una regista Jane Campion, ha realizzato film famosi e meno famosi, io sono riuscita a vedere tutto, l’ho molto seguita. La sua creatività ha una connotazione decisamente femminile ed il suo sguardo sul mondo e sulle persone è uno sguardo benevolo. Le sue opere sono straordinariamente belle perché in fondo c’è una tensione duplice verso la bellezza e insieme verso la verità.
Infine Natalia Ginzburg, potrei definirla la maestra “del basso profilo”, veramente il genio delle piccole cose. Scrive con umiltà, con un ritmo piano e armonico e con una capacità di penetrare i concetti e di raccontare le storie, insieme profonda e mai  monumentale. La sua è una voce è sempre modesta che mi mette a mio agio.

Dunque due scrittrici e due registe. Come mai il cinema?
Il cinema è per me una fonte importante che probabilmente ha contribuito alla mia formazione come educatore alla bellezza.

Posso chiederti un’anteprima sul tuo prossimo lavoro, su cosa stai lavorando?
Si, sto lavorando ad un progetto che presenterò a Milano, il 14 Dicembre, si tratta di una collaborazione con Rubelli, produttore a Venezia di tessuti italiani di altissimo pregio. Insieme con un gruppo di architetti, lo studio Bollini, realizzerò un’installazione su una parete di 8 m alta 3,50 m. Si tratta di un bosco di pioppi realizzato con un tessuto luminescente di Rubelli, su un fondo blu notte, si chiamerà “Bosco di notte”. Si tratterà di qualcosa di diverso, io generalmente lavoro sul muro, normalmente bianco, come sfondo delle mie installazioni mentre in questo caso avrò un muro scuro. Il colore scuro tende ad indietreggiare, mi auguro che in questo caso dia maggior illusione di profondità e spazialità. Vedremo come evolverà il lavoro; ogni volta si tratta di un salto nell’ignoto: un’installazione la si vede solo quando è finita e montata.
Auguri Teresa e Buon lavoro!
www.teresacinque.it

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