11 marzo 2010

"Livida Luna" di Giovanna Gemignani


di Luciano Luciani

Tutti noi, più o meno intrisi di letteratura, siamo abituati a pensare alla luna come l’astro cantato dai poeti, pronuba per eccellenza degli amori felici o testimone muta di quelli infelici, motore di sentimenti teneri, delicati, malinconici…

Diversa da quella consolidata di tanta tradizione letteraria la luna che sovrintende alle pagine di Giovanna Gemignani che preferisce, invece, chiamare in causa la zona lunare della personalità umana, quella notturna, inconscia, crepuscolare. Quella dove risiedono le pulsioni istintive e primitive e si creano gli incubi e i fantasmi dell’immaginario.

E, infatti, com’è la luna della Gemignani? Livida! Quello sgradevole colorito blu - verdastro che assume la pelle dopo un colpo, dopo una contusione… Un colore che richiama, appunto, il livore, l’astio, il rancore, l’infelicità del cuore umano.

Forse il colore più inquietante di tutti: ve la ricordate la livida palude dell’inferno dantesco? Livida luna, dunque. Undici racconti, undici storie, tutte o quasi declinate al femminile, un repertorio di tristezze, sofferenze, scontentezze, quando non vere e proprie disperazioni, miserie umane con rare, rarissime possibilità di un faticoso risarcimento. Storie di violenze, estreme e fisiche, ma anche e soprattutto intime, psicologiche; storie di malattie morali che affondano le loro radici nella dimensione domestica, nel microcosmo familiare. La famiglia, la casa, i parenti (madri, padri, mariti, fratelli, sorelle…) non sono più la dimensione privilegiata in cui la donna agisce a suo agio come un pesce nell’acqua: nelle pagine di questa Autrice toscana al suo esordio letterario la casa, il focolare si trasformano in luoghi patogeni, forieri di dolore, nel corpo e nella psiche.

A ribadire l’ispirazione di una scrittura tutta al femminile, il ruolo riservato ai personaggi maschili: compagni, amanti, mariti, padri sono dei comprimari, mediocri, quando va bene, più spesso personaggi interlocutori intrisi di negatività. Da usare per riscattarsi, per emergere, per realizzare, sempre con sofferenza, una vita appena appena degna di essere vissuta in un mondo tutto costruito dagli uomini e per gli uomini.

Un lettore superficiale potrebbe essere tentato di apparentare i racconti presenti in questa antologia con una scrittura che oggi va per la maggiore: quella della narrazione d’indagine, poliziesca, gialla o noir che dir si voglia, thriller od horror. Sì, ci sono racconti che risentono della recente, e per certi versi anche meritata fortuna, della scrittura “di genere”, ma in Livida luna, oltre a qualche killer seriale, qualche indagatrice, al di là di qualche malavitoso c’è anche altro…

La Gemignani ci vuole rappresentare soprattutto l’inabitabilità del nostro presente e l’incarognimento diffuso dei tempi in cui ci è stato dato di vivere, riuscendo a illuminare, per la breve durata di un racconto, sia le parti basse, talora infime, della nostra società, quale si è andata deformando in questo ultimo quarto di secolo, sia i recessi del “ cuore nero” degli uomini e delle donne che popolano il nostro quotidiano.

Quindi, ‘letteratura del disagio’ la sua e specchi opachi, ma neppure troppo, di questo primo decennio del terzo millennio, i suoi undici racconti. Tutto raccontato con una scrittura scabra, essenziale, incisiva, capace di colpire sotto la cintura e con cattiveria.
Direi che il bello delle pagine di Livida luna è proprio questo!


Giovanna Gemignani, Livida luna, Pagliai editore, Firenze 2009, pp.80, Euro 9,00