di Elisa Bertoni
Il romanzo di Erika Pucci, ambientato in una città di mare, in cui si può facilmente riconoscere Viareggio, dove vive l'autrice, prende le mosse da quelle che lo psicoanalista Jung non avrebbe esitato a definire “coincidenze significative”. La sincronicità con cui avviene l'incontro-scontro della protagonista Frida, sedicenne inquieta, con l'altrettanto inquietoVinnie, -ragazzo cui viene da lei assegnato l'epiteto “OcchioniBluMalinconia”- e la successiva apparentemente casuale conoscenza con Gilberto, -professore in pensione, che nasconde a stento un suo dolente cruccio interiore- rientra in quella serie di eventi che, pur non avendo una relazione causale ovvia, diventano significativi per chi li vive in quella loro aura di magia e di mistero, costringendo i personaggi a cercare risposte, assumersi responsabilità, colmare vuoti. “Sedici anni, quasi diciassette, e una vita piena di fantasmi”: così esclama Frida nel momento in cui consapevolizza in modo perentorio che la sua esistenza è stata caratterizzata da un vuoto mai riempito con il cibo che spesso ingurgita nevroticamente e mai sopito dai tagli che si infligge; un'altra fame e un altro dolore non riescono a placarsi, quelli dell'assenza del padre.
Sincronicità e Assenza sono dunque due parole-chiave: la prima permette la
rifocalizzazione della seconda, uno strumento che dal dolore individuale, dalla
storia personale si allarga in un abbraccio collettivo. Significativa
l'affermazione: “A quel punto stava diventando la storia di tutti, perché i
risvolti riguardavano ognuno al di là delle questioni personali” (pag. 90).
Interessante è sottolineare il fatto che c'è un luogo fra i tanti che
rappresenta una sorta di focolare in cui la maggioranza dei personaggi finisce
per incontrarsi, conoscersi, familiarizzare: il Covo, descritto in modo gustoso
attraverso i dialoghi realistici con cui tra una partita di burraco e un
pettegolezzo spiritoso trascorrono del tempo alcuni pensionati, ed altrettanto
interessante è evidenziare che ciò che permetterà lo sviluppo di una
conversazione intergenerazionale è un passo dell'Odissea di Omero, per la
precisione l'incipit, in cui si introduce il personaggio di Ulisse, il quale
patì “innumerevoli sofferenze sul mare lottando per la sua vita e per il
ritorno dei suoi”. E' Gilberto a proporre la versione giusta del brano omerico
e, dopo qualche screzio, nasce una paterna simpatia con Frida e gli amici che
la accompagnavano.
E non è un caso che nella ricerca affannosa di notizie del padre Frida finisca
per trovare una fotografia rivelatrice proprio nel libro Ulysses di Joyce,
romanzo in cui i personaggi, incrociandosi tra loro in modo in apparenza
casuale, determinano lo svolgimento dei vari eventi e li descrivono. Frida è
dunque nello stesso tempo Telemaco alla ricerca del padre ed una novella
Ulisse, così come Gilberto: con lui ingaggia una sorta di lotta per il ritorno
dei loro cari, per un degno riconoscimento alla loro memoria e solo cosi sarà
per loro possibile metaforicamente ritornare a casa.
Nel romanzo si può ravvisare una sorta di spartiacque a metà libro. Per
evidenziare questa felice sterzata che contribuisce non poco ad attrarre il
lettore può essere utile fare riferimento ad altri due termini chiave: colpa (e
il conseguente bisogno di espiazione) e verità.
Si leggano questi passaggi: “Il vetro sulla pelle era l'espiazione per il suo
[di Frida] senso di colpa ancora non meglio identificato” (pag 5). E sempre
Frida: “Si alzò le maniche, vide le croste sottili dei graffi... Le sarebbe piaciuto
indossarle sempre come simbolo della sua colpa: quella di esistere” (pag. 22).
“Di fianco [Gilberto] scrutò la grande ruota panoramica a metà perché in via di
smontaggio, sembrava una falce, era l'immagine di come si sentiva intimamente,
per sempre incompleto. Alle sue spalle i cantieri già tacevano a differenza dei
suoi sensi di colpa” (pag. 16).
E ancora Paola, la madre di Frida: “A volte si additava la colpa di non essere
stata una madre abbastanza valida come con Aurora”(pag. 20).
Come trovare espiazione al dolore originato dal senso di colpa? Frida e
Gilberto, contrariamente a Paola che assume con il compagno Claudio il ruolo di
antagonista, optano per la ricerca della verità; inizia così una vera e propria
indagine con conseguente denuncia. Afferma Frida con fermezza: “Io
non rinuncio alla verità” (pag. 89). Solo la verità, unita al coraggio, alla
caparbietà e alla talora fortunosa determinazione che ne permettono la
scoperta, riuscirà nell'impresa di liberare i personaggi dal senso di colpa che
li attanagliava. Finalmente Frida si riconcilia con l'assenza: “Quel demone che
per anni era stata la sua ombra segreta nell'anima adesso era capace di
guardarlo negli occhi, e imparare a conviverci. Non c'era niente da espiare”.
Il taglio nel sale che dà il titolo al romanzo rappresenta con pregnanza visiva
la sofferenza, ma nello stesso tempo il desiderio di squarciare il velo che
nasconde il sale della vita, che è senso, autenticità dei sentimenti e
giustizia.
Ed il sale è anche il mare, silenzioso ma onnipresente che, ritratto in modo
ossessivo dal pittore Fulgor, non è solo ornamento paesaggistico ma vero e
proprio personaggio per cui, su cui, in cui si muovono vite, passioni, viltà,
crudeltà, riconciliazione. “Come l’acqua del mare porta via la risacca, così il
sole, la leggerezza e la salsedine portarono via i sentimenti difficili e
lasciarono a riva, come conchiglie preziose dopo la tempesta, solo ciò che
avrebbe continuato a contare” (pag. 140).
Erika Pucci. Il taglio nel sale. GFE, 2024.