28 agosto 2013

"L'attesa" di Fulvia Quirici



Quanto ci sbagliamo.

A volte si progetta febbricitanti per l'entusiasmo un viaggio, si attende con ansia una festa, un incontro, spesso struggiamo al pensiero di un acquisto ambito che si potrà realizzare di li a poco; ancora di più si mette in gioco quando si tratta di un traguardo di vita.
Si sovraccarica l'evento/obiettivo di un nutrito pacchetto di aspettative e ci si approccia con il candore di un adolescente, crescente al diminuire del tempo che ci separa al verificarsi dell'evento stesso.

Immancabile, quasi ineludibile, sulla soglia di quel bramato momento c'è la signora Delusione. Entra senza mitigare, è padrona ... e io in quei casi mi trovo imbarazzata: come poter rinnegare l'entusiasmo abnorme di un attimo prima? Deludere a mia volta le aspettative di chi per certo mi spacciava felice? Come poter dire di essermi sbagliata nell'aver desiderato tanto? E' una botta all'orgoglio, uno schiaffo sonoro all'amor proprio. Un doversi giustificare più mortificante del mancato godimento.
Allora alla signora Delusione si affianca la sorella zitella, acida e poco foriera di buone cose: l'Amarezza.

Cosa diversa è invece misurare, soppesare, disvelare e masticare i particolari con lucidità. Avere tutto il tempo per metabolizzare. Così descritta sembrerebbe a tutta prima una logica elaborazione di circostanze; uno scandagliare 'dati' per potervi applicare modelli dedotti dal buon senso e dalle personali esperienze.
Invece provo a dire: decidere un giorno, per una miccia accesa chissà per quale motivo, di staccarsi dall'immagine di se che nel disagio non si riconosce, non si sente, non si ama più, è forse una delle esperienze più sconvolgenti.
Ricordarsi della leggerezza di molti anni prima ma avere sulle spalle una 'costruzione' che permette pochi voli pindarici e che di continuo ci richiama a bomba verso le catene dei nostri doveri, ha una componente di alto rischio, che genera moti e associazione di idee fortemente destabilizzanti. Ma è una sicura rivoluzione. Un'esplosione silenziosa.

E talvolta i miei occhi brillano di questi tempi, me li sento, più che vederli ... è la pazzesca lucidità con cui centellino i miei brividi o trattengo il fuoco che divampa o carezzo la bimba piccola che in me soffre quando gli torco un paio di volte a vite l'anima e alla fine ... 'recupero'. Ovvero mi fermo, respiro, allargo i polmoni e guardo avanti spostando un poco i paletti, accomodando non per facilità ma per possibilità il mio orizzonte, quello che mi sono solo abbozzata, il solo che mi lascia la più ampia possibilità di manovra.


E allora di cosa mi preoccupo? Ho in cantiere un grande progetto, lavoro alacramente per portarlo a compimento nel migliore dei modi: ”Ho deciso di smettere di preoccuparmi di piacere alla gente” (faber).

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