01 luglio 2023

“Mi accadeva spesso di fantasticare sulle scenografie di Mino Trafeli “ di Daniele Luti

       


         Molte volte, mentre me ne stavo seduto nello studio di Mino, ricavato nel padiglione Ramazzini (per me il "palazzo d'inverno", viste certe "bisanfore" volterrane che mordevano,nonostante gli abiti pesanti) riflettevo, complice la pipa, sulla forza razionale delle sculture del mio caro Maestro.

       Mi accadeva spesso di " fantasticare", in particolare, sulle scenografie e sui costumi "teatrali", sulla costruzione che li aveva trasformati in oggetti sottilmente anfibologici: potevano essere interpretati come prodotti di sartorie addette alla ricostruzione di vecchie cose legate ai miti cinematografici (il trench di Bogart in Casablanca e il Red bridge di Steve McQueen in Il rally dei campioni) o come cartoni ossificati, cartapeste stauriche capaci di diventare sculture indossabili. Quindi, esprimevano Il robotico della contemporaneità, il milleusi dell'oggettistica in vena di essere, però, anche gioielleria preziosa.

        Un'aggiunta nel ricordo, suggeritami dal bellissimo manifesto concepito da Margherita Bartolozzi, le sigarette erano tollerate nello studio, ma la pipa, spenta o accesa, era gradita. Al tempo Mino e io ne eravamo fumatori appassionati. Sento ancora l'odore del vecchio Wills Capstan Navy Cut Tobacco a fornellare nella Bent del Maestro e nella mia Dublin Castello. Giellisti, libertari, insomma avanti coi tempi, eravamo entrambi già felicemente radical chic.

 

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