29 marzo 2017

“Cafè parigino” foto di Willy Ronis



di Gianni Quilici

Che bello scatto! E guardandolo con gli occhi dell’oggi come non provare quel sentimento pericoloso, ma comprensibile: nostalgia! Non tanto, perché vi si coglie il tempo del passato, che sovente dà percezioni mortuarie, ma anche perché nella sua semplicità, essenzialità e anche eleganza ha il bagliore dell’autenticità. E infatti quella vetrina, quei bagliori di luce, quella scritta semicircolare “telephone”, quei bicchieri e bottiglie, quella nuca di uomo seduto lasciano trapelare altre immagini di caffè parigini con quell’atmosfera popolare, ormai perduta, d’altri tempi.

Ma senza i due corpi abbracciati la foto sarebbe inesorabilmente  descrittiva. Così diventa invece poetica, magnifica nel modo come vengono rappresentati lui-lei.
Infatti la silhouette  delle loro figure, che li schiaccia contro la vetrina chiara, contorna i loro profili giovani e graziosi, ma nello stesso tempo non li identifica, li simbolizza. Non solo: i corpi appaiono fusi come se fossero uno soltanto, per poi dividersi in due volti: occhi che si guardano, bocche tra loro vicine.

Ecco allora che il luogo e il tempo, con i corpi nel loro contrasto cromatico del bianco e nero, si fondono in una possibile storia, che va oltre il realismo dello scatto fino a diventare una possibile metafora di ciò che potremmo chiamare sentimento amoroso o semplice attrazione.

Willy Ronis. Parigi,  Cafè Mestre, 1947  

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