27 febbraio 2021

"Amore colpevole" di Sofja Tolstaja

 

di Giulietta Isola

"In amore non ci si può fermare a metà strada, l’amore esige una dedizione totale…”

Un romanzo intenso e profondo che indaga con passione sui sentimenti, sul matrimonio e soprattutto sulla gelosia incontrollata, esalta l’amore per la vita in ogni sua forma, il disincanto inevitabile , la passione carnale che diventa delirio e prevaricazione. 

Sofja è una donna mai vinta, degna della massima considerazione : segretaria-editor, madre di numerosi figli, non ha nessun timore a confrontarsi con il genio Tolstoj, con le sue opere e pubblicazioni, con la “sua conversione, è una moglie profondamente legata al marito ma scossa dal suo travaglio, dalla sua insofferenza che appare come la principale interferenza ad una vita serena, completa, semplice, famigliare con i figli nella campagna russa di Jasnaja Poljana. 

Tolstoj è raccontato nella sua sfera intima, nella veste di padre e marito, un mondo privato nel quale condizioni e sentimenti emergono in tutta la loro specifica dolcezza. Le vite di Anna (la protagonista del racconto) e di Sofja sono parallele e si differenziano soltanto per il finale. La povera Anna è vittima di un amore malato, mentre Sofja , che rimane fedele a Tolstoj fino alla fine, viene dallo stesso allontanata e non lo può assistere nemmeno in punto di morte. Ce lo racconta lei stessa nella postfazione al romanzo: una breve ed insolita autobiografia, appassionante e ricca di particolari nella quale celebra anche il suo geniale consorte consapevole che vivere con un uomo come Tolstoj, così grande, così celebrato sia vivere , almeno in parte, alla sua ombra. 

Il marito “ingombrante” deve a lei la possibilità di pubblicare integralmente la Sonata a Kreutzer ,criticata e censurata per la trattazione del tema del matrimonio come semplice convenzione sociale e dell’amore come atto animale che niente ha a che spartire con l’animo ed i sentimenti . 

Sofja Tolstaja, con questo romanzo, ha risposto con coraggio, intensità e dolore a “La Sonata” del marito e alle idee in esso contenute, è fino alla fine una moglie presente, attenta e fedele, anche lei come Anna (nome certamente non casuale) , ha votato la sua intera vita a un uomo, dimenticando passioni e aspirazioni. 

Ho letto questo racconto di sé e dell’amatissimo Lev con grande emozione, Sofja in poche pagine stupefacenti per il candore irresistibile e la bruciante passione, ha ben espresso il suo legame con un personaggio dal carattere complesso e instabile, nella cui personalità si confondono luci e ombre, ma che rimane una figura letteraria centrale per la crescita umanistica di ogni lettore. 

Ah dimenticavo mi ha lasciato anche la voglia di leggere e rileggere i grandi capolavori della letteratura russa. Consigliato.

AMORE COLPEVOLE di SOFJA TOLSTAJA. LA TARTARUGA EDIZIONI

 

23 febbraio 2021

“Parole raccolte” di Giampaolo Giampaoli

 

di Gianni Quilici

Il titolo “Parole raccolte” mi piace. Dà il senso di una meditazione, di un lavorio poetico faticoso, che tuttavia si scalda nel suo “immaginare emozioni”

Così la copertina, che richiama il titolo stesso, una pittura, “Novembre”, di Antonio Fontanesi del 1864, un’immagine di solitario crepuscolare raccoglimento.

E però non mi sono sentito pronto per una recensione del libro, di cui ho apprezzato la  prefazione motivata e acuta di  Caterina Trombetta.

Per dare il senso del poetare di Giampaolo Giampaoli ho scelto, invece, di provare a interpretare una delle sue poesie, individuando, tra le tante possibili , Equilibri, i cui primi versi si ritrovano anche nel retro di copertina.

Equilibri

Ripercorro i giorni

In brevi sequenze,

ideali impietosi e severi

mi impongono di colmare

la consistenza del vuoto.

Stare loro vicino, lontano

dai fluidi della materia

li biasimo solo se

dimentico di guardarli

nell’invisibile essenza,

energia che concede equilibrio

a ogni lineamento della natura.

Cerchiamo di capirla. Il poeta ripercorre i giorni trascorsi sezionandoli in brevi sequenze, ma questi messi a confronto con la sua coscienza ( gli ideali, i valori),  impietosa e severa, gli impongono di colmare (oggi) ciò che definisce “la consistenza del vuoto” e che immagino  sia quei tempi morti che inevitabilmente dimentichiamo, come se non li avessimo mai vissuti.

Prima riflessione: poesia introspettiva dove il sentimento è dentro la materia del pensiero stesso. In altri termini la poesia di Giampaoli non nasce dall’immediatezza del cuore, ma nel cuore mediato, però, dalla riflessione stessa..

E continua con dei versi non chiaramente definibili,  che sottolineano la necessità di guardarli (i giorni) vicini alla loro essenza, invisibili, perché tali sono gli ideali, lontani dai fluidi della materia ( la società odierna, si potrebbe immaginare, felicemente sintetizzata da Bauman come “liquida”), perché soltanto in questo modo si conquista la vitalità (energia) che dà quell’equilibrio ( conoscenza di sé, salute psichica) verso ogni elemento della natura.

E’ una poesia pensante, in cui leggo, ma potrei sbagliarmi, un vivo senso morale, quel “dover essere” che non ci riduca a macchine automatizzate. E tutto quanto si accompagna a una cadenza ritmica implicita con alcuni enjambement e una sua perentoria solennità. La prova? Basta leggere questi versi con jl tono giusto, comprendendo il senso di ciò che si legge per sentirne la fluidità.

Giampaolo Giampaoli. Parole raccolte.  Sillabe di sale editore. Pag. 76. Euro 14,00  

 

"Il grande salto" di Mahi Binebine

di Giulietta Isola 

La morte di abitava e noi l’abitavamo. La morte era nostra alleata. Ci serviva e noi la servivamo. Le prestavamo il nostro odio, le nostre vendette e i nostri coltelli.

Ho girato il Marocco in lungo e largo, eppure Mahi Binebine mi ha portato in un luogo ove non sono mai stata, uno di quei luoghi che non si desidera conoscere : la baraccopoli/discarica di Sidi Moumen nella quale sono nati i kamikaze che nel maggio 2003 hanno provocato gli attentati di Casablanca: 5 esplosioni dislocate e 41 morti. 

Lo scrittore, originario di Marrakech, si è ispirato a quanto realmente accaduto e, addentrandosi in un territorio tabù, ha voluto raccontare il terrorismo da un altro punto di vista, quello di chi nel provocare terrore non cerca altro che dignità, redenzione, paradossalmente giustizia. 

Yashin, il protagonista, è morto e si definisce “un’entità che, per adottare la lingua di laggiù, chiamerò coscienza, cioè il calmo risultato di una miriade di pensieri lucidi. Non quelli, oscuri e miseri, che hanno costellato la mia breve esistenza, ma pensieri dalle sfaccettature infinite, iridati, a volte accecanti”. E’ la sua voce a guidarci in un mondo a noi lontano, in quella bidonville dove sfilano e si intrecciano le sfortunate vite di sei ragazzini: Yashin, ragazzo sensibile e intelligente appassionato di calcio, il fratello Hamid, leader temuto e rispettato, Nabil, ragazzo bellissimo e delicato segretamente desiderato da tutti, Fouad, il figlio del muezzin, Khalil, il figlio di un cocchiere caduto in disgrazia, e Azzi, il figlio del carbonaio. 

La loro vita fatta di violenza e povertà inaudite, di duro lavoro, di morte, solitudine e droga è descritta in tutta la sua difficile realtà. Solo la loro forte amicizia e l’amore per il calcio dona loro istanti di felicità. La loro squadra , Le Stelle di Sidi Moumen, ogni settimana sfida le altre bidonville; per loro non si tratta semplicemente di un gioco , ma di un modo per evadere, per sfogare la rabbia e la disperazione e godere le vittorie insieme. Vivono un fragile equilibrio infranto da Abou Zoubeir, leader fondamentalista, amico di Hamid, un uomo barbuto che sa a memoria il Corano ed inneggia alla Jihad, uno che “conosceva le parole giuste, parole ghiotte che si fissavano nella memoria e, dispiegandosi in essa, fagocitavano i detriti che la intasavano”. Offre lavoro, alloggio, soldi, cibo, disciplina, riscatto sociale, fede, ma soprattutto promette “il passaporto per il Paradiso”. 

Le stelle di Sidi Moumen vengono radicalizzate e convinte di avere grandi doti , degne di dare la loro misera vita per conquistarsi un posto in Paradiso, una prospettiva allettante che prevede un grande salto. “Avevo tirato mio malgrado perché l’astuzia di Satana aveva quasi funzionato nonostante le mie preghiere”. 

Binebine è riuscito a dare un’anima al terrorismo, non lo giustifica mai , ma si sforza di comprendere una società che crea bambini spazzatura, il suo racconto aiuta a venire” a capo di vite troppo brevi ed estreme, di una scelta tanto incomprensibile quanto definitiva, di una storia di indottrinamento ed emarginazione”, aiuta a capire meglio cosa passa nella testa di un terrorista ma, soprattutto, in quali condizioni è cresciuto, quali sono le sue alternative, le scelte a cui può ambire, il futuro che può disegnare. 

Una lettura istruttiva che ha aperto tante domande: perché determinati fatti cruenti continuano ad avvenire? Avvengono sia in occidente che nei paesi islamici, i primi a soffrire delle degenerazioni ideologiche della religione. I morti degli attentati multipli di Casablanca erano, per il novanta per cento, escludendo gli attentatori suicidi, marocchini e la popolazione tutt’ora non riesce a comprendere perché dei marocchini hanno ucciso altri marocchini, quale possa essere stata la leva che ha fatto scaturire tanta rabbia e violenza inaudita. Capire il fenomeno del terrorismo islamico non è facile, mi informo, leggo, ma è chiaro che serve a poco leggere articoli pieni di paura per un paio di giorni dopo un attentato in una capitale europea, un tema così centrale nella vita di tutti i giorni non può essere liquidato da una informazione frammentata, farlo non crea scudi e corazze, mi affido volentieri alla letteratura che offre interessanti spunti a noi appassionati di verità. 

L’autore con i proventi del libro ha costruito un centro giovanile a Sidi Moumen. Da leggere

IL GRANDE SALTO di MAHI BINEBINE, RIZZOLI EDITORE

 

 

20 febbraio 2021

“Le parole per dirlo” di Marie Cardinal

 

di Rosanna Valentina Lo Bello

"Quando scrivo, parto sempre da qualcosa che conosco che ho vissuto. Poi c'è una trasformazione in apertura un inizio a divagare "Io” può diventare "lei" un "lei" che mi appartiene più di quell' "io" fittizio. "Io” è sempre una maschera”.

Marie Cardinal (Algeri 1929/Valreas 2001) filosofa giornalista già famosa quando nel 1975 pubblica questo libro che diventa un best seller.

Ci sono libri che periodicamente si ha voglia di rileggere e che fanno talmente parte dell'arredamento del proprio comodino che diventano "il comodino"stesso."Le parole per dirlo"così  è  per me.

È un libro autobiografico e anche terapeutico."Esisto da 7 anni..sono nata con la psicoanalisi"dirà la Cardinal dopo averlo scritto. In pratica racconta in modo indiretto la storia dell'analisi  della protagonista e insieme della vita dell' autrice. Sottolinea l'epoca delle rivendicazioni del movimento femminista toccando tutto il mondo interiore femminile, dando così un duplice carattere individuale e sociale della lotta delle donne.

Si percepisce una riconsiderazione della propria immagine interiorizzata e delle proprie esigenze individuali più profonde. La psicoanalisi come terapia della parola. La scrittura è una fonte di liberazione per quasi tutte le protagoniste dei libri della Cardinal. I temi fondamentali del libro sono l'amore per la terra natale, per il mare, l'infanzia in Algeria, il rapporto con la madre, la malattia mentale, la grande riconoscenza per la psicoanalisi.

Il linguaggio usato è peculiare e si sdoppia in quello costretto  dalla sua vita quotidiana e quello legato al"concreto"della sua esperienza.Tutto inizia in un vicolo di Parigi dove c'è lo studio dell'analista. Minuziose e affascinanti sono le descrizioni dei luoghi e dei personaggi.

La Cardinal per prima aveva patito la disperazione di non avere parole per narrare una vita che la stava uccidendo. Il dolore di non avere LE PAROLE PER DIRLO che grazie all'analisi freudiana troverà.

La protagonista di estrazione medio alto borghese vive fortissimi conflitti familiari per evitare gli scandali. Appartiene ad una famiglia che perde la ricchezza con la guerra in Algeria e in più macchiata dal divorzio dei genitori quando lei era ancora in grembo della madre. Una donna bellissima anaffettiva che si occupa di opere di carità  e beneficenza e che riversa la sua rabbia sulla figlia mettendola al corrente sin da piccola della sua chiara volontà  di abortire.

 Qui si snoda il punto cruciale del libro che con questo rifiuto primordiale porta la protagonista nel profondo di una depressione psicosomatica tradotta in lunghi anni di sanguinamento. La sua ribellione alle convenzioni, la sua volontà  di lasciarsi andare alla passione erotica non sono sufficienti a darle la sanità  mentale. L'analisi è  la sua chiave per raccontare l'indicibile.

 Interessantissima la tematica sul  rapporto con il proprio corpo. Viveva in bagno tra bidet e vasca guardando il sangue gocciolare.

Alla morte della madre durante l'ultimo anno dell' analisi prova sollievo e libertà. Il libro così termina: "...davanti il vicolo, la strada, la città, la terra e una voglia di vivere grossa come il pianeta".

Marie Cardinal. Le parole per dirlo. Traduz. Natalie Banas.  Bompiani.