di Luciano Luciani
Partiamo dal titolo del libro: Il Mastro, il sigaro e la sedia. Romanzo calabrese. Mastro è il termine con cui ancora oggi si indica un artigiano specializzato, che eccelle in qualche attività al punto da poterla insegnare agli altri. È attributo di rispetto: e Mastro Andrea il rispetto lo merita, perché ama la cultura e soprattutto ama la bellezza degli oggetti ben fatti, che debbono sfidare il tempo e aiutare l’uomo a vivere meglio. È un falegname, lavora il legno, un materiale caldo, vivo… Costruisce cose concrete, tangibili. A partire dalle sedie. Perché una sedia è un progetto: c’è da scegliere il legno migliore, prendere le misure, definire le connessioni e gli incastri, le rifiniture, l’impagliatura, la lucidatura... E tutto evitando gli sprechi, di materiale e di tempo, intollerabili in una società povera come quella calabrese del secolo scorso.
La sedia è il paradigma del dovere, della fatica, del lavoro ben eseguito.
Piacere è il sigaro.
Un piacere misurato, intelligente, che aiuta a volte a concentrarsi, talora a rilassarsi. Un piacere critico e ragionato, non nevrotico come la sigaretta.
Nel titolo Il Mastro, il sigaro e la sedia. Romanzo calabrese, troviamo, dunque, le coordinate etiche (e geografiche) dell'Autore e l’indicazione del vero protagonista morale - Mastro Andrea, appunto - di questa storia. Che ha per oggetto più di un secolo di vicende di una famiglia meridionale, calabrese, formata da Nicola, pescatore, e Annina, contadina. Il romanzo racconta soprattutto la storia del loro unico figlio, Vincenzo, che rimasto orfano di padre in tenerissima età a neppure dieci anni, andrà a bottega da Mastro Andrea, da quel momento la sua figura adulta maschile di riferimento. Una sorta di padre putativo, come fu Giuseppe, anche lui falegname, per Gesù.
Ragazzino sfortunato, Vincenzo: perché alla perdita del padre nella Grande Guerra, si accompagnerà quella della madre, Annina, che impazzita di dolore per la morte del marito, sparirà per lunghi, lunghi anni fino a riapparire, inaspettata, molto più tardi…
E Vincenzo affronterà il difficile mestiere di crescere senza la madre, in compagnia della nonna, l’affabulatrice della famiglia e della zia Vittoria, sorella di Annina, sarta dalle mani d’oro, ma sfortunata in amore: suo marito,infatti, emigrante, partito per "la Merica" per fare fortuna, non è più tornato.
Sullo sfondo, a suo modo protettivo ed educante, il piccolo borgo di Vela, le sua piazza animata, luogo della della diffusione delle notizie attraverso l’esibizione del cantastorie, l’unica fonte d’informazione per quei luoghi e quegli anni… Protettiva Vela: infatti, Vincenzo andrà difeso, perché le zanne della Storia grande, che non avevano risparmiato suo padre Nicola mandato a morire nel corso del primo conflitto mondiale, si allungano anche su di lui: il fascismo non perdona al giovane il suo rapporto filiale con Mastro Andrea, spirito critico e libero, e sia il Mastro sia il suo discepolo, in tempi diversi, saranno costretti ad allontanarsi dalla piccola comunità calabrese. Il Mastro andrà lontano e sarà partigiano, Vincenzo troverà nelle montagne calabresi, già luogo privilegiato di santi e briganti, la necessaria tutela in attesa di tempi migliori. E questi, sia pure a fatica, arriveranno e saranno i giorni del riscatto civile di Vela con il Mastro e Vincenzo indubbi protagonisti.
In questo romanzo storico e di formazione, l’Autore ci regala una serie di personaggi di prima fila difficilmente dimenticabili: la figura tragica di Annina; il tenero Nicola, suo marito; Vincenzo, loro figlio; il Mastro; zia Vittoria... Figure robuste e ben tagliate come gli oggetti che uscivano dal laboratorio artigiano di Mastro Andrea, personaggi ben definiti e coerenti nel loro agire, curati nella psicologia e nella vita interiore.
Una saga familiare mediterranea, questa di Beppe Calabretta, che rielabora vicende private, autobiografismo, motivi storici, ideali civili in un‘epopea paesana paradigmatica. Vela, i suoi abitanti, le loro storie racchiudono in sé i termini di questioni più larghe: un secolo di rapporti subalterni del Sud con lo Stato unitario dal punto di vista degli umili. Raccontano il brigantaggio, l'emigrazione, la Grande Guerra, il fascismo, il problema meridionale: il difficile, e ancora attuale, riscatto del mezzogiorno; la sempre complessa, e a volte dolorosa, relazione tra tradizione e modernità .
L’esistenza quasi secolare di Vincenzo riassume in sé tutti questi temi e la narrazione della sua vita ne offre una lettura complessa e contraddittoria, ma anche carica di speranza per un domani tutto da costruire e forse migliore.
Pagine meditate e probabilmente sedimentate a lungo queste del Mastro, il sigaro e la sedia di Beppe Calabretta, una delle sue opere più complesse e impegnative.
Il risultato è una lettura appassionante e un messaggio umanissimo e positivo da consegnare al pubblico dei Lettori.
Beppe Calabretta, Il Mastro, il sigaro e la sedia. Romanzo calabrese, Tra Le Righe Libri, 2015, pp. 240, Euro 15,00
12 ottobre 2015
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