28 aprile 2021

"Ivan Illich e l’arte di vivere" Di Franco La Cecla"

 


 

di Carla Rosco

       L’antropologo Franco La Cecla nel suo “Ivan Illich e l’arte di vivere” vuole testimoniare la lunga frequentazione con Illich: dal 1978 all’anno della sua morte nel 2002 in Germania.

      Un rapporto complesso, non facile, ma molto importante data la forza magnetica di questo straordinario critico della modernità: “Per lui il problema della modernità era un problema legato alla scomparsa dell’arte di vivere, di cui l’arte del soffrire era una parte integrante”.

        Molti sono i campi in cui Illich è stato profetico: la critica alla medicina come fonte di problemi iatrogeni, la critica all’automobile e al sistema dei trasporti, la critica al sistema urbanistico e architettonico, la critica alla scuola dell’obbligo.

         Una visione del male cristallizzato nelle istituzioni, nei sistemi dei servizi, negli esperti; le istituzioni avrebbero una tendenza a monopolizzare il campo che occupano e a distruggere ogni altra pratica che faccia loro concorrenza. La Chiesa è la madre di tutte le istituzioni: “Intorno al III secolo, la Chiesa venne finalmente riconosciuta, i vescovi assunsero un ruolo simile a quello dei magistrati e la prima cosa che fecero fu creare delle case di ospitalità ... istituzionalizzazione della carità, la radice storica dell’idea dei servizi e dell’economia dei servizi”.

      Illich è un’aquila che dall’alto spazia e osserva per poi impegnarsi in profonde ricostruzioni del passato insieme a previsioni su un futuro più o meno lontano.

     Una mente titanica secondo La Cecla: parlava 14 lingue, conosceva e percorreva il mondo come se fosse il suo tinello.

      La madre veniva da una famiglia di ebrei convertiti al protestantesimo (colta borghesia viennese). Per sposare Ivan Petar Ilic, primogenito di una famiglia dalmata italofona, aveva dovuto convertirsi al cattolicesimo. Dopo la morte prematura del padre e dopo le leggi di Norimberga la famiglia trovò riparo a Firenze. Una famiglia complesssa e ricca di stimoli, una biografia che ha attraversato le tragedie del Novecento (nasce a Vienna nel 1926).

      “C’era nel suo uso della parola un grandissimo rispetto e una grande attenzione per le persone che lo stavano ad ascoltare ... ci si sentiva riconosciuti da lui. Allargava il suo volto in un sorriso enorma da gatto stregato e restava così per un po’ ... non si capisce il pensiero di Illich se non si sa che buona parte delle cose che ha scritto deriva dal suo parlare in pubblico” scrive La Cecla, che per diversi anni ebbe con lui un rapporto conflittuale, in parte risolto nell’ultimo periodo della vita di Illich, la cui visione del mondo si fa sempre più pessimista: Ivan aveva capito già negli anni Sessanta che la crociata per lo sviluppo era una crociata per omogeneizzare tutto il mondo e renderlo dipendente da spaventosi monopoli del traffico, della salute, dell’educazione. I cittadini così diventano oggetto di servizi, creature imboccate dalla madre Stato, Mercato, Chiesa.

         Nel 1998, in occasione di una conferenza a Bologna, Illich torna su Nemesi medica, suo libro fondamentale del 1974, e dice che non si potrebbe più cominciare il libro affermando che la corporazione medica è diventata una grande minaccia per la salute, ma piuttosto che la ricerca della salute è diventata il fattore patogeno dominante. Sempre più persone dicono di avere problemi, bisogni, malattie e vogliono essere garantite contro i rischi.

      Per questo libro ricevette molte critiche e una feroce reazione professionale, poiché le sue parole erano molto esplicite: la medicina è un’istituzione costruita per rendere il più possibile dipendenti coloro che devono fruirne, non a caso chiamati “pazienti”.

        Erich Fromm, a proposito di Illich, sottolinea l’effetto liberante trasmesso dalle sue opere e lo definisce “un uomo di raro coraggio, grande carica vitale, di cultura e intelligenza straordinarie, di fertile immaginativa”.

 Ivan Illich e l’arte di vivere

di Franco La Cecla

Edizioni Eleuthera   15 euro

 

 

 

 

 

26 aprile 2021

"L'estate dei fantasmi" di Lawrence Osborne

 

di Giulietta Isola

        In pillole: thriller psicologico ambientato su un’isola, protagonisti due ricche turiste occidentali ed un migrante in fuga. L’isola greca di Idra, una piccola gemma dell’Egeo, un tempo frequentata da una nutrita schiera di artisti e intellettuali provenienti da ogni dove, ai nostri giorni è meta ambita del bel mondo di cui fanno parte le famiglie Codrington e Haldane, che riposano paciosi nelle loro ville “Distesi nel fasto avvolgente dei pigiami, fra icone bizantine e quadri di capitani idrioti, all’ombra dei cipressi e delle tende da sole allungate sopra le porte”. 

       Jimmie Codrington, un ricco vedovo inglese, mercante d’arte è in compagnia della donna greca insopportabilmente snob che ha recentemente sposato. La famiglia Haldane è americana ed è ad Idra per la prima volta. Seguiremo da qui in poi le avventure di due dei loro figli: Naomi, svogliata ventiquattrenne in crisi per esser stata cacciata dallo studio legale di Londra in cui lavorava per aver difeso un turco, non rinuncia mai alle sue posizioni progressiste, Sam ventenne wasp annoiata di New York City. “Che begli animali siamo, pensò Sam; belli come pantere”. 

       L’incontro delle due ragazze con Fouad, profugo siriano, metterà in moto una macchina che produrrà effetti devastanti e trasformerà la narrazione in un noir mediterraneo, un intrigo rocambolesco, che non lascia respiro al lettore. 

        Ma Osborne non è di facile contentatura: indaga la psiche umana, analizza una certa classe occidentale di privilegiati a corto di principi ed in preda ad un terribile vuoto esistenziale, è spietato nello scavare nelle macerie corrotte dell’animo umano, mostra la miseria umana, la caducità dei sentimenti, la bestialità e l’orrore che è dentro di noi, ci accompagna con stile ed una scrittura tesa e brillante, verso una ineludibile catastrofe, la sua tecnica è fluida e rivela tutta l’amara consapevolezza di un testimone disincantato chiamato a fare i conti con la propria coscienza ed a guardare dritto negli occhi i fantasmi che porta dentro, l’autore ci invita ad abbandonare un inutile ed ipocrita moralismo. 

       Un romanzo fulminante che mi è parso perfetto per avermi ricordato quanto siamo ridicoli, fuori dal tempo, assolutamente patetici, gentuccia pretenziosa e convinta di superiorità morale. Non dimenticherò tanto presto questa estate infuocata ed i suoi fantasmi.

      Consigliato.

L’ ESTATE DEI FANTASMI di LAWRENCE OSBORNE ADELPHI EDITORE Traduzione di MARIAGRAZIA GINI EUR 19.00

22 aprile 2021

"La metà del doppio" di Fernando Bermudez

 

di Giulietta Isola

               Non sono appassionata di racconti, la narrativa breve è difficile, nel racconto va mantenuto il ritmo ed ogni parola deve essere quella giusta al momento giusto (come ricordava Carver), le difficoltà ci sono sia per l’autore che per il lettore che spesso stenta a penetrare il racconto, ne è affascinato, ma gli manca il grande respiro del romanzo e lo spazio temporale, gli avvenimenti e le storie sono concentrati in poche pagine e talvolta non è facile coniugare trame e storie con la concisione, ma se ci si riesce non mancheranno piacevoli sorprese. 

       Ci sono delle raccolte di racconti che hanno segnato la mia vita di lettrice e che leggo e rileggo, così quando si è presentato sotto i miei occhi questo sconosciuto Sig. Bermudez con la sua raccolta “La metà del doppio”, nella splendida traduzione di Giovanni Barone, per me Gianni, ho pensato fosse una imperdibile occasione per avvicinarlo. 

      Poche pagine, ma intense, sette racconti molto intriganti, pieni di personaggi imperfetti ed anomali, caratteristiche che per me rappresentano il fil rouge che li collega tutti. Le storie sono in bilico fra realtà e fantastico, un mix che crea immagini e situazioni che colpiscono e coinvolgono soprattutto, ma non solo, chi frequenta la letteratura sudamericana che è notoriamente molto acuta ed abile nel raccontare. 

       L’universo narrativo di Bermudez è complesso, fatto di lingua colta ed elegante, non sempre è facile comprendere dove ti sta portando, mi è successo anche con altri autori e l’escamotage che adotto è dimenticare la trama e lasciarmi trasportare dalle visioni, dar libero sfogo alla mia immaginazione.. 

       Ma Bermudez ha dalla sua anche una discreta arte manipolatoria in grado di scompaginare i pensieri e lasciare il lettore spiazzato di fronte ai percorsi che si sdoppiano e diventano un labirinto. Il richiamo ad altri ben più noti labirinti sono un omaggio o un pagare pegno a qualche grande Maestro

       Ho dovuto leggere un paio di volte alcuni pezzi, ma nonostante ciò le idee sono rimaste confuse, ma forse l’estrema chiarezza non è nemmeno necessaria se ci si lascia trasportare dalle parole. 

       Ho particolarmente apprezzato Mezzanotte passata per la struttura sperimentale ed i ricordi che si muovono avanti ed indietro fra Anna “dal nome sferico , un nome di andata e ritorno, incinto” che è lì al letto dell’infermo e Kristina “che si siede nella mia memoria” (immagine bellissima) e la considerazione finale “racconto per me stesso, per non dimenticare i percorsi della mia storia” bello bello, La condizione genuina come in un film i protagonisti nella notte imbastiscono dialoghi surreali “loro due nudi in questa notte, dalla pagina ottantacinque di un romanzo. Dal minuto sessantatré di un film”,Blooma lo scrittore e la sua lettrice “Ora siamo uno scrittore e la sua lettrice che camminano nello scenario della trama, anche prima che la trama abbia il suo sviluppo” “dopo tutto siamo i due punti di un viaggio, il resto è la scusa”, Mappa mundi con Hans dalla maglia blu a collo alto ed “il nonsenso di un uomo cieco che collezionava cartoline estive”, la rappresentazione allegorica di un non vedente che immagina il mondo attraverso le foto patinate attaccate sul muro, Hugo Talmann scrittore in fin di vita con la fissa dei sinonimi che “non poteva continuare con la frase senza sviluppare contemporaneamente tutte le possibilità e, logicamente, esprimerle tutte allo stesso tempo” è l’apice del fantastico o forse cio’ che è fantastico per l’autore. 

       Una raccolta dalla scrittura sperimentale e raffinata che ho letto con grande piacere e che consiglio vivamente a tutti. Un grazie di cuore a Gianni Barone

LA META’ DEL DOPPIO di FERNANDO BERMUDEZ EDIZIONI SPARTACO

 

19 aprile 2021

"Non è che l'inizio" di Gianni Quilici

 

di Rosanna Valentina Lo Bello

          Questa non è una recensione, ma una sensazione pensata e scritta.
Sul libro, su Zeta, su Gianni Quilici
So che alcuni di voi hanno letto questo romanzo, uscito nell’aprile 2015, e forse conoscono l’autore stesso, attraverso la sua presenza in FB.

 

     Ecco perché  vorrei scrivere senza raccontare il romanzo, ma esprimendo ciò che mi ha trasmesso,  che non è una banale autobiografia, ma un libro fluido, che scorre e che ci investe con la passione dei sentimenti e delle riflessioni..
 

     Sin dalle prime pagine Gianni Quilici ci racconta e si racconta attraverso il suo personaggio Zeta.

     Vengono messi in risalto tre percorsi: la donna , la politica, la scuola ossia le passioni del personaggio Zeta,  che sorprendono nel loro rispettivo percorso individuale.

      Ognuno di questi percorsi ha un preciso  andamento parallelo, che finisce per collegarsi e ciò  si percepisce bene nella scrittura concatenata dei vari episodi, di cui l’autore  fa, a parere mio, buon uso.

       Man mano che si va avanti nella lettura (spesso con il sorriso visto lo sguazzare del tipico umorismo toscano) questi tre fronti assumono l’aspetto di tre quadri intriganti per i colori, le sfumature e le minuziosità psicologiche tutte da scoprire e che si prestano a una riflessione profonda da rendere questo romanzo molto generoso con il lettore.

     Quando poi a pagina 19 ho trovato Le mie tentazioni, cioè le tentazioni di Zeta,  sono rimasta molto colpita dall’elenco stilato sia graficamente (in movimento sparso ma con un suo ordine) sia con la scelta del carattere  più  confidenziale nel segno e ho ascoltato la sua "musicalità " come fosse uno spartito di Wim Mertens.

    In questa lista ho sottolineato alcune tentazioni a me congeniali , e una in particolare "vivere come se fossero tante sequenze cinematografiche"   mi ha procurato un pensiero: questo romanzo con i tre quadri intrecciati tra poesie dentro il romanzo e foto in B/n ha una forte potenzialità sia cinematografica che teatrale.

     Ho immaginato un vero e proprio monologo di Gianni –Zeta,  situato in uno spazio circolare dove i tre  quadri assumono la forma di tre sedie  diverse, nelle quali Gianni-Zeta si alterna, seduto, recitando dentro quel filo sottile, che spesso divide la realtà  dalla finzione.

   Da lì, ho immaginato, sfiderà, provocherà, sorprenderà, cercherà  di sedurre coinvolgendo quel pubblico  fatto da  persone che lo conoscono, ma anche  da perfetti sconosciuti.

   La luce avrà  un ruolo fondamentale dentro una scenografia apparentemente scarna...dove voleranno parole pensieri e immagini...e da lontano da molto lontano una voce sussurrerà :" Non è  che l’inizio/la lotta continua..."

Ps.: complimenti per la copertina..accostamento di colori azzardato ma rende benissimo il tutto.


Gianni Quilici.

   Non è che l’inizio.

      Tra le righe libri 2015, 

            Euro 12.00