24 dicembre 2009

"Laura e Julio" di Juan José Millàs


di Gianni Quilici

Laura e Julio sono una coppia madrilena come tante, che trascina la sua vita tra noia e lavoro. Li troviamo all'inizio nel loro appartamento, descritto da Millàs con il distacco dell'analista, quando squilla il telefono. Come al solito lo lasciano squillare per un po', fino a quando Laura risponde. Il suo volto, mentre sta ascoltando, acquista la rigidità di una maschera, proferisce appena due o tre monosillabi, riattacca, poi, parlando più a se stessa che a suo marito, dice che un auto ha appena investito Manuel.

Manuel è il vicino di casa, scrittore senza pubblicazioni, ricco, elegante, disinibito e affascinante con cui la coppia ha, da poco tempo, stabilito uno stretto sodalizio. Ora si trova all'ospedale, in coma.

Da qui inizia il romanzo, che avrà come protagonista Julio, il marito. Sarà lui che Millàs seguirà da vicino, e, attraverso lui, scopriremo ciò che si nasconde dietro questa amicizia a tre. Amicizia apparente, come è prevedibile.

Lasciamo perdere, però, la storia. Svelarla, come fanno troppi recensori, significherebbe non solo banalizzarla, ma togliere uno dei piaceri del romanzo: scoprirla.

Infatti “Laura e Julio” è un romanzo che ha l'andamento di un thriller. Un thriller psicologico, che mi ha ricordato a tratti Moravia e Patricia Highsmith.

Di Alberto Moravia ha la capacità di scandagliare psicologicamente il protagonista, dando ai pensieri sia il movimento dell'azione, che la sorpresa di un'immaginazione vivida, ossia creativa. Uno dei punti critici interrogativi del romanzo, infatti, può essere questo: Julio ha una personalità fragile e la personalità sicura e provocatrice di Manuel, la sua naturale eleganza e capacità intellettiva lo disorientano, ma anche lo affascinano tanto che egli ne rimane coatto, desideroso di modellarsi su di lui. Nello stesso tempo dimostra, però, anche una sorprendente capacità di immaginazione sia nel suo lavoro che nel rapporto con la bambina della sua sorellastra, che sembra più un aspetto dello scrittore che una possibilità del personaggio.

Di Patricia Highsmith c'è, appunto, il desiderio di Julio di farsi Manuel, lo stesso processo identificativo di Tony Ripley, protagonista di tanti romanzi della scrittrice americana, che anche in Julio, come in Tony, si riveste di quel pathos, di quella sospensione ansiogena e tragica, quando scopre cosa c'è dietro a quel teatrino quotidiano, che tutti recitavano.

Alla fine, abbiamo fatto, come lettori, un viaggio oltre le apparenze, ritornando, però, al punto di partenza. Qualcosa forse poteva cambiare. Invece nulla è cambiato. Siamo ritornati all'inizio, quando la storia era cominciata. Di diverso solo un figlio che deve arrivare.

Millàs si dimostra ancora una volta uno scrittore acuto e avvincente, che ti tiene sulla pagina, mai banale. E tuttavia il finale mi è sembrato poco convincente.

Perfetto letterariamente: il colpo di teatro di Julio, che con un tocco da maestro “riacquista la sua normalità”; perfetto anche ideologicamente: la medio-piccolo-borghesia è ormai troppo integrata nei meccanismi dell'alienazione per potersi salvare e forse anche per poter essere salvata. Questa “perfezione” riduce i personaggi: rende troppo “credulona” Laura; toglie, di conseguenza, un po' di ambiguità diabolica a Manuel (troppo facile risulta “giocare” con Laura); e infine l'escamotage di Julio ( va scoperto leggendo il romanzo) può finire per sembrare una brillante trovata.

Juan José Millàs. Laura e Julio (Laura y Julio). Traduzione di Paola Tomasinelli. Einaudi. Pag. 160. Euro 12,00.