di Marisa Cecchetti
“Il
7 febbraio del 1522 Ariosto venne nominato Governatore della Garfagnana. Il 20
febbraio Ludovico, dopo un lungo viaggio, arrivò a Castelnuovo e prese possesso
di quella Rocca che divenne la sua “prigione” per i tre anni a venire”.
Così scrive
Lida Coltelli sul contesto storico di riferimento nel giallo “Il calzare
della sposa”, ricordando le alterne vicende della Garfagnana -a cominciare
dal 1521-, passata dagli Estensi ai Lucchesi, poi ai Fiorentini appoggiati dal
Papa, finché il commissario pontificio fu cacciato nel dicembre 1521 e gli
Estensi incaricarono l’Ariosto.
Il
Commissario, insieme a Iacopo il baricello, responsabile del servizio di
polizia, con la presenza dei balestrieri del capitan Navarra, affronta una
serie di problemi, in un paese dove “accuse e liti sempre e gridi
ascolta/furti, omicidi, odi, vendette et ire”.
Il
paese di “Castrinovi” appare come un presepe animato, con la Rocca che lo
sovrasta, le porte di accesso, il borgo con i suoi abitanti e le botteghe
artigiane, le viuzze strette, il Serchio che si sente scorrere quando cala il
silenzio, con la Turrite che vi si getta.
Questa
volta corrono le domande, le congetture, i timori, intorno alla scomparsa di Evelina,
una bella ragazza promessa sposa ad un abbiente giovane del posto, Lorenzo.
Uscita dalla casa degli zii per dar da mangiare al gatto, non è più rientrata. Si
perlustrano il paese, il fiume, i boschi, le capanne più distanti, ma di lei
nulla, tranne una scarpa rinvenuta nell’erba.
Le
indagini si allargano, si cercano indizi, si interroga chiunque l’abbia vista,
si analizzano i movimenti, si scoprono le molte facce di Lorenzo, si conoscono
tresche amorose, si dubitano vendette per gelosia. Si contano delle vittime.
L’idea
di un rapimento per riscatto si fa strada sempre di più - l’unica possibilità
di trovare viva la ragazza - e il pensiero corre ai banditi, tanti quelli che
infestano la zona, famosi e temuti, schierati contro gli Estensi. E anche a qualche
“cane sciolto”.
Lungi
dallo scendere nella trama del giallo e dal ricordare ogni supposizione -anche
quelle andate a vuoto-, ogni mossa per arrivare alla verità, in un intreccio
che trascina il lettore, quello che rimane al di sopra delle indagini è l’atmosfera
che la Coltelli sa creare nelle piazze e nei vicoli, nelle taverne, nella zona
del mercato, in un fitto di carri, muli, artigiani, venditori, merce di ogni
genere, nei quattro giorni di fiera di Pasqua. Con una serie di incontri, una
richiesta di informazioni, un parlare fitto di serve uscite per la spesa: un
paese che risuona di voci, e odora di cuoio, di legname, di cacio, di pane.
L’interno
della Rocca svela un Ariosto immaginato nella veste privata, che trova
difficoltà a dedicarsi ai suoi versi, che rimpiange Ferrara e la donna amata, impegnato
col baricello a fare congetture, a tenere rapporti epistolari con i
governi vicini, ad ascoltare lagnanze infinite, ruberie, illegittimità. Un
Ariosto che ama giocare a scacchi, che fa lezioni di Latino al figlio
adolescente e a un suo amico, che trova consolazione nella cucina della Velia,
la servetta di Vagli di Sopra, intelligente e curiosa, dagli incantevoli occhi
verdi che hanno fatto presa sul giovane Iacopo.
Alle spalle del romanzo c’è una ampia bibliografia
che include la conoscenza di missive e documenti del tempo, sia dell’Ariosto
che di altri suoi contemporanei, di conseguenza un appropriarsi del loro linguaggio,
per cui la Coltelli alterna all’Italiano della narrazione il parlare del tempo,
che si fa più stretto addirittura nelle forme dialettali locali.
-
Havete inteso,
sì o no, che son dietro a maritarmi?
-
Non mi date
scelta!
-
Che accade padroncina?- s’intromise a quel punto la servetta. Quest’homo
vi importuna?
-
Ma che vai
pensando Faustina,- la tranquillizzò
la giovane. -Gl’ero justo lì per dire a questo figulus che li suoi cocci non
son di mio gradimento e che da hora innanzi rivolgeròmmi altrove!
Un linguaggio che suona melodioso ed ha un fascino nuovo.
Lida Coltelli, Il calzare
della sposa, Tralerighe Libri 2022, pag. 352, € 16,00