13 aprile 2012

"Vivere la musica- un racconto autobiografico" di Roman Vlad

di Maddalena Ferrari


Nel 2009 Roman Vlad ha compiuto novant’ anni. In questa occasione è nato il progetto di scrivere il racconto della sua vita, da cui è scaturito il libro “Vivere la musica”, curato da Silvia Cappellini e Vittorio Bonolis, che hanno raccolto interviste e conversazioni con il Maestro e dato una struttura alla documentazione.

Il titolo recita “Vivere la musica – un racconto autobiografico”. E’ piuttosto una serie di ricordi, confessioni, digressioni, riflessioni, quando non addirittura brevi saggi didattici, che si intrecciano fra loro, seguendo diversi fili, all’interno di un impianto a grandi linee cronologico, lungo il quale si snodano 90 anni di vita e di Storia.

Nella prima parte, quando vengono rievocati gli anni del periodo del secondo conflitto mondiale e, a ritroso, alcuni squarci dell’infanzia e dell’adolescenza del Musicista, prevalgono gli episodi e gli aneddoti. Vlad arriva a Roma nel ’38, diciannovenne, con passaporto rumeno e con una modesta borsa di studio per frequentare all’università di Roma la facoltà di ingegneria (il padre lo voleva ingegnere) .Proviene da un piccolo centro nei pressi di Czernowitz, antica capitale del ducato di Bucovina, dove è nato il 29 dicembre 1919.

Questa regione nel 1920, dopo un’appartenenza più che centenaria all’impero Asburgico, era stata restituita alla Romania; ora è entrata a far parte dell’Ucraina.

Roman Vlad trascorre gli anni del secondo conflitto mondiale quasi interamente nella capitale, vivendo per lo più come clandestino, perché, dopo l’invasione tedesca della Russia e della Bucovina, l’addetto militare rumeno in Italia lo convocò e lo pose di fronte ad un aut-aut: o arruolarsi nell’esercito di Romania, divenuta nazista, o entrare nelle SS, altrimenti sarebbe stato considerato disertore passato al nemico e passibile di fucilazione.

Questo ricordo, come anche quello di un fatto antecedente, l’avventurosa fuga dalla Bucovina nell’estate del ’41, insieme ai genitori, alla sorella e alla nonna, quando i Sovietici stavano per arrivare e Vlad era tornato da Roma nella tenuta dei suoi per le vacanze estive, sono un esempio di come la lunga vita del Maestro sia stata attraversata dalla storia del ‘900, senza che egli ne sia rimasto prigioniero. Si ha l’impressione che gli avvenimenti storici lo abbiano visto osservatore attento, ma distaccato, anche se dalla parte “giusta”. In realtà il suo mondo è un altro, la musica. La musica che egli ha respirato, toccato fin dalla più tenera età, quando viveva con i suoi in un vasto possedimento terriero.

Il Musicista, raccontando, si sofferma su tematiche, episodi, personaggi che egli ha vissuto e vive con intensità, ampliando il discorso, tornando indietro o andando avanti, senza sentirsi troppo vincolato dall’ordine temporale.

Alla sua vita privata, con gli affetti, l’amore per la sua Licia, si intrecciano gli eventi pubblici, ma soprattutto il suo indissolubile rapporto con la musica, basato “sull’amore per essa; un amore totale, sentito sin dall’infanzia, nutrito dell’iniziale carriera pianistica, onorato e difeso svolgendo a tutto campo la ‘professione Musica’, vivendo in perfetta simbiosi con essa”.

Man mano che si procede nella lettura e nel tempo del racconto, si precisano e si approfondiscono la vocazione e la storia musicale del Maestro, personalità poliedrica: pianista, compositore, studioso, critico, docente, organizzatore e promotore di attività culturali musicali, ha lavorato per la Radio e per la Televisione, ha ricoperto ruoli di primo piano in Istituzioni di prestigio; ha incontrato e conosciuto i grandi artisti del ‘900, e non solo in campo musicale.

A Roma, la città a cui si è legato per sempre, proprio agli inizi della sua permanenza, conosce Alfredo Casella, con il quale nasce subito un rapporto di reciproca stima ed il cui magistero sarà fondamentale.

E poi seguono gli altri incontri: Igor Sfravinskij, a cui sono dedicate pagine di intense riflessioni musicali ; Sergej Prokof’ev, Arturo Benedetti Michelangeli, Leonard Bernstein, Riccardo Muti; Giuseppe Sino poli, oggetto di un ricordo di grande stima e affetto e di dolore per la prematura scomparsa.

Emerge la predilezione dell'autore per la musica del ‘900: Schoenberg, visto nella sua novità rivoluzionaria, ma senza rigidità; Stravinskij, un genio libero, non il “reazionario” dipinto da Adorno; Béla Bartòk e la sua ricerca di creare musica nuova studiando e rielaborando la tradizione folklorica...Lo stesso Vlad, da compositore, afferma di avvalersi delle conquiste musicali del ‘900, ma stando attento sempre alla tradizione; e, pur sentendosi vicino alla dodecafonia e al metodo seriale, egli dichiara di essere nettamente contrario a sovrapporre rigidi criteri razionali alla genuinità dell’ispirazione, nella convinzione che, come scrive Ferruccio Busoni, “la Musica è nata libera e divenire libera è il suo destino”. La libertà però non è quella dell’Estetismo simbolista decadente.

Per lui l’estetica coincide con l’etica: la sua ispirazione profonda nasce da una ricerca di assoluto, che rimane senza risposta, come dice egli stesso, facendo riferimento ad una sua composizione tra le preferite, la cantata “Le ciel est vide”.

L’amore per la musica è rivolto a tutta la musica, non solo quella “classica”: egli apprezza il Jazz, la musica elettronica, la musica leggera (ad esempio, la canzone di Modugno “Nel blu dipinto di blu”), le tradizioni popolari... a patto però che non ci siano rigidità, meccanicità, che non manchi una base di preparazione culturale; oggetto di disprezzo sono l’analfabetismo, il dilettantismo, la volgarità e la banalità della commercializzazione.

Vlad dà un saggio del suo molteplice sapere nel capitolo, in cui analizza le tecniche cabalistiche usate da Bach nelle sue composizioni, come anche in quello dove affronta i rapporti tra musica e matematica. Ma soprattutto nella vitalità e vivacità, nel coraggio, con cui ha operato nelle miriadi di incarichi autorevoli affidatigli nel corso degli anni; memorabile l’organizzazione, nel 1964, di un Maggio Musicale Fiorentino tutto dedicato all’Espressionismo, che gettò nello sconcerto una gran parte del mondo cuturale dell’epoca.

Parlando della sua attività di docente, il Maestro dà un’ulteriore prova della sua ampiezza di vedute e duttilità: impostava le lezioni su un doppio binario, l’applicazione delle regole accademiche, ma anche la sottolineatura della loro mancanza di valore assoluto, in quanto le grandi opere di creazione non nascono dalle regole, ma sono queste ultime a essere constatazioni a posteriori di atti creativi.

La curiosità, l’entusiasmo, che si rilevano nel rapporto che il Musicista ha con la vita e con ciò che la esprime, appaiono un po’ affievoliti negli ultimi anni, ma non tanto per l’età o per vicende familiari: nella “Conclusione” egli fa una riflessione amara sulla “crisi” attuale e sulla civiltà di massa, riconoscendo giuste le idee della Scuola di Francoforte. L’industria culturale, che controlla i mezzi di comunicazione, egli dice, adegua la cultura al gusto delle masse, opportunamente manipolate. E poi fa sua l’affermazione di Schoenberg , secondo cui “L’artista non deve cercare la bellezza, ma la Verità. Se raggiunge quella, la bellezza gli si concede come sovrappiù”; e aggiunge: “L’unico compenso certo per un autore è la consapevolezza di aver fatto ciò che egli doveva fare, ciò che la sua coscienza gli dettava”.


Roman Vlad. Vivere la musica- Un racconto autobiografico. Einaudi. Pag. 231. Euro 14,00.










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