16 dicembre 2016

"Molazzana: viaggio in Garfagnana" di Gianni Quilici



         8 dicembre: decido di andare in Garfagnana. Dove? Boh? Poi penso: Molazzana e Sassi!
La mattina si è già alzata da molto. Giornata fredda e solare. Nel fondovalle si toccano i 2° laddove il sole non ci arriva quasi mai.
A Gallicano ecco il cartello “Molazzana”. La strada sale. Di Molazzana mi ricordo molti anni fa di essermi fermato in una trattoria alla buona, di avere mangiato bene, di avere speso una sciocchezza. Chissà se esiste ancora! Chissà dove si trovava! Non mi ricordo un centro storico e mi è rimasta l’impressione che il paese fosse tutto o quasi lungo la strada.


        Ci siamo! Ecco il cartello Molazzana! Vado avanti e parcheggio agevolmente.
La prima sorpresa: “un monumento ai caduti di tutte le guerre”. Di tutte, così è scolpito a grandi lettere. Alzo la testa e mi trovo negli occhi una scultura, che non ha niente di retoricamente patriottico, anzi. Una serie di corpi nudi, senza armi, ne’ divise, nudi, che si intrecciano dal basso verso l’alto, senza un volto riconoscibile, tutti uguali, nessun eroe, tutti segnati dallo stesso tragico destino. Non so quanto la scultura sia originale, ne’ ho la competenza per saggiarne il valore, ma ci avverto una sua sincera forza poetica, senza compiacimenti, asciutta.


        Arrivo alla piazza, una piazza moderna, un passaggio voltato, che porta nel centro storico del paese. Un gatto s’incammina davanti a me, mantenendo la debita distanza, con passo lemme e meditabondo. Subito dietro, quasi nascosta la chiesa di San Bartolomeo. Ristrutturata più volte, come leggo, ad una sola navata, un altare centrale e due laterali in gesso. E’ segnalato un bellissimo paliotto di fine Seicento in legno intagliato”, che, chissà perché, non sono riuscito a scorgere. Esco senza emozioni.


        Più avanti il municipio, donne che mi salutano sorridendo, qualche palazzo e lungo la via una scultura, a me pare interessante, di Madonna con il Bambino. I volti chiusi, ma espressivi, la vicinanza dei corpi e però anche una autonomia l’uno dall’altro mi pare priva di quelle convenzionalità parareligiose di cui abbonda il nostro patrimonio artistico.


        Seconda sorpresa: in alto le mura merlate a dominare paese e valle, è ciò che rimane del castello. Si sale qualche scalino ed ecco, di un giallo sbiadito, la bella torre slanciata, che divide la piazza della Rimembranza da una parte in una zona pubblica con prato, tavolini di legno e panche, circondati da cipressi (18 per l’esattezza); dall’altra da una casa colonica ben ristrutturata con scalini, porta e finestre incorniciate con a lato due platani e due lenzuoli stesi alla luce.


        Infine, in una estremità della piazza, non a caso della Rimembranza, una lapide per i caduti della guerra 1915-18. Quanti morti per un piccolo paese: 41, li conto, 41!. Tutti giovani o giovanissimi, immagino. Andati ad una guerra, di cui non sentivano il senso, ne’ capivano la ragione! Un tributo di sangue innocente poi celebrato come “sacrificio per la patria e per la libertà”. Quella patria e quella libertà che dopo la guerra sceglieranno poi il fascismo.
E Sassi? Sarà per un’altra volta!  

Molazzana 8 dicembre 2016.       

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