di Maila Grazzini
Ho terminato di leggere il romanzo Non
è che l'inizio, di Gianni Quilici.
Durante la lettura l'impressione principale era quella di assistere visivamente a ciò che veniva raccontato e vissuto dal protagonista e narratore. Una sorta di cinematograficità insita nel racconto, che poi non è una sorpresa, essendo l'autore prima di tutto un cinefilo e fine intenditore di cinema.
Durante la lettura l'impressione principale era quella di assistere visivamente a ciò che veniva raccontato e vissuto dal protagonista e narratore. Una sorta di cinematograficità insita nel racconto, che poi non è una sorpresa, essendo l'autore prima di tutto un cinefilo e fine intenditore di cinema.
Si prende anche consapevolezza, nello scorrere delle pagine, che questo non sia un carattere casualmente
ottenuto, ma una cifra stilistica pretesa e ricercata, come l'unica modalità
espressiva capace di raffigurare il presente della vita.
È infatti del presente che si parla - di un presente non necessariamente
contemporaneo - in forma di diario-cronaca interiore ed esteriore di vicende
personali, che non solo si vivono ma consapevolmente si osservano nel loro
avverarsi. Come se l'uomo si guardasse vivere e analizzasse il suo sguardo,
commentando i propri gesti e pensieri, mentre si realizzano nella loro genuina
e vitale anarchia.
E' un giovane uomo che sta attraversando il momento di ingresso nella
maturità dell'adulto ma non ha ancora fatto scelte definitive; è interessato al
sesso e all'amore, prima e più di tutto, e alla politica, che sente sulla sua
pelle, empaticamente, e vuole collaborare a determinare, come tanti altri giovani
della sua generazione impegnata.
Tuttavia il suo rapporto con la politica appare un po' sfuggente: benché
lo si veda coinvolto con i movimenti, collegato alle persone che più di lui
sono ordinatamente inserite in quel mestiere, si percepisce anche il bisogno di
un percorso libertario e la difficoltà ad inquadrarsi in visioni troppo statiche.
C'è un di più sempre da conquistare, un'ansia creativa che si riversa nell'organizzare,
nel fare, con un taglio da artista più che da amministratore. E traspare un'insofferenza
al normale vissuto, alla ripetizione di gesti, che si scopre anche nell'ambito
della scuola, luogo di mestiere accolto ma non ambito. Anche o proprio nel rapporto
con colleghi e alunni si riscontra quel graffio libero dagli schematismi
didattici, che però non giunge sempre ad agganciare le persone che forse
avvertono, con un po' di diffidenza, la rinuncia dell'uomo a farsi maestro di
una strada quieta del crescere e dell'imparare.
L'aspetto sicuramente emergente del romanzo è il realismo con cui,
esente da ogni filtro, l'autore fa conoscere il personaggio e per suo tramite
l'intreccio tra i pensieri e le urgenze della materia e della carne, nel
connubio alchemico che come in lui sta al fondo di ogni persona e che trasuda
umanità, moltiplica e trasforma le pulsioni, talvolta le lascia esplodere o le
interiorizza.
E' un personaggio che si offre
nudo alla platea dei lettori, che si compiace della crudezza con cui comunica
le sue sensazioni, come se ammiccasse ad una presunta reticenza di coloro che,
uomini della stessa carne, non hanno il coraggio di manifestarsi con la stessa
spontaneità esente da convenzionalismi di sorta.
Per il lettore è istintivo confrontarsi, nel silenzio della lettura, con
ciò che vorrebbe o potrebbe dire di sé, e avverte in qualche momento il
fastidio di una tale immediatezza, di fronte a parole che espongono la verità
di modi di essere che forse, in parte, gli appartengono, ma che ora vede
esibiti con troppa spiazzante naturalezza.
Si può non essere d'accordo, certo, sulla mancanza di limite che informa
la vita di un uomo-attore di scena e di vita, si può non sentirselo calzato
addosso questo sfrontato paradigma rappresentativo, ma indubbiamente ne esce un
individuo in carne ed ossa che ci è dato conoscere intimamente, nel suo mobile,
trasparente e ossessivo vitalismo. Anche attraverso pensieri e comportamenti
che imbarazzano.
Non è un attore solitario, il narratore, ci sono alcuni personaggi
femminili - tra cui una presenza più stabile e importante - che alimentano la
sua ricerca di contatto carnale, di comunicazione, di affetti,di sicurezze,
vissuti però anche nella provvisorietà, fugacemente; c'è questo insistente
ossimoro: la profondità di senso ricercata nel frammento, in una vita di continua sperimentazione di sé,
prima di tutto nel sesso, poi nella politica.
Un romanzo è una testimonianza di vita, ci offre uno squarcio di realtà
facendoci vivere sulla pelle di altri, e questo è maggiormente possibile e
interessante quando possiamo immedesimarci in esperienze che almeno
parzialmente appartengono alla nostra generazione.
Qui ci sono tanti ingredienti con i quali ci sentiamo impastati, con cui
confrontarci ed evocare la nostalgia di un momento in cui le storie personali
diventavano specchio di un agire collettivo. Ma ciò non toglie che qui primeggi
la persona nella sua particolarità esistenziale, quella persona con suoi tratti
specifici che ci comunica un modo di esistere, che in quanto tale vuole
rendersi modello riconoscibile.
La prosa anch'essa frammentata e scattante è in sintonia con l'incalzare
quasi ossessivo dei pensieri irrequieti, registra le mosse, spesso scomposte,
indotte da un istinto verso la vita che non trova sazietà. L'impulso dell'agire non può trovare del resto accoglienza
sintattica nell'arco di volute ampie e distese o di pacati rettilinei. Dunque
urge la brevità dell'eloquio, che si accompagna a schiettezza e semplicità di
lessico, altro carattere che distingue il romanzo e contribuisce a rendere
agile e coinvolgente la lettura ma che sembra un po' troppo insistito e ne
enfatizza il tono prosastico, solo occasionalmente tralasciato.
Non so se sia un fatto positivo, o meno, quello di conoscere personalmente
lo scrittore, ma credo che ciò aiuti a incrementare la partecipazione al suo
racconto, quasi a precorrerlo. Ci si stupisce a riconoscere certi tratti della
sua scrittura ed anche le azioni del protagonista si sovrappongono a quelle
reali, in una sincronica auto-rappresentazione, come se si fosse in possesso di
un visualizzatore pronto a decodificare l'atto nel momento in cui venga
descritto.
Insomma una storia di vita vera che si legge e si vive, intimamente,
gustandola con la passione genuina con cui è stata raccontata.
Gianni Quilici. Non è che l'inizio. Tra le righe libri.
Nessun commento:
Posta un commento