13 settembre 2024

"La morte di Megalopoli" di Roberto Vacca



Mezzo secolo fa il romanzo che cambiò la percezione del futuro

di Luciano Luciani

       A un sempre più diffuso clima di sfiducia nelle “sorti magnifiche e progressive” dell’uomo, indotto dalla guerra fredda tra le due superpotenze Usa e Urss, dal conflitto caldo e apparentemente interminabile che si combatteva nel Vietnam, dalle sempre più incombenti e assillanti crisi energetiche che sembravano voler mutare in peggio e senza appello gli stili di vita occidentali, appartiene La morte di Megalopoli, romanzo breve e brutale, pubblicato nel 1974 da Roberto Vacca (Roma, 1927), per i tipi di Mondadori. 

       Nelle sue pagine l’Autore, una originale figura di ingegnere, matematico, saggista, divulgatore e scrittore, rielaborava, in chiave narrativa, i contenuti del suo precedente fortunato saggio, Il medioevo prossimo venturo, 1971, oggi considerato una pietra miliare della futurologia apocalittica. 

      Ambientato in un domani individuato nei primi anni novanta del secolo scorso, La morte di Megalopoli descrive il repentino decline and fall degli Usa, al culmine della loro potenza economica, politica e militare a causa del collasso di un’unica, delicatissima struttura logistico-informativa. Un “punto di rottura” che si rivelerà fatale perché determinerà un “effetto domino” inarrestabile capace di trascinare alla rovina le più importanti città del Paese più progredito del mondo e tutti i suoi abitanti: i livelli di civiltà regrediranno all’anarchia feudale e la società si troverà a essere dominata da feroci, spietati Signori della Guerra. 

     Primo romanzo italiano di fantapolitica che declina nell’apocalittico-catastrofico, alla pari, se non migliore, dei classici anglosassoni del genere e dei prodotti narrativi di autori del calibro di Ballard, Maine, Christopher, questo di Vacca è un libro già carico di tutte le paure della allora prossima fine del millennio, che, già a partire dai primi anni Settanta, connotata com’era da un susseguirsi di crisi energetiche - chi ha ancora memoria delle “domeniche a piedi”? -  e disastri finanziari, guerre locali e tensioni sociali, si rivelava sempre più inabitabile.

       Inquietante, a dir poco, leggere La morte di Megalopoli allora; attuali, e quindi ancora più angosciante, i suoi contenuti ai nostri giorni.

 

 

 

 

11 settembre 2024

"Magma" album di Erma Pia Castriota -H.e. r.

 


di Silvia Chessa

       Erma Pia Castriota, in arte H.e.r., è la bella novità di questi giorni di transizione di una estate che stenta a finire (e sfinirci di afa ed affanni) ed un autunno che si fa desiderare.

      Il suo album del 2008, "Magma",  è giunto alle mie orecchie solo di recente, per le misteriose ed imperscrutabili vie del destino musicale.

     Nella fattispecie il primo ascolto è stato un brano denominato "Tentativo zen". Poi Save.

    Una piccola epifania. Un momento topico.

   Già le prime, distanziate e pizzicate corde inducono, ma vorrei dire dolcemente impongono, all'ascoltatore di mettersi in una condizione di vero ed assoluto ascolto, nel silenzio più totale dal tumulto dell'anima e della vita…

    Lo costringono ad azzerare tutto.

   Gli mostrano un cerchio sacro da valicare, solo se maturo. Se pronto.

    Poi inizierà l'avventura. Esperienza mistica e surreale. 

    Così come lo sconvolgimento della terra, mette in gioco nuove energie, la vibrazione delle corde prelude ad un luogo ben definito, un sancta sanctorum in cui assaporare il racconto.

    È questo un disco che non si trincera dietro alcun pudore, non ha paura di schierarsi dalla parte della musica, non cede ad alcun compromesso.

    Reclama il diritto di cambiare il metro, se questo è "concorde" al pensiero da esprimere.

    Il canto è una lama che scava in profondità, confessa tutto, non si nasconde, offrendosi completamente a chi si disponga all'ascolto, perché la musica non è affatto per tutti: come ogni linguaggio, va compresa.

   "Magma" dà ragione al suo nome, è colata lavica che travolge e trasfigura.

   Il suono del violino è potente, avvolgente, intonatissimo, cesella ogni nota in un fatto concreto. Ed avvince.

   Auguro a "Magma" di riaffiorare e di riaffermare il suo nome/destino: quello di non potersi mai contenere all'infinito, bensì di fuoriuscire e tornare a brillare, a farsi ascoltare ed apprezzare.

06 settembre 2024

" Il canto del fiume" di Lorena Salazar Masso

 


Giulietta Isola

Mi sono seduta accanto a lui e gli ho raccontato la verità: “Tu sei nero e io bianca perché hai due mamme: una è la donna nera che ti ha portato nella pancia per nove mesi e ti ha messo al mondo. L’altra sono io, che mi sono presa cura di te tutti i giorni da quando eri piccolo così”.

        Siamo in Colombia lungo il fiume Atrato, un’imbarcazione piena di sconosciuti solca le acque, fra loro una mamma con un bambino che fa un sacco di domande. Il bambino è nero, la sua mamma ed io narrante è bianca. Lei non è la mamma biologica del bambino, le è stato affidato quando era piccolissimo dalla madre che non poteva mantenerlo. 

Il lungo viaggio sul fiume serve a ricordare, a raccontare i propri ricordi ad un’altra viaggiatrice, a farsi una ragione del fatto che la madre biologica vuole vedere suo figlio, che forse lei dovrà separarsene, che dovrà preparare il bambino a questo incontro. Cosa fa chi cresce senza madre? Chi si prende cura di lui? Chi gli insegna a pregare, chi gli dice: ‘Piccolo, questa cosa non si fa’? Per un bambino, una mamma è la persona che gli chiede se vuole il latte al cioccolato, quella che lo rimprovera quando cammina scalzo per casa, quella che assaggia la minestra per prima, si brucia la lingua e aspetta che si raffreddi un po’. Una mamma è la persona che c’è. Una madre è la persona che c’è e che sulla barca culla il bambino, ha paura, e risponde sempre alla stessa domanda: quanto manca? 

Il viaggio è iniziato in maniera abbastanza spensierata, l’allegria del bambino è contagiosa, poi il divertimento della novità finisce ed il battello guidato da una singolare figura di timoniera si ferma in un villaggio distrutto da un incendio, una delle ragazze che era a bordo muore di parto con il suo bambino, tutte disgrazie che preparano per l’arrivo a Bellavista ed all’incontro con Gina, la madre numero uno del bambino. Bellavista è violenta e non è certo il luogo migliore dove far crescere un bambino ma qualunque sia la decisione presa, fra le due donne si stabilisce un legame di sorellanza , ad unirle è l’amore per il piccolo. 

Era chiaro fin dall’inizio che l’atmosfera quasi incantata del fiume era un inganno, che i colori e la musica dell’acqua e il piacere di quella navigazione nascondevano altro. Il tema della maternità, la storia del bambino con due madri, del bambino doppiamente amato finisce con un doppio dolore, né l’innocenza, né la generosità, né l’amore salvano dalla furia della violenza . 

Lorena Salazar, giovane scrittrice colombiana nata a Medellin nel 1991, esplora in questo viaggio sul fiume con “il bambino” tutti gli aspetti, le voci, l’enormità e lo strazio della maternità. Niente verrà risparmiato, niente suonerà falso, niente sarà troppo o troppo poco.

IL CANTO DEL FIUME di LORENA SALAZAR MASSO SELLERIO EDITORE