L'unico antidoto all'oblio
di Luciano LucianiGiovanotto del secolo scorso, Odino Raffaelli, classe 1931, è impegnato da tempo in una dura fatica: contrastare l'oblio e la smemoratezza di uomini, fatti e cose di appena ieri. Al centro dei suoi interessi, narrativi e documentari, l'antropologia del popolo della montagna, nel caso specifico quello di Ligonchio nell'Appennino reggiano, dove è nato e ha trascorso gli anni fondativi della fanciullezza e della prima adolescenza: un'umanità semplice, elementare le cui manifestazioni erano scandite dai cicli stagionali e l'esistenza segnata da dure, difficili, ormai desuete, condizioni materiali di vita.
Le stesse che abbiamo rifiutato collettivamente più o meno sessant'anni fa in nome di un maggiore benessere, di migliori opportunità, di consumi più larghi. Certo, qualcosa, o forse anche più di qualcosa, abbiamo acquistato... Molto, però, rischia di andare perduto, e definitivamente, su altri versanti. Per esempio, quello dell'etica: il senso di solidarietà; il sentimento della continuità familiare; lo spirito comunitario; e quello, più concreto, dell'operatività umana: la perseveranza; la pazienza; il senso dell'autonomia nell'organizzare il proprio lavoro; la capacità di sacrificarsi... Insomma, abbiamo creduto di poter sostituire l'anima col prodotto interno lordo o col reddito pro capite e ci siamo comportati come i rampolli viziati di certe casate aristocratiche dell'Ottocento usi a dilapidare i beni di famiglia ai tavoli di tutti i Casinò d'Europa: così, abbiamo sperperato un patrimonio di moralità fatto di tradizioni, credenze, riti, valori, senso del sacro...
Odino Raffaelli racconta un mondo che non c'è più e che non sembra destinato a tornare a meno di qualche apocalisse da medioevo prossimo venturo: motivo di più, si potrebbe dire, per farne memoria. Perché, venendo progressivamente a mancare la generazione nata tra gli anni compresi tra le due terribili, tragiche guerre del "secolo breve", con essa sparirà anche il ricordo di quelle donne e quegli uomini che faticosamente, ma con tenacia e intelligenza, riuscivano a strappare alla terra, anche la più aspra, anche la più avara, il pane quotidiano e anche qualcosa di più, per sè e per gli altri.
Oggi, quando mille rughe sembrano bruttare la facciata ottimistica del nuovo a ogni costo, oggi che non siamo più così sicuri di noi stessi e della direzione e del significato di certe presunte modernità, ci accade spesso di sentirci disorientati e smarriti. E allora torniamo a ricercare le abitudini, i colori, i sapori, i suoni di una volta. In questo recupero di un passato importante che poi, in fondo, è appena dietro le nostre spalle, ci aiutano anche alcuni piccoli libri come questo di Odino Raffaelli, Il grano: dal chicco al pane. Sulle montagne dell'Appennino Reggiano, scritto intingendo il pennino nell'inchiostro della "simpatia piena d'amore" per il mondo di ieri e del ricordo. Perché, se "la maledizione degli uomini è che essi dimenticano", l'unico antidoto possibile a tale disgrazia è ricordare, ovvero tornare di nuovo a battere le strade del cuore.
Odino Raffaelli, Il grano: dal chicco al pane. Sulle montagne dell'Appennino reggiano, La Grafica Pisana / Nodino, La memoria delle cose, pp. 64, Bientina (Pi), Euro 6,00
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