25 giugno 2019

"Le mie stanze" di Maurizio Guccione

di Luciano Luciani
 

Io lo so quello che accade intus in animo a Maurizio. Quanto avviene dentro di lui, in interiore homine, quando le parole, quelle della vita quotidiana, della normale comunicazione, quelle che usiamo tutti i giorni per le relazioni necessarie con gli altri, sembrano acquisire un nuovo status in termini di forma, colore, spessore, significato, intensità, senso... 
Quando le parole sembrano farsi più affiatate, equilibrate, armoniose. Con la musica dentro. Allora si organizzano tra loro in piena autonomia, quelle parole, si  affollano dentro - la testa, il cuore, la pancia - e spingono, pressano, premono per voler uscire... 

È la poesia, bellezza! Non succede a tutti e neanche sempre, e neppure troppo spesso: ma solo ad alcuni, ogni tanto, ed è uno stato di grazia di particolare dolcezza e rara intensità che sortisce effetti che di solito i fortunati riportano sulla carta e li chiamano versi, testi poetici, liriche, componimenti... Nessuno - sostiene il grande Borges - comprende davvero sino in fondo ciò che gli è stato concesso di scrivere.  E forse proprio per questo elemento di mistero, scriviamo e scriviamo e - tutto o in parte - quello che mettiamo sulla carta, nero su bianco, lo conserviamo. Per noi stessi, ma non solo; amiamo anche parteciparlo agli Altri, a quanti, almeno a nostro parere, diano prova di essere in grado di cogliere il particolare stato d'animo che ci ha portato al verso, alla carta, alla costruzione poetica.
 

Maurizio Guccione appartiene alla schiera, meno numerosa di quanto comunemente si pensi, dei creatori di versi, un uomo di penna larga, convinto, a ragione secondo me, che che niente possa essere inutile a un poeta; che la poesia sia per ogni dove, e che - come un minerale pregiato, un metallo prezioso -  la si possa estrarre da per tutto per aiutarci a che "che la gioia sia aggraziata e il dolore augusto, che l’infinito abbia forma" (Forster). Per questo poeticamente e in maniera del tutto personale Guccione può reinterpretare, con tanta illuminata finezza, luoghi e amori, memorie e interrogativi ancora aperti, scherzi e passioni, civili ed erotiche.
 

Forte della sue esperienza e maturità di uomo e di poeta Maurizio può affrontare con sottile distacco perfino il tema eterno della rosa, sacro ai poeti di tutti i tempi, oppure permettersi, di quando in quando, l'elaborazione in versi di temi più forti di storia e di memoria, temi civili. Senza pesantezze, però, perchè in tutta la silloge, anche quando gli argomenti si fanno impegnativi, non manca mai un velo d'ironia o di autoironia segnalato dalla ricerca di una rima o di un'assonanza interessate ad un'azione scherzosa, a un gioco poetico, a un intelligente divertissement. L'uso dell'ironia come filtro perla comprensione del mondo è un'operazione ben presente all'Autore della raccolta che, da provato funanbolo della parola e del testo, sa sempre come riportare "in più spirabil aere" tensioni eccessive, sofferenze altrimenti lancinanti, atmosfere fin troppo rarefatte al punto da sfuggire al governo anche del migliore inventore di versi. 

Tanto migliori e più graditi agli occhi di noi Lettori, se essi  sapranno offrirci una poesia semplice, fruibile, capace di comunicare ancor prima di essere capita. Come quella di Maurizio, appunto, "ragione cantata", che non rinuncia mai ad affermare le fondamentali verità umane che devono servire di pietra di paragone al nostro giudizio e a quello degli uomini del nostro tempo.
Maurizio Guccione, Le mie stanze – Poesie, collana Nodino/ Poesia che salva la vita, La Grafica Pisana, 2019

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