22 marzo 2011

"Nei colori del giorno" di Peter Handke

di Gianni Quilici


Rileggo questo libro. Lo lessi qualche anno fa. Fu la suggestione e lo stimolo per andare in Provenza, a Sainte-Victoire, la montagna che si trova nei pressi di Aix-en Provence, che Cézanne ha dipinto ossessivamente fino agli ultimi giorni della sua vita.

Scrissi allora un piccolo diario poetico. Per sottolineare il mio tipo di approccio, esso iniziava così:




Verso la Sainte Victoire

sulla scia di un libro

di Peter Handke

ingenuamente

per ritrovarla.

Ma lo so.

Uno soltanto è questo viaggio:

il mio

E' questo uno dei numerosi libri di Peter Handke, in cui il diario di viaggio si mescola alla riflessione filosofica, il presente alle reminiscenze del passato. Lo rileggo col desiderio di ri-tornare in quei luoghi: la Sainte-Victoire, ma anche quei paesi che si trovano alle propaggini: Puyloubier, Pourriéres, Tholonet...

Insomma la lettura come desiderio di essere preparati a prendere più cose possibili: quel paesaggio, quella luce, quel colore, Cézanne.

La cosa più stupefacente e più strana della Sainte-Victoire” lo scrive Handke, ma colpisce immediatamente anche passando dalla vicina autostrada “sono la luminosità e lo sfolgorìo dolomitico del suo calcare...”

Nei colori del giorno” poi non mi convince fino in fondo: a tratti lo trovo troppo microscopico, troppo involuto e personale; a volte, invece, mi affascina e-o “mi tocca”.

Penso che Handke più che un narratore sia un poeta, il poeta del dettaglio, dell'attimo vissuto e trasmesso poeticamente. Scrive:

Camminavo sulla “strada”. Vedevo il “ruscello” nel fossato ombroso. Ero sul “ponte di pietra”. C'erano le fessure nella roccia. C'erano i pini che orlavano un viottolo; in fondo a questo, grande, il bianconero della gazza.

Mi imbevevo del profumo degli alberi e pensavo: ”Quante possibilità esistono - nel presente! Silenzio sulla route Paul Cézanne”. Ci fu un breve scroscio di pioggia estiva, con le gocce che brillavano una ad una nel sole; dopo, solo la strada sembrò bagnata, le pietruzze dell'asfalto coloratissime.”

Ecco, Handke arriva alla poesia attraverso la prosa.

La prosa di un viaggiare, spesso a piedi, con uno sguardo che coglie i dettagli dell'esistenza in sé e fuori di sé, fino a quando percepisce e assapora in questo presente il bagliore dell'esistenza, ciò che per Barthes potrebbe essere il punctum. Un bagliore, che diventa sia il sentimento di vivere che la scrittura stessa, come se, per Handke, il rapporto tra vivere e scrivere la vita non solo fosse molto stretto, ma necessario per .

Con un'aggiunta: nello scrittore austriaco questa condizione esistenziale non rimane sospesa come potrebbe essere per uno scrittore-poeta “puro”, ma viene problematizzata, filosofeggiata.

Un esempio.

Camminavo con cosciente lentezza, nel biancore della montagna. Cosa fu? Non accadde nulla. E nemmeno c'era bisogno che accadesse qualcosa. Ero liberato da ogni attesa e lontano da ogni ebrezza. Il passo regolare era già una danza. Tutto il corpo dilatato che ero veniva trasportato dai propri passi come da una portantina. Questo danzante in cammino ero io-come-esempio e in quell'ora perfetta esprimevo in egual misura “la forma esistenziale della dilatazione e l'idea di questa forma esistenziale”, che secondo il filosofo “sono la medesima cosa, ma vengono espresse in due maniere distinte” -regola del gioco e gioco della regola(....). Sì, allora seppi “chi sono” -e come conseguenza sentii un dovere ancora indefinito. L'opera del filosofo, del resto, era stata un'etica.

Qui Handke racconta, ma anche definisce filosoficamente un attimo di felicità. Lo fa vedere-sentire e nello stesso tempo lo interpreta.

C'è nel libro una sequenza, in cui Peter Handke si dimostra anche notevole narratore. Qui i dettagli diventano azione e tensione: l'incontro con un cane mastino. E' troppo lungo per riportarlo, anche solo parzialmente. Un accenno.

Il cranio era largo e sembrava appiattito, nonostante le labbra pendule; le orecchie triangolari sguainate come piccoli pugnali. Cercai gli occhi e incontrai uno scintillìo(...).”

Nei colori del giorno” ha il fascino di camminare, osservare, interrogarsi, rimanendo aperto.

Tanti i temi: il rapporto tra Cezanne e la montagna, tra Handke e il suo presente- passato, tra Handke e la scrittura, tra Handke e i quadri, tra Handke e la Sainte-Victoire, tra Handke e Cézanne, tra Handke e questo mondo “totalmente muto e afono”, con la voglia di vivere quella natura miracolosamente ancora presente, qui lo scrittore analizza meticolosamente un bosco vicino a Salisburgo, che non è "un bosco di quelli d'oggi, inglobato nella città, non un bosco nei boschi".

La conclusione però è: “Inspirare e lasciare il bosco.Tornare agli uomini d'oggi”; alla città alle piazze e ai ponti; alle banchine e ai sottopassaggi; ai campi sportivi e alle notizie; alle campane e agli affari; al riflesso dorato e al drappeggio..." Forse una sintesi tra silenzio e parola, tra natura e tecnologia, tra memoria e futuro.


Peter Handke. Nel colore del giorno. (In einer dunkeln nacht ging ich aus meinem stillen Haus).Traduzione di Rolando Zorzi. Edizioni Garzanti



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