30 aprile 2011

"Di nuovo aprile, ancora 25 aprile…" di Luciano Luciani

Sono trascorsi quasi settant’anni anni dagli avvenimenti in cui affondano le radici, a tutt’oggi ben salde e profonde, della nostra libertà e delle nostre garanzie democratiche.

E come ogni anno, a questa data, noi torniamo a fare memoria delle vicende che portarono alla liberazione del nostro Paese e delle donne, degli uomini, dei giovani di allora che furono attori e protagonisti di quegli eventi, battendosi, con coraggio e intelligenza, umanità e dedizione, per la causa della libertà e della democrazia. Ma nel nostro ricordo e nella nostra riflessione non possiamo e non vogliamo smemorare anche altre donne e altri uomini: per esempio, quelli dell’antifascismo minoritario ed eroico che, negli anni precedenti alla lotta di Liberazione, “non mollarono” e seppero porsi come fondamentale punto di riferimento umano, morale e politico per gli italiani che, anni più tardi, in armi, avrebbero preso il loro posto nelle campagne e nelle città, nelle fabbriche e in montagna, nel sud come nel nord del nostro Paese. Dico Giacomo Matteotti e Giovanni Amendola, Piero Gobetti e don Minzoni, i fratelli Rosselli e Antonio Gramsci, i padri, gli ispiratori dell’Italia libera, democratica e civile che sarebbe venuta.

E non vanno neppure dimenticati tutti gli italiani che, una generazione dopo l’altra, dal 1945 a oggi, si sono impegnati, nei partiti come nelle istituzioni, nei sindacati come nell’associazionismo, per affermare e consolidare i valori nati dalla Resistenza e dalla lotta di Liberazione.

Li vogliamo richiamare tutti alla nostra memoria e tutti comprendere in un unico abbraccio, donne e uomini giovani di allora e giovani di oggi, partigiani e cittadini ‘semplici’, che, giorno dopo giorno, stagione dopo stagione, per oltre sessant’anni si sono assunti il duro compito di far crescere la libertà, la democrazia, la giustizia sociale, le fondamentali virtù civiche della partecipazione, della solidarietà, della condivisione, dell’accoglienza.


Dalla Resistenza e dalla lotta di Liberazione è nata l’Italia migliore di un secolo e mezzo di storia nazionale.

A essa, noi che apparteniamo alla generazione dei ‘figli’ dei partigiani, abbiamo sempre guardato con gratitudine e orgoglio: per questo vogliamo riproporne l’esempio ai giovani e giovanissimi di oggi che percepiamo disorientati e, per propria e altrui responsabilità, ridotti al ruolo di spettatori muti e turbati di fronte alle fatiche e alle difficoltà del presente. A loro, alle attuali giovani generazioni, vogliamo dire che c’è stata, c’è un ‘Italia di cui andare fieri: quella che scelse la via della lotta mettendo a rischio la propria esistenza per la libertà di tutti, respingendo ogni meschinità, sotterfugio, ogni facile opportunismo costruendo così un movimento che si rivelò inarrestabile, invincibile perché seppe essere popolare, nazionale, democratico.

Perché, come ebbe a dire Arrigo Boldrini, prestigiosa e indimenticabile figura di combattente per la libertà “ Noi partigiani abbiamo combattuto per chi c’era, per chi non c’era e anche per chi era contro”. Un’affermazione, questa, che nella sua straordinaria semplicità e limpidezza, non solo ribadisce con serena tranquillità la superiorità morale dei partigiani sui loro avversari, ma spiega anche come mai, quel movimento, che nasceva dallo sfacelo e dalle macerie dell’8 settembre e dalla crisi del vecchio Stato, seppe porsi come pietra angolare del rinnovamento democratico della società italiana: un semenzaio di valori che ha alimentato per decenni il nostro vivere comune e che ha permesso al nostro Paese di tornare a essere stimato e rispettato nel mondo. Più che in altri momenti simili, questo 25 aprile si presenta come un’occasione privilegiata per una memoria non rituale perché si colloca all’interno di una lunga fase di acuta crisi morale, istituzionale e politica che sta attraversando il nostro Paese. Un momento grave, che riassume in sé i numerosi e complessi nodi irrisolti, i tanti problemi accantonati di almeno venti anni di vita pubblica: da quando cioè l’esaurirsi della contrapposizioni tra le grandi potenze, la cosiddetta ‘guerra fredda’, avrebbe potuto rappresentare una straordinaria opportunità per la crescita sociale e civile dell’Italia se altre fossero state le scelte compiute. Per esempio, quelle relative alla piena e ampia attuazione della nostra Carta Costituzionale soprattutto per i contenuti a più marcato carattere sociale che rappresentano, ancora oggi, il lascito più positivo, ricco e aperto al futuro della lotta di liberazione nazionale. Purtroppo, tale opportunità è stata vanificata. E oggi l’intreccio velenoso tra un’economia di mercato con poche o punte regole e una concezione del potere politico usato per fini personali o di gruppi particolari determina una progressiva demolizione dei principi ispiratori della nostra Costituzione e concentra il potere nelle mani del governo, svalutando pesantemente il ruolo delle istituzioni di garanzia.


I recenti interventi governativi in materia di informazione, giustizia, scuole, Università, pubblica amministrazione, immigrazione confermano il tentativo di svilire la nostra Carta fondamentale come garanzia degli interessi generali e dell’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.

Una politica ampiamente supportata da uno spregiudicato utilizzo dei mezzi di comunicazione di massa e che sembra palesare nuove, inquietanti, forme di assolutismo politico: sul nostro futuro pare farsi strada un regime oligarchico contrassegnato da una forte impronta populista assolutamente estraneo al modello politico di democrazia partecipativa affermato dalla nostra Costituzione. Intanto, parallelamente, sul piano culturale ha già percorso molta strada a livello di senso comune diffuso un’ideologia revisionista e parafascista da tempo impegnata a rovesciare il senso della storia dell’intero secolo scorso.

Siamo in una situazione di palese allarme democratico: oggi, dunque, è assolutamente necessario richiamare l’attenzione di tutte le forze più consapevoli del nostro Paese sulle gravi manifestazioni di involuzione e decadimento politico in corso d’opera e attivare gli adeguati antidoti e contravveleni democratici per garantire al nostro Paese un reale progresso civile, in primis la realizzazione di una piena democrazia, l’unico modo per affrontare le sfide del presente lungo le linee indicate dai nostri padri costituenti. È poi necessario un impegno forte, deciso, costante e sistematico per la difesa di una memoria sensata. Consapevoli che, come afferma uno scrittore caro alla mia generazione, Stefano Benni, cresciuto come me a ‘pane e Resistenza’, “la memoria non è fatta solo di giuramenti, parole e lapidi; è fatta di gesti che si ripetono ogni mattino del mondo. E il mondo che vogliamo noi va salvato ogni giorno, nutrito, tenuto vivo. Basta mollare un attimo e tutto va in rovina”.





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