09 maggio 2013

"A proposito del Fare l'amore e dell'Amore" conversazione su Face Book



foto di Cartier-Bresson

Da un post di Gianni Quilici, una discussione su Face Book, da cui abbiamo estrapolato alcuni interventi, lasciando la forma inalterata,che dà anche il senso dello strumento, in cui si scrive, in genere, velocemente e  curando sbrigativamente gli aspetti formali.  




  
Gianni Quilici
Mi scrisse un'amica:
"Fare l'amore è una struttura di architetture mentali"
Mi piacque "architetture mentali",
perché dà un ordine a ciò che può apparire
molto disordinato.
Aggiunsi a questo il puro desiderio fisico,
che pure presenta architetture mentali,
ma che, in un certo senso, le travolge
elucubrando su due direzioni:
l'animalesco...il desiderio più fisico che mentale;
il perverso...l'ideologia applicata al sesso...

Patrizia Manganaro
...l'animalesco e il perverso convergono nello stesso elemento, in un tutt'uno desiderio fisico e ideologia applicata al sesso...è un'alchimia complicata da scindere..sarebbe come voler decodificare un geroglifico, ma questa ultima operazione è più semplice che scavare nell'istinto umano...fare l'amore non è come costruire una palazzina...è attrazione indomita,difficile da controllare,è istinto animale, non si decide come farlo,viene da sé,mentre lo si fa,viene naturalmente, avviene nell'impeto, nella violenza, nella dolcezza della passione, nel trasporto verso l'infinito piacere,nella follia dell'abbandono più totale, non si può comandare, non si può costruire, è involontario il desiderio sessuale...non mi piacciono le architetture mentali,quantomeno voglio credere che si tratti di strutture involontarie...voglio credere che fare l'amore sia qualcosa legato all'essere animalesco e puro istinto, piuttosto che regolamentato da codici artificiosi...a meno che non lo si faccia l'amore,per necessità, per opportunismo, per lavoro, per compromesso...perché se anche si facesse per puro sfizio,come può partire il motore del desiderio se non c'è un'attrazione irrefrenabile per l'altro/a? ...non ci posso credere che ci sia una costruzione alla base del fare l'amore..questo pensiero mi atterrisce...

Isabella Eugenia Monti
...definire l'amore...è di per se restrittivo...esula dal suo senso compiuto...che fugge dalla realtà nel voler trovargli una seppur banale e logica menzione...io direi che l'amore è come una bolla di sapone...appena la sfiori scoppia...ma ti rimane l'illusione di averla vista volare...e il desiderio di rincorrerla...

Anna Comparini
Vedi comunque i commenti? Tutti di donne...sarà un caso???:-)

Isabella Eugenia Monti 
..è solo perché a gli uomini non piace parlare d'amore..loro preferiscono semplicemente ...farlo..

Patrizia Manganaro 
...su su...via tutti i codici...se ne parla, si fa eccome se si fa, è diabolico perché ci piace metterci anche l'ingegno, basta che si faccia...pensiamo da uomini...

Davide Pugnana
Isabella Eugenia Monti Patrizia Manganaro mi trovo a dover spezzare una lancia a favore del coté maschile, ridotto a mera pulsionalità elementare. Nella storia della cultura occidentale, i più grandi trattati sull'amore - parlo di contributi tali da farsi affondi svisceranti di questo complesso sentimento umano - sono stati elaborati da penne 'maschili': il "Fedro" di Platone; l' "Ars amatoria" di Ovidio; il carteggio tra Abelardo ed Eloisa; gli "Asolani" di Bembo; fino a quel capolavoro assoluto, che prefigura tutta la psicoanalisi novecentesca, che è il "De l'amour" di Stendhal, un classico del pensiero mai pienamente conosciuto, e poi certamente Freud, anticipato da alcune pagine di romanzo di Proust.
Anche a livello di finzione narrativa, tra poesia e romanzo, gli esempi di comprensione dell'amore non mancano. Faccio solo l'esempio di psicologie femminili del romanzo tra Sette e Ottocento, messe davanti all'amore (ad un amore tutt'altro che oleografico), rese memorabili da scrittori di sesso maschile: Emma Bovary di Flaubert; Anna Karenina di Tolstoj; Moll Flanders di Defoe; la stessa Nastasia Filippovna dell'Idiota di Dostoevskij; la Pamela e Clarissa di Richardson.
E sono esempi narrativi che trascelgo dimenticando il mio gusto personale; per mostrare come in ognuno di essi, in modi diversi, la polarità maschile figura come anello debole, ma non per femminismo o sadismo.
Per un'altra ragione più semplice. E' vero che l'amore è una condizione umana ribelle a qualsiasi definizione; che per nostra fortuna ne genera alcune che nutrono da secoli, dai lirici greci a Neruda, metafore poetiche di straordinario fascino; ma la vera radice dell'indefinibilità dell'amore è che l'amore non ha "genere" - non è declinabile né al maschile né al femminile. Uomini e donne si misurano con questa dimensione in egual maniera; tutt'al più a fare la differenza è la codificazione storico-sociale, che di età in età ha riscritto un 'galateo' di norme, di ruoli, di leggi, di divieti e proibizioni. Freud dirà che l'amore è un portato di civiltà, un codice che impariamo stando al mondo, mentre il primo tempo dell'amore, ciò che lo precede, è l'odio.
Ma qui non vogliamo fare dell'antropologia o della psicoanalisi in pillole. Più semplicemente. se andiamo all'etimologia della parola 'amore' possiamo coglierne il senso: amore significa "allontanamento dalla morte". La natura ci ha attrezzati anche a questo. Mi viene in mente il poeta Auden e quel suo un grido che, ancora oggi, non ha trovato risposta: la verità, vi prego, sull'amore.

Patrizia Manganaro
caro Davide Pugnana,
è sempre un gran piacere seguire le tue disquisizioni, le tue erudite argomentazioni, e ne resto sempre ammirata, quindi non vorrei mai dissentire ,ma, c'è una radice profonda di maschilismo in quel che documenti, apprezzabile peraltro poiché per fortuna gli uomini hanno scritto sull'amore...ma in epoche lontane,l'epoca di Ovidio e di Platone, quando appunto la donna non aveva la facoltà della scrittura come in tempi più recenti...quindi grazie al cavolo che hanno scritto gli uomini, di amore e di qualsiasi altro argomento...e non tutti si chiamavano Stendhal o Freud,Ovidio o Platone...c'erano,come ci sono sempre stati, in ogni epoca,uomini il cui coté maschile è sì, dobbiamo dirlo, ridotto a mera pulsionalità elementare, proprio come dici tu...perché caro, e di questo son convinta, nessuno può essere, più di una donna, sessualmente demoniaco, e se ai tempi di Ovidio avessero liberato gli strumenti nelle mani delle donne, altro che ''Ars amatoria'' e molto altro avremmo avuto da leggere, ammirare e magnificare ai giorni nostri, di scritti femminili e demoniaci del passato..solo che le donne soltanto in tempi più recenti si sono potute esprimere, e nella piena libertà, e ne hanno scritti di saggi in materia,che nulla hanno da invidiare a Ovidio e a Platone...ritornando sempre poi all'origine del post di Gianni Quilici, che tratta del fare l'amore, non dell'amore inteso nella sua espressione più platonica...e chi è più demonio di una donna,in tal caso,nel sapere fare l'amore?...se solo avessero potuto scriverne anche loro dall'antichità....pensa che tesori letterari ci saremmo potuti godere,e avresti potuto citare, ai giorni nostri...

Cristina Cri Caturegli
Se fare l'amore è una struttura di architetture mentali non è fare l'amore ma fare ginnastica o chissà cos'altro.....fare l'amore è fluire.....o non è amore.

Fortunata Romeo
Fare l'amore è aspirazione a destrutturare... noi stessi, le nostre idee, i nostri confini.. poi spesso ci ritroviamo vincolati da strutture e schemi rassicuranti.. ma si può con coraggio entrare nel caos..per un tempo breve, attraverso fluire e dividere..

Davide Pugnana
 Cara Patrizia Manganaro,
ti ringrazio per l'attenzione rivolta al mio scritto e per la risposta ampia e articolata, il cui tono increspato e quasi in falsetto mi riescono particolarmente graditi. Speravo, infatti, in un controcanto dialettico che, attraverso lo sguardo critico dell'altro, mi desse la possibilità di recuperare alcuni nodi concettuali rimasti interrati nel mio discorso. Provo a definirli meglio.
La linea degli esempi letterari canonici - la linea dei "maschioni" - è parte di una scelta che ho cercato di rendere mirata e stringente al tema della discussione, partita dalle parole di Gianni. Le "architetture mentali" dell'amore, in questo caso, sono seguite come cattedrali verbali. E' solo una possibile angolazione tra le molte possibili, che non ha la pretesa di esaurire la vastità del tema. Né voglio qui discutere circa le ragioni storico-sociali che hanno declinato questa tradizione di scrittori tutta sotto il segno maschile. Lo ha spiegato perfettamente e su tutti i livelli Simone de Beauvoir nel "Secondo sesso".
Il mio ragionamento partiva da un altro assunto: la capacità della scrittura e della speculazione sull'amore di spogliarsi dalle restrizioni di "genere"; di uscire dal circuito maschile/femminile per farsi universale meditazione. Gli scrittori che ho portato a campione - Platone, Ovidio, Orazio, Stendhal, Tolstoj, Proust ecc - sono esempi massimi di come la riflessione sull'amore si sia svolta senza discriminazioni, perché orientata a considerare una condizione in sé, che riguarda tutti - ed è quella che sa farsi meditazione profonda e viscerale, opposta a quella, parallela e bidimensionale, che associa all'uomo il ruolo di machista seduttore, schiavo della propria fisiologia, e alla donna quella di vittima, di agnello sacrificale, di femme fatale o di 'demoniaca', di biblica Eva punita nei secoli. Nulla di tutto questo passa nei libri citati e li ho scelti proprio per questa ragione.
La questione è, invece, quella di un superamento di queste 'maschere', fabbricate dalle società ad assetto maschilista (De Beauvoir docet), a opera di questi scrittori, per una comprensione più larga e profonda dei meccanismi interni dell'amore. E questo avviene a partire da uomini che hanno saputo uscire dal loro 'genere' (fatto di gusti, miti, mentalità, proiezioni ecc) per sposare entrambi gli sguardi.
 Ecco il cuore del mio discorso. Non due sguardi (sul mondo, sull'amore) l'uno contro l'altro armato; ma la loro sintesi. Nel momento in cui Stendhal scrisse il De l'amour, o Flaubert entrava nella mente di Emma, non pensavano come 'uomini', come 'maschi', ma come esseri umani, menti, denudati dalle categorie e messi davanti al fenomeno 'amore'. E se andiamo a leggere le lettere di Eloisa o ascoltiamo la parola delle poetesse del Novecento, pensi che potremo riconoscerne davvero la cifra di genere? Se togliessimo dalle copertine i nomi degli autori, credi che saremo in grado di stabilire se ciò che abbiamo sotto gli occhi sia di tono maschile o femminile? Io faccio fatica, sia per i temi che per lo stile. Nella cattiva letteratura senz'altro la scissione è più marcata e mediocre. Ci sono testi di Alda Merini, o di Amelia Rosselli, o di Antonia Pozzi che hanno un midollo virile di straordinaria forza; e all'opposto , ci sono testi di Leopardi, di Petrarca, di Garcia Lorca che hanno una visione delle cose dal palpito muliebre; ci sono composizioni e pennellate e chiaroscuri di Artemisia Gentileschi che si fatica ad attribuire a mano femminile. Forse che il tratto, lo stile, di queste donne dovrebbe essere svenevole, languido, demoniaco? E quello degli uomini saldo, falllico, aspro? Ma davvero siamo ancora a questa frattura? Ma è' questa dualità che va superata con il suo corollario di aggettivi e gradazioni (femminile, femminuccia, femminista, maschilista ecc). In quell' "interno paese straniero" che chiamiamo inconscio tutto questo salta, non esiste.
Il mio discorso era dall'interno, non dall'esterno delle costruzioni. Un amore 'al maschile' e un amore 'al femminile' è ormai una mentalità da medioevo globalizzato. E' proprio rifiutando in toto questa eredità pre-fabbricata, abolendo gli -ismi, che il pensiero può attualizzare e rinnovare una questione come l'amore.
La lancia che spezzo, quindi, non è in direzione di una celebrazione del coté maschile, ma dell'assenza di qualsiasi coté sessuale, della loro frantumazione in testi che hanno saputo far breccia nelle "architetture mentali" per aggiungere livelli di comprensioni sempre più profondi. Ogni gerarchia tra mano maschile e mano femminile non ha più ragione d'essere, in questa prospettiva di pensiero. Ogni libro - saggio, trattato, romanzo, canzoniere - sono il portato di una tradizione, maschile certo, ma che ha saputo farsi 'non-maschile' bensì a-sessuata e con la quale, volente o nolente, dobbiamo misurarci, perché sono assimilati alla nostra civiltà; sono strutture dell'immaginario che dobbiamo conoscere per distruggere in noi cliché come il demoniaco femminile e il gallismo maschile. L'errore è considerare un bacino libresco quello che invece è un patrimonio profondamente impastato con la vita.

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