24 agosto 2019

"I sogni del vecchio marinaio" di Beppe Calabretta


di  Luciano Mirarchi

Sembra certo che la Saggezza abbia come mamma l’Esperienza. Un po’ incerta invece è l’identità del padre, anche perché le migliori virtù portano quasi sempre un nome da donna (sarà un caso…?).

Ma parcheggiamo pure la biologia in divieto di sosta e, finché non verrà un vigile a svegliarci, lavoriamo un po’ d’immaginazione. Pensiamo, perché ci piace pensarlo, che Saggezza sia nata da uno dei tanti amplessi consumati da Esperienza e Conoscenza (due donne) in una lunghissima notte d’amore. Ora che ci siamo, immaginiamo pure che Saggezza sia nata già di età avanzata (45 forse 50, o giù di lì). Forse abbiamo esagerato con l’immaginazione ma sembra questo il nesso che tiene insieme la prima parte di questa raccolta di racconti.

L’armonia che accompagna le parole e i gesti delle persone anziane è un patrimonio inestimabile per chi gli sta (o dovrebbe stargli) vicino.

I genitori di Francesca sono “splendide persone” e “amorevoli genitori”. Al di fuori di loro non riesce a trovare molto altro se non il calore del sole che la sveglia al mattino. Gli uomini? Che delusione…

Luciana invece ha una mamma non autosufficiente, bisognosa di cure e attenzioni che lei, alle prese con le difficoltà del suo tempo, non riesce ad assicurarle. Ma alla fine comprende che la mamma ha bisogno di avere accanto una figlia non un’infermiera.

Anche la mamma di Alfredo vorrebbe che suo figlio fosse più presente e meno frettoloso nelle sue sporadiche visite, ma la metafora della ricetta, per quanto eloquente, non riesce a scalfirlo: il giovane avvocato in carriera resterà il tipo da pentola a pressione, uno da “cinque minuti e via!”.

Il topolino nella tana no. Fosse per lui rimarrebbe sempre accanto alla sua mamma. Ma la mamma la perderà a brevissimo, per legge di natura. Non prima però di avere appreso da lei gli insegnamenti indispensabili per la sua sopravvivenza.
Sono anziani anche Marco e Chiara che, dopo 40 anni di vita in comune, temono di perdersi come se fosse il loro secondo giorno d’amore.

E anche Dongo, con la sua voce soave e la faccia da cane, non dovrebbe essere giovanissimo. Viene “dal mondo” e va “in giro per il mondo”, un po’ come il quarto cane di De Gregori, che “non sa dove andare, ma comunque ci va”. È brutto come il bandito di “Una storia americana”, che si chiamava proprio così: Faccia di Cane! Dongo non vive bene il suo aspetto fisico ma… nemmeno più di tanto. In fondo ai suoi occhi, sempre nascosti dagli occhiali, chi li ha visti ha saputo notare “serenità” e “pace con il mondo”.

La storia di Alberta è un dramma vero. Il dramma di una donna che ha il coraggio di dire un NO senza girarci troppo attorno. Dice NO all’amore, quando questo conduce alla morte; dice NO al Cielo, quando il cielo ha le sembianze di un prete. Troverà conforto solo nell’abbracciare una sua “vecchia amica”: la Morte.

La morte dovrebbe essere il pensiero fisso anche per il vecchio marinaio, che ha già superato i 90. Pure lui starebbe bene sulla collina di Lee Master con i suoi calli e le sue rughe che racchiudono i suoi ricordi, belli o brutti che siano. Non ha rimpianti, se non la frustrazione di non poter accarezzare la pelle della giovane donna apparsa in sogno. Ma anche il sogno, semplicemente sognare, che grande privilegio…

È un privilegio anche per noi, che non leggiamo la rivista “Meno Tre”, scoprire questi 8 racconti di Beppe Calabretta, opportunamente raccolti in un libro che ne contiene altri già letti.
Fiumi d’inchiostro si sono riversati negli anni sul mondo giovanile e sulle sue pulsioni. Scrivere dei vecchi, delle loro necessità, delle loro passioni, dei loro drammi, ma anche del loro equilibrio interiore, raramente ha portato benefici alle casse degli editori. Questo libro offre una panoramica molto interessante per chi ama scavare nel profondo e scoprire che l’esperienza e la conoscenza fanno la saggezza, ma quasi sempre il solo vissuto è bastevole alla costruzione di un’etica personale magari non codificata, spesso disordinata, ma non per questo meno efficace di un intero volume di precetti pronti all’uso.

I personaggi di questi racconti non sono eroi hollywoodiani, sono persone vere, è la gente della porta accanto, quella che incontri per strada, sul tram di una città distratta. Sono le storie personali che non si ha la possibilità di raccontare o quelle che non si sanno leggere negli occhi degli altri. Però esistono e concorrono a formare un variegato universo di valori ed emozioni per certi versi sorprendenti.

Beppe Calabretta ha rappresentato queste storie al meglio, complice la sua penna scarna, ipotattica, ben rodata in decine di lavori che abbracciano storie lunghe e brevi con escursioni sul giallo. La grande assente nella sua produzione è la poesia. Forse non fa per lui?

Prendiamoci un po’ di pausa e riponiamoci la domanda dopo aver letto la “Filastrocca per chi se ne va”, che apre la raccolta. Ognuno ha un buon motivo per andarsene: il lavoro, un amore, la guerra, l’assenza di libertà. È una struggente ballata da raccomandare a tutti, specie a chi non ha cuore, voglia, forza, umiltà di offrire un approdo alla speranza.

Beppe Calabretta
I sogni del vecchio marinaio
e altri racconti
Tra le righe libri 
pag. 94
14,00 euro


23 agosto 2019

"Passato al presente Giochi fai da te" di Antonio e Jacopo Tolomei

                         Giochi di una volta versus videogames: chi vincerà?

di Luciano Luciani

Tu dici videogames - quei giochi elettronici così vivaci, rumorosi e colorati ormai  diffusissimi  tra bambini e adolescenti - e pediatri, pedagogisti e psicologi scuotono la testa e storcono la bocca. Perché esistono dei rischi concreti nell'uso, e soprattutto nell'abuso, di questi nuovi media che, a quanto pare, diminuiscono le inibizioni, aumentano l'aggressività, incrementano i livelli di ansia con conseguenze gravi nella vita di tanti ragazzi: una  chiusura solipsistica all'interno di un mondo fittizio e una perdita di contatto con la vita vera; un acutizzarsi dei comportamenti violenti e ostili per non parlare delle difficoltà nel sonno e di uno stato diffuso di iritabilità e affaticamento. Sono i regali avvelenati della contemporaneità, così come l'abbiamo voluta e costruita per i nostri figli: abbiamo donato loro realtà che non esistono, virtuali, che nascondono e allontanano dalla loro esperienza quelle vere, reali, concrete... E forse è giunto il tempo di cominciare a elaborare antidoti capaci, se non di contrastare, almeno di affiancare positivamente l' "irrealismo" dei videogames e le conseguenze negative che tanti fatti di cronaca ci consegnano quasi quotidianamente in tutta la loro gravità: crisi isteriche e atti di violenza nei confronti degli adulti che tentano con fatica di interrompere la spirale di dipendenza indotta dall'uso di strumenti apparentemente ludici, ma in realtà stranianti e pervasivi.

È il problema che probabilmente si sono posti i lucchesi doc Antonio e Jacopo Tolomei, rispettivamente padre e figlio, in questa loro bella e utile pubblicazione, Passato al presente. Giochi fai da te, che mira a ritrovare alcuni dei giochi con cui una volta si divertivano - e non poco - i bambini. Quelli che i ragazzini di due generazioni fa - più o meno - costruivano con le proprie mani, impegnandosi tanto nella progettazione, quanto nella loro realizzazione, utilizzando materiali poveri, di uso quotidiano, "di riporto", recuperati una volta esaurita la loro funzione primaria: vecchi giornali, filo  di ferro, cassette per la frutta, scatole di cartone, chiodi, spaghi, elastici, manici di scopa... E poi colla, forbici, olio di gomito, pazienza e tanta, tanta fantasia. Prendevano vita così i trampoli e gli aquiloni, le trottole e i caleidoscopi, il carrettino e la pentolaccia: divertenti in sé e capaci di svolgere una funzione importante nel complessivo sviluppo della sfera cognitiva e della personalità del bambino.

La solita lode del buon tempo andato, potrebbe obiettare qualcuno... E se anche fosse? Non tutto quello che ci giunge dal passato è da respingere. Anzi. Il mondo di appena ieri è pieno di tante e tante buone pratiche che potrebbero essere  rispolverate con non poco vantaggio pubblico e privato. E questo piccolo libro che si rivolge non solo ai ragazzi di oggi, ma anche a quelli di qualche anno or sono, oggi genitori e nonni, insegna piacevolmente "come si fa": non solo a costruire semplici giocattoli, ma anche a restituire un'anima alle cose. E poi, come è noto, saper rivivere con attenzione e rispetto il passato è vivere due volte.

Antonio & Jacopo Tolomei, Passato al presente Giochi fai da te, pp. 32, s.i.p. Per richiedere copie: a.tolomei@yahoo.it

“Sotto l'ombrellone” di Pier Luigi Ghilarducci






di Laura Menesini

Il nuovo romanzo di Pier Luigi Ghilarducci ci porta sulla sua amata spiaggia di Torre del Lago in mezzo alle persone che anno dopo anno la vivono per periodi più o meno lunghi, tra bambini che crescono, amori che nascono e muoiono, ma soprattutto tra “amici” che aspettano l'estate per ritrovarsi, per raccontarsi quello che è successo durante l'anno trascorso separati e per conoscere quello che gli altri hanno vissuto in quei mesi di lontananza che devono essere colmati in un batter d'occhio. Sì, perché queste sono le vacanze e quindi sono questi i giorni che contano, gli altri sono routine. E di tutto questo i testimoni sono proprio gli ombrelloni, che ascoltano tutto quello che si dice alla loro ombra e, nei bui mesi invernali, rinchiusi in magazzini più o meno maleodoranti, si raccontano le novità che hanno ascoltato e gli aneddoti più simpatici. Noi riteniamo di essere gli unici a comunicare solo perché siamo ignoranti e ci crediamo il centro dell'universo, mentre tutto e tutti comunicano, dagli ombrelloni appunto ai gabbiani che urlano al cielo e ai propri simili il dolore per un ambiente che è cambiato e che li ha costretti a migrare dai mari alle discariche; al libeccio che soffia impetuoso alzando nuvole di sabbia e impedendo ai ragazzini di avvicinarsi al mare e rovinando gli incassi al gestore del “bagno”. Per l'autore che ama così profondamente la sua spiaggia e il suo mare, tutto e tutti sono dotati di vita e di sentimenti e il caleidoscopio di persone che descrive con rapide e colorite pennellate ci appare come le comparse di un film che ha per protagonista l'autore stesso e il suo immenso amore per i nipotini ( in particolare per il più grande, cui lo lega un'intesa profonda) nonché la sua gioia di poterli crescere “sotto l'ombrellone”.

Le “comparse” sono tante e tutte ben caratterizzate ma ovviamente qualcuna risalta sugli altri, in particolare l'Alvise che, fermo nella sua postazione, scruta tutto quello che accade intorno perché per lui fondamentale è farsi gli affari degli altri.

Per chi ama l'estate e la spiaggia è un libro da non perdere perché tutti ci ritroveranno i personaggi a loro vicini e nelle fredde giornate invernali potranno consolarsi pensando che presto il caldo e l'afa torneranno e tutti saranno ancora lì con un anno in più sulle spalle ma con tanta voglia di rincontrarsi e di abbracciarsi.
Il romanzo è scritto con uno stile classico, con una scelta di termini appropriati ma soprattutto con tanto amore.

Pier Luigi Ghilarducci  “Sotto l'ombrellone”. Giovane Holden Edizioni. Pag. 144.


09 agosto 2019

“Incontri stradali” di Stefania Cardone






Nella statale, quasi deserta, per arrivare a casa, è d'obbligo per me,  con i finestrini abbassati in auto, la musica. I brani sono scelti appositamente per guidare meglio, quelli, se sono in ritardo, dal ritmo più serrato.
Should I Stay or Should I go è il mio cavallo di battaglia. Per dire.
Tutto questo lontano dai centri abitati ovvio. 

Insomma, in tutta questa mia tamarraggine terapeutica e liberatoria, scendendo a valle "allegramente" (non vado piano n.d.r), e presa dalla mia personale interpretazione musicale ad alta voce, in una curva stretta vedo un camion un pochino grande. Non ci passiamo in due. Conoscendo la strada a memoria, mi fermo un po' prima e lascio a lui il diritto di precedenza, senza abbassare il volume di ATOMIC , BLONDIE, dai non può essere cosí alto, mi dico.
E' un attimo! Il veicolo ingombrante di MONDO CONVENIENZA mi incrocia ed il ragazzo alla guida provato dal caldo infernale, con la maglietta a chiazze, mi guarda dall'alto muovendo la testa a ritmo e cantando "Oooooh, your hair is beautiful, Oooooooh tonight... ATOMIC!!! taaa daaaa daaaaam, ATOMIC!!"

07 agosto 2019

"Svisceratissimi e sens'esempio" di Lino Dini

Quando arte e amore s'intrecciano

di Luciano Luciani
Si muove tra puntuale documentazione storico-artistica e fresca  invenzione narrativa questo Svisceratissimi sens'esempio, romanzo dell'architetto Lino Dini al suo esordio narrativo: il racconto di un singolare e tenacissimo sodalizio artistico e umano nell'Italia della seconda metà del XVII secolo. Un tempo per il nostro Paese di irreversibile decadenza - politica ed economica, di idee e di valori - lungo il quale due adolescenti lucchesi, Giovanni Coli, il maggiore, e Filippo Gherardi, di sette anni più giovane, realizzano sia un difficile e impegnativo apprendistato alla professione di decoratori e pittori, sia un complesso tirocinio alle complicatezze delle vita e del sentimento amoroso che li unisce. Per acquisire, in virtù della vocazione, tenacia e solidarietà che li lega, le abilità e le competenze necessarie ad affrontare l'ostico mercato dell'arte e delle committenze nelle due più importanti città del periodo, Roma e Venezia. Senza dimenticare mai la loro toscana piccola patria d'origine, a cui torneranno per terminare la le loro esistenze, dopo aver lasciato significative tracce di sé in importanti edifici civili e religiosi.
 

Ne fanno di strada Giovanni, campagnolo, e Filippo, cittadino, da quando - corre l'anno 1655 - hanno modo di incontrarsi nella bottega di Pietro Paolini, pittore lucchese postcaravaggesco. Quattro anni da garzoni, in cui i lavori più grossolani si alternano agli esercizi di grafica, allo studio delle tecniche atte alla rappresentazione, alle lezioni sui materiali necessari alla costituzione dei colori... 
Poi, un alito di fortuna, da raccogliere con coraggio: la possibilità di trasferirsi a Roma per mettersi alla prova con un grande dell'arte del tempo, il  celeberrimo pittore e architetto, Pietro Berrettini da Cortona, e conoscere e sperimentare le tecniche e le forme in uso nella Roma barocca. 
Tre anni d'altissima scuola, poi i Nostri spiccano il volo verso l'altra  capitale dell'arte e della cultura, Venezia, attratti dalla fama e dalle novità della ricerca artistica di pittori che si chiamano Tiziano, Tintoretto, Veronese e dove il costume diffuso è tale da prevedere anche l'amore tra due uomini. Nella città lagunare accanto ai riconoscimenti professionali e ai primi cospicui guadagni non mancano le invidie e le gelosie, talmente esasperate che Giovanni e Filippo sono fatti segno di un subdolo attentato. 
Rischiano  di morire e lo scampato pericolo consiglia i due amici a dirigersi di nuovo verso Roma, dove larga era la schiera degli estimatori e più numerose le possibilità di committenze importanti: per esempio, l'affresco della cupola di San Nicola da Tolentino; tre tele inserite nella volta della chiesa della Santa Croce dei Lucchesi, l'edificio religioso in cui erano soliti ritrovarsi quanti, originari del minuscolo Stato toscano, si trovassero a risiedere o a passare per la città dei papi; un importante affresco in palazzo Colonna per celebrare il centenario della vittoriosa battaglia navale  di Lepanto. 
Lucca, nel frattempo, non perde di vista questi suoi figli che si facevano onore per l'Italia, in contatto coi potenti e producendo per loro lavori artistici non caduchi, e li richiama con una proposta che Giovanni e Filippo non possono rifiutare: la decorazione del catino absidale della cattedrale di San Martino, incarico che, dopo qualche incertezza, viene loro affidato per la conveniente cifra di 1200 scudi d'argento. 
Tema: san Paolino e san Pietro raffigurati mentre offrono la Città delle Mura alla Trinità per intercessione della Vergine. Un lavoro impegnativo, delicato, di grande responsabilità in cui si consumeranno le residue energie di Giovanni, che morirà nel 1681 nel pieno della realizzazione dell'opera, lasciando il suo sodale per la prima volta solo a intraprendere “un altro cammino che avrebbe avuto due intenti: lasciare imperitura testimonianza del legame che li aveva uniti, e proseguire in autonomia nell'esercizio di un percorso artistico iniziato insieme” (p. 114). 

Riuscirà Filippo a mantenere tali propositi? È il tema delle ultime pagine del libro, le più intense, le più problematiche, le più belle: la narrazione di come  il senso di vuoto e il dolore, i silenzi e il tormento di un uomo privato dell'amore possano trasformarsi in una ancora più acuta sensibilità  artistica - volumi, forme, colori - e umana in un tenace, imperterrito, esercizio della memoria.
Lino Dini, Svisceratissimi e sens'esempio La storia d'arte e d'amore tra Giovanni Coli e Filippo Gherardi pittori lucchesi nell'Italia del Seicento, Faust Edizioni, Ferrara 2019, pp. 150, Euro 12,00