29 dicembre 2020

"Afferra per il coniglio" di Lana Bastasic

 


 

di Giulietta Isola

“I nomi si dimenticano facilmente, basta riempirsi di parole altrui, mappe altrui, e le lettere scompaiono come zucchero sulla lingua. Ma i colori restano, come macchie sotto le palpebre.”

 Un esordio letterario coi fiocchi che mi ha molto colpito per il linguaggio giovane, diretto ed immediato che si rifà al parlato e non ha paura di esaminare la realtà anche nei suoi lati scabrosi o spiacevoli. 

Si alternano il presente di un viaggio ai ricordi di un passato e di un vissuto che quel viaggio hanno motivato e che, sostanzialmente dice: per rimettere insieme i pezzi e vivere l’oggi bisogna tornare all’ieri, a quello che siamo stati, che abbiamo perso o guadagnato. 

La citazione di Alice nel paese delle meraviglie è molto interessante e ci accompagna a comprendere la narrazione: l’autrice Sara era, forse, un’altra persona prima di una telefonata che la ributta letteralmente nel passato. Ha lasciato da anni la Bosnia, vive a Dublino con un compagno, ha una casa, abitudini consolidate eppure basta la voce di Lejla per scardinare certezze e strapparla ad una realtà acquisita con grande sforzo. 

Lejla o Lela è stata la persona più importante della sua vita, un rapporto iniziato nell’infanzia il primo giorno di scuola quando bastò uno sguardo per scegliersi e creare un cerchio magico al centro del quale c’erano solo loro due e tutti gli altri fuori, un legame che si trasforma in un complicato rapporto di dipendenza. Gli anni le hanno allontanate, dopo 12 anni quella voce riemerge dal passato evocando il nome del fratello Armin ed insieme il passato della guerra in Bosnia, le famiglie, il loro rapporto contorto tenuto insieme da un equilibrio tra forze disomogenee. 

Sara, protagonista e voce narrante ci trasporta in quello che fu il loro mondo articolando il racconto in due flussi narrativi : il viaggio di oggi da Mostar a Vienna che lei e Lejla intraprendono e il passato richiamato da ricordi, immagini, sensazioni, eventi condivisi che hanno segnato le loro vite insieme. Da una parte un “on the road” con imprevisti e avventura e dall’altra un romanzo di formazione, a collegare le due situazioni c’è il bisogno di Sara di chiarezza, di risposte rimaste sospese, di capire cosa sia stata la loro amicizia, cosa ne è sopravvissuto e cosa potrebbe diventare. Per Sara quell’amicizia repentinamente interrotta è una ferita aperta, sanguina e provoca dolore, Lejla mostra un atteggiamento di superiorità, una spavalderia tagliente e sprezzante che la riporta nell’oscurità della Bosnia , ad un passato difficile ed ad un altrettanto difficile rapporto con i genitori. 


L’autrice Lana Bastašic ha 36 anni, è nata a Zagabria, era bambina durante quella guerra e proprio quegli anni sono la cornice del libro assieme alla ricerca di Armin, il bambino perduto, quel balija bosniaco musulmano, che si trova forse a Vienna. 

E il coniglio presente già nelle prime pagine? E’ la Bosnia racchiusa in un quadro, imprendibile, difficile da catturare nonostante squarci e ferite che la scindono da sempre. 

Un romanzo importante per tutti noi, la Bosnia è stato un “mare di possibilità” che i bambini di allora hanno visto diventare un cimitero ed oggi, adulti sopravvissuti, ci raccontano una guerra con cui, in fondo, la popolazione non è mai riuscita a fare i conti. 

Bello il tema dell’amicizia tra due donne, una sorellanza complessa capace di condividere, con naturalezza, anche le esperienze più intime, ma interessante anche il racconto dell’ intolleranza religiosa verso le minoranze islamiche presenti nell’area da più di cinque secoli e dell’identità femminile in un contesto di povertà e arretratezza culturale.

 Leggendo capirete perché Lejla cambia il suo nome pensando che avrebbe avuto un destino migliore ed evitato la violenza ed il nazionalismo, ma noi lettori europei occidentali abbiamo poca familiarità con la storia dei Balcani e non abbiamo una vista di insieme delle problematiche, potremmo aver la scusa per approfondire. 

Consiglio questo viaggio indimenticabile nel quale la memoria è impetuosa, diretta, libera, volta a liberare dal dolore, la scrittura è molto intensa ed Alice…solo alla fine acchiapperà quel coniglio bianco. “Un quadro, un coniglio, una chimera da inseguire.”

AFFERRA IL CONIGLIO di LANA BASTASIC NUTRIMENTI EDIZIONI

23 dicembre 2020

“Henri Cartier-Bresson” a cura di Stefano Bartezzaghi

 

 

nota di Gianni Quilici

E’ uscito in una collana fotografica di Repubblica un libro su Henri Cartier-Bresson. L’ho comprato subito, senza incertezze, sfogliandolo meccanicamente appena, nonostante che di libri suoi ne abbia parecchi e quasi tutte le foto ne possa trovare o in un volume o in un altro.

Per  una ragione materialistica: la bella copertina solida con lui giovanissimo in azione,  il pregio della carta,  la grandezza e qualità della riproduzione delle foto,  il buon prezzo.

Per una ragione grafica: la felice armonia tra immagine e parola,  la scrittura ariosa sia nel carattere normale che gridato.

Per  una ragione critica: l’introduzione di Stefano Bartezzaghi delinea  un percorso  scegliendo foto sulla base soprattutto di un dettaglio originale: l’importanza delle mani. Infatti in tutte le immagini queste ci parlano, sia in modo latente che evidente. Naturalmente c’è molto altro.


Per un piacere ludico: le foto sono una passerella di grandi creatori: letterati come Colette, Faulkner, Beckett, Camus, Capote, Sontag, Sartre; poeti come Pound, pittori come Matisse, Duchamp, Bacon; attrici come Marylin Monroe e Isabelle Huppert; psicanalisti come Jung solo per dare qualche esempio.

Per il piacere di conoscerlo: due interviste in cui emergono la poetica fotografica, l’umiltà e l’ironia, la sua libertà intellettuale, la sua vita in  breve sintesi, la bibliografia dei suoi testi.

Ma a pensarci bene c’è una ragione più di fondo, che potrei sintetizzare in questo modo. Le foto di Cartier-Bresson non mi stancano, perché non si consumano. Perché toccano la verità di un attimo e la colgono con l’intelligenza estetica della forma. Una foto, quindi, che tocca il sentire, ma nello stesso tempo lo sguardo, la necessità per coglierne la complessità compositiva. Come osserva nell’intervista Cartier-Bresson “ bisogna guardare, e guardare è difficile”

Henri Cartier-Bresson. A cura di Stefano Bartezzaghi. La Repubblica. Euro 14.90  

22 dicembre 2020

"Paure e speranze nel Santo sudicio! "di Luciano Luciani

 

di Cristiana Vettori

 È incline al gioco Luciano Luciani, come si capisce fin dal titolo, pronto alla battuta e alla sottolineatura dei risvolti paradossali e bizzarri della realtà, quasi che si sentisse erede, lui romano da molti anni residente a Lucca, sia della comicità un po’ caciarona della sua terra d’origine che dell’irriverenza caustica dei “maledetti toscani”.

Sempre misurato, però, il nostro autore: come si conviene a chi può vantare, per diletto e per mestiere, solide letture e frequentazioni dei classici. Comunque viene il sospetto che ci sia qualcosa da esorcizzare dietro tanta sottile ironia e persistente umorismo: in effetti basta andare all’indice per averne conferma.

 Il libro è suddiviso in quattro sezioni e le prime tre si intitolano: Paura prima, Paura seconda, Paura terza, dove si parla rispettivamente di Cannibalismo, Contagi e contagiati, Cibo come eccesso. Accidenti se c’è da esorcizzare! L’Autore del resto non lo nasconde: lo dichiara apertamente nell’introduzione il cui titolo è per l’appunto “Sulle paure dentro e su alcuni modi possibili per farci i conti”. 

Tuttavia dalla stessa introduzione veniamo a conoscenza di una fondamentale svolta nella vita e nella “ideologia” dello scrittore: “Nell’età matura, mi sono scoperto sempre più amante dell’happy end, di un lieto fine capace di rimettere le cose a posto…”. E infatti la quarta sezione è inaspettatamente intitolata “Speranza quarta – Arrivano i nostri. I medici”, dedicata agli “eroi” della lotta ai contagi e alle malattie “indotte dai discutibili stili di vita degli uomini”, fra cui, come apprendiamo dalla dedica del libro, il figlio stesso dell’autore, Remo, medico in prima linea.

Il libro raccoglie trenta articoli, per lo più apparsi nella rubrica “Le buone notizie” dalla rivista on line “Naturalmente. Fatti e trame delle Scienze”: trenta storie in cui si parla di fatti spesso poco noti, selezionati ai margini della grande Storia, che hanno contribuito a cambiare abitudini, usi e costumi, di uomini e donne. Storie non sempre edificanti – come quelle degli antropofagi antichi e moderni – e talvolta nemmeno tanto profumate – come la storia della cacca, sempre che se ne possa parlare: “se permettete” dice l’autore. 

Ma qualche volta anche eroiche, di quell’eroismo non guerriero, ma speso con generosità per alleviare le sofferenze della famiglia umana: quello dei medici di oggi e di ieri, dei ricercatori, che magari il caso ha premiato con scoperte eccezionali e prodigiose, a vantaggio di tutti.  

Un fior da fiore davvero appassionante, di quelli che ci possono tenere incollati al libro dall’inizio alla fine – e quanto piacevolmente in tempo di pandemie e di quarantene! – grazie alla finezza di quello sguardo ironico che dicevamo, alla precisione dei riferimenti storici, all’invito a una riflessione leggera ma certo non banale sui fatti della vita. Sicuramente i tempi che stiamo vivendo – l’autore non lo nega – sono stati la spinta a pubblicare questa raccolta come contributo al dibattito attuale e alla riflessione sulla diversa ottica da cui la pandemia ci ha indotto a considerare gli eventi.

Alla fine quello che resta è un moto di ottimismo e di speranza: la fiducia che l’umanità trovi sempre la maniera di ristabilire gli equilibri compromessi, grazie alla creatività, al coraggio, alla determinazione di uomini e donne che ogni giorno si impegnano a sconfiggere la sofferenza, l’ignoranza, la prevaricazione – eroi sconosciuti e spesso dimenticati dalla Storia. Promessa o illusione? Non si sa: ai posteri...

Intanto la gratitudine è sincera e la speranza affidata alla pagina scritta ci restituisce una nuova prospettiva di futuro.

Luciano Luciani, Santo sudicio! Trenta storie tra sporco e pulito, Carmignani Editrice, Santa Croce sull’Arno (Pi), 2020, pp. 166, Euro 12,00